Non è ancora stata approvata dal Senato, ma la proposta di legge Franceschini-Orlando, contenente una serie di nuove disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale inizia già a far discutere. Quanto meno negli ambienti legali che, nel nostro paese, si occupano di arte e diritto. La proposta, approvata alla Camera il 22 giugno scorso e attualmente in stato di relazione a Palazzo Madama, infatti, è l’ennesima conferma di come, anche in Italia, il ruolo sempre più definito dell’arte come asset class, stia sollevando molti quesiti sulla necessità di una maggior regolamentazione del suo mercato.
Necessità che, come mi spiega al telefono l’avvocato Annapaola Negri-Clementi oggi alla guida dello Studio Legale Negri-Clementi, tra i primi in Italia ad essersi dedicato al diritto dell’arte, passa anche dall’introduzione di nuove tipologie di reati e dall’inasprimento delle pene per chi li commette. Con la possibilità, peraltro, di intercettazioni disposte dalle autorità e di operazioni sotto copertura per contrastare i crimini contro il patrimonio.
Pene più dure, reati nuovi e intercettazioni
«Negli ultimi mesi di quest’anno – commenta l’avvocato Negri-Clementi – l’arte è diventata ancor più centrale nel dibattito italiano, grazie anche all’approvazione della nuova legislazione sulla circolazione internazionale delle opere. Fino ad arrivare a tutta la questione della fiscalità nelle transazioni d’arte, sollevata dalla prima bozza di Legge di Bilancio».
«In questo contesto – prosegue – si è fatto spazio timidamente il desiderio del legislatore di considerare i reati contro il patrimonio culturale come un corpus unico. Mettendo insieme norme che, fino ad oggi, erano divise tra Codice Penale e Codice dei Beni Culturali». «Se approvata – aggiunge Annapaola Negri-Clementi -, la nuova norma introdurrebbe nel Codice Penale, ad esempio, il Furto di beni culturali, dando così a questo crimine pari dignità rispetto ad altri reati. Oltre al fatto che sarebbero inserite due fattispecie di reato in più: l’Appropriazione indebita di beni culturali e l’Attività organizzata per il traffico illecito dei beni culturali».
«Le sanzioni, inoltre – sottolinea Negri-Clementi -, verrebbero aumentate in termini temporali e, in alcuni casi, il disegno di legge fa entrare in campo anche la possibilità di intercettazioni da parte del Magistrato. Possibilità questa che rischierebbe di scoperchiare un vero e proprio vaso di Pandora». «L’altra cosa particolare di questi reati penali – prosegue l’avvocato – è la fattispecie nuova del traffico organizzato di opere d’arte che, per come è descritta e per il fatto che preveda il passaggio delle indagini attraverso la procura distrettuale, fa abbastanza impressione, perché sembra creare un aggancio diretto con la criminalità organizzata».
Sempre in questa linea, peraltro, l’articolo 3 del disegno di legge modifica anche la disciplina delle attività sotto-copertura (articolo 9 della legge n. 146 del 2006) per prevederne, appunto, l’applicabilità anche alle indagini sul delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali.
Una norma che interessa, in primo luogo, le case d’asta
Ma cosa c’entra tutto questo con il mercato dell’arte e con il collezionismo? Più di quanto potete immaginare.
Come previsto dall’articolo 4 del disegno di legge Franceschini-Orlando, i nuovi reati di cui parla l’avvocato Negri-Clementi andrebbero, infatti, a modificare anche il decreto legislativo 231 del 2001 (d.lgs.231/01). Quello, per intendersi, che rende responsabile la stessa azienda di alcuni crimini commessi dai propri dipendenti.
«La volontà del legislatore di istituire dei nuovi reati contro il patrimonio culturale da inserire nel Codice Penale e di farli subito diventare reati presupposti del d.lgs.231/01 – chiarisce l’avvocato Negri-Clementi – fa sì che, se la norma entrasse in vigore, tra i soggetti destinatari della stessa ci sarebbero sicuramente anche le case d’asta, in quanto enti che hanno un’organizzazione complessa e una natura collettiva».
In caso di approvazione, quindi, se il dipendente della casa d’aste giudicato colpevole di uno dei reati indicati dalla proposta di legge Franceshini-Orlando, è soggetto a sanzioni da Codice Penale, allo stesso tempo, la casa d’aste sarebbe passibile di pene pecuniarie o delle seguenti sanzioni interdittive:
- l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
- la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
- il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
- l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
- il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
E alcuni dei reati in questione, potenzialmente, mettono veramente a rischio il mondo delle case d’asta: violazioni in materia di alienazione di beni culturali, uscita o esportazione illecite di beni culturali o ricettazione di beni culturali. Tanto per citare quelli più “rischiosi” per gli operatori del mercato dell’arte.
Come tutelarsi allora? Adottando il cosiddetto Modello 231, ossia quel modello di organizzazione e gestione finalizzato proprio alla prevenzione dei reati. Oggi non obbligatorio, questo modello è l’unico strumento che, per il momento, permette all’ente di essere esonerato dalla responsabilità dei crimini commessi da un proprio dipendente.
Diverso, invece, il discorso delle gallerie d’arte che, se risultano come imprese individuali, non sono interessate dal decreto legislativo. Per quanto riguarda i collezionisti, invece, seppur non direttamente colpiti dalla proposta di legge, lo sono invece in modo indiretto. Se la nuova legge entrerà in vigore, infatti, dovranno far sempre più attenzione alla documentazione in loro possesso. Anche perché non ci si deve dimenticare che esiste il “concorso di reato”.
Al di là di questo, conclude Annapaola Negri-Clementi, «oggi è quanto mai fondamentale fare la due diligence delle opere in nostro possesso, ossia avere tutti i “pezzi di carta” che ne attestano la provenienza oltre che l’autenticità o l’attribuzione. Quando, invece, negli anni Settanta e Ottanta, molto spesso le opere entravano nelle case “nude” e adesso, perché siano vendibili, è necessario ricostruirne tutta la storia».