La cultura rappresenta un settore strategico per la realizzazione del progetto europeo tanto come ponte per unire le nostre società in un futuro comune quanto come impatto in termini economici, con una quota pari al 4,2% del PIL dell’UE e l’impiego di oltre 7,4 milioni di lavoratori.
Sulla base di queste premesse, il Parlamento Europeo ha recentemente pubblicato il rapporto (“The Situation of Artists and Cultural Workers and the post-COVID-19 Cultural Recovery in the European Union”), con il quale analizza lo stato di salute del settore alla luce anche della fase di emergenza sanitaria che si sta affrontando.
In particolare, il rapporto mette in luce come all’interno dell’ambito comunitario vi sono almeno cinque metodologie alternative per definire gli artisti: attraverso l’appartenenza ad un’associazione riconosciuta, da un comitato di esperti (es. Paesi Bassi), dall’autorità fiscale (es. Irlanda) e da ultimo mediante la produzione e la natura dell’attività esercitata (ad es. Francia).
Nonostante il comparto rilevante sia sotto l’aspetto economico sia per quanto concerne il numero di lavoratori, la mancanza della definizione univoca rende più frammentato il settore con l’insorgere di maggiori difficoltà per il riconoscimento dei diritti in ambito lavorativo.
L’impatto dell’emergenza sanitaria
Gli effetti dell’emergenza sanitaria sono stati piuttosto rilevanti per il comparto con i ricavi che hanno visto una contrazione del 31% nel 2020 rispetto al 2019, ancora più dura rispetto al settore turismo, che ha perso il 27% del suo reddito. In termini assoluti, la perdita è stata di circa 200 miliardi di euro di ricavi mentre l’aspetto più rilevante è relativo alla mancanza di equità nella distribuzione dello shock economico portato dalla pandemia.
In particolare, come rileva il Rapporto UE ad essere maggiormente colpite sono le arti e intrattenimento con numerosi lavoratori quali autori, esecutori e tecnici che si sono messi alla ricerca di posti di lavoro al di fuori del settore.
L’emergenza da COVID-19 ha quindi accelerato le tendenze preesistenti, tra cui precarietà e iniquità. Di fronte al perdurare di queste difficoltà, diversi lavoratori potrebbero lasciare il settore con il rischio di disperdere le conoscenze e le competenze accumulate, con un progressivo indebolimento dell’ecosistema culturale e creativo.
L’assenza di sostegni e tutele adeguate
Come anticipato, l’emergenza sanitaria ha messo in luce le contraddizioni di un settore che vede l’impiego di personale altamente qualificato mediante l’utilizzo di forme di lavoro autonomo e precarie con una quota del 33% rispetto al ad una media del 14% degli altri comparti economici.
La frammentarietà si rivela un fattore determinante anche nel fornire forme di sostegno di adeguate e uniformi all’interno dell’Unione Europea. Ad esempio, la Francia e il Belgio hanno un regime di sussidi specifico per il settore delle arti dello spettacolo, mentre il sistema svedese è cofinanziato dal ministero della Cultura.
Da notare come altri Stati membri non dispongono di misure specifiche di sicurezza sociale destinate agli artisti tra cui Danimarca, Italia, Malta e Romania.
Il futuro tra semplificazione normativa e maggiori tutele
Il Rapporto ricorda che una possibile soluzione al problema dell’inquadramento degli artisti può essere data partendo dalla Risoluzione del Parlamento Europeo del 2007 sullo Status Sociale degli Artisti, ovvero di istituire un registro degli artisti.
Per quanto concerne l’ambito fiscale e previdenziale, si suggerisce la predisposizione di un modello di semplificato del lavoro transfrontaliero da predisporre sotto forma di direttiva, che fissi gli obiettivi che gli Stati membri devono raggiungere.
Ultimo aspetto riguarda la proposta di stabilire un salario minimo per una equa remunerazione delle attività svolte dagli artisti. La Direttiva cosi come proposta dal Rapporto UE consentirebbe di rendere più omogeneo e resiliente un settore che, in assenza di adeguate tutele, rischia di pagare un costo davvero elevato in termini di perdita di creatività e conoscenze.