Con questa intervista proseguo la mia serie di incontri con alcuni importanti galleristi di Torino, per discutere con loro dello stato dell’arte e del mercato nel capoluogo sabaudo.
Questa volta ho avuto il piacere e l’onore di intervistare un gallerista storico, Antonio Tucci Russo. La galleria di Tucci Russo non ha bisogno di presentazioni. È senz’altro uno spazio imprescindibile per chi ama l’arte, la colleziona oppure ne è solo appassionato.
Di recente, Tucci Russo ha affiancato la storica sede di Torre Pellice con un nuovo spazio in centro a Torino, Chambres D’art. L’ultima mostra in quest’ultima sede è stata un’esposizione di opere di Richard Long.
Qui sotto trovate l’intervista. La risposta all’ultima domanda contiene alcuni spunti a mio parere fondamentali sul tema dei contenuti. Ringraziando Tucci Russo per la sua disponibilità e la profondità delle risposte, vi lascio alla lettura.
Maria Cristina Strati: Negli anni 2000 la città di Torino era riconosciuta come la capitale dell’arte contemporanea in Italia. Oggi purtroppo le cose sono cambiate. Lei come commenta la situazione attuale? Siamo in un momento critico o si intravedono segnali di ripresa?
Antonio Tucci Russo:«Torino sin dalla fine degli anni Sessanta è stata la città che ha ospitato l’Arte Povera, uno dei maggiori movimenti d’avanguardia della seconda metà del secolo scorso. La domanda credo si riferisca non tanto all’arte contemporanea quanto alle strutture e istituzioni che se ne occupano. Per rispondere direi semplicemente che Torino riflette quelle fragilità che ritroviamo anche a livello internazionale, soggette ad alti e bassi come da sempre riscontrato nei tempi moderni».
M.C.S.: Come vede la situazione delle gallerie oggi, a Torino e in Italia?
A.T.R.: «Le gallerie, seppur con difficoltà, hanno tenuto un discorso culturale attivo, un faro luminoso sia per gli artisti che per i collezionisti».
M.C.S.: Che cosa consiglierebbe a un giovane gallerista oggi? Ha senso investire su mostre con curatele raffinate e precise, un concept di mostra, o è meglio puntare sulle fiere?
A.T.R.:: «Le fiere sono diventate una vetrina da cui è difficile prescindere. In questo contesto dipende da quale immagine si vuole dare di sé: galleristi o mercanti».
M.C.S.: A suo parere, che cosa è possibile fare, concretamente, per educare il pubblico al gusto, e far comprendere il valore della cultura? L’aspetto culturale e il mercato, dal suo punto di vista, possono andare di pari passo o sono due scelte contrapposte?
A.T.R.:: «Il pubblico è un insieme di persone che sono formate dal sociale e crescono maturando degli interessi autonomi che nello specifico possono rivolgersi all’aspetto culturale, al valore economico delle cose o a entrambi. Le gallerie e le istituzioni devono riuscire a trasmettere un credo, quindi qualità e non tendenze di moda e speculazioni di mercato, per poter dare nel tempo il giusto messaggio. Aggiungerei anche la funzione dei media. Dovrebbero ritornare a parlare dei contenuti e non soltanto del valore economico dell’opera d’arte».