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La Fondazione Accorsi Ometto: collezionare il passato e prendersene cura

del

Nel cuore di Torino, a un passo dalla iconica chiesa della Gran Madre e con il portone di ingresso che apre sulla elegante Via Po, la Fondazione Accorsi-Ometto non fatica a essere definita un luogo da scoprire e incantevole nel vero senso della parola.

Una Fondazione nata nel 1975, giusto appena prima della scomparsa di Pietro Accorsi, antiquario torinese che desiderava lasciare in eredità alla città la sua visione di arte e architettura. E così ha fatto, perchè la sua collezione, che raccoglie molti pezzi di arti decorative e capolavori di natura diversa, messi insieme anno dopo anno grazie alla passione per la storia di Accorsi, è oggi un patrimonio aperto ai torinesi e non solo. Custoditi nella sua residenza in collina, Villa Paola, in seguito alla sua morte la collezione vennero spostati nel Museo cittadino, che oggi ha la sua sede negli spazi che erano occupati dalla galleria dell’antiquario.

Possiamo paragonare l’impresa di Accorsi all’attività degli imprenditori di oggi, che con dedizione mettono in piedi i loro musei d’impresa. Ecco, la collezione che ammiriamo oggi è proprio il frutto di un approccio simile, ma operato all’inizio del secolo scorso.

La sua attività lo ha aiutato a venire in contatto con artigiani di altissima specializzazione, rimasti disoccupati dopo la Prima Guerra Mondiali e che, su sua ordinazione, hanno ricreato stanze spettacolose poi arredate con mobili altrettanto di qualità dallo stesso Accorsi.

Un lavoro di valorizzazione, di ricerca e di presa di coscienza della necessità di conservare il bello, riproponendolo, reinterpretandolo e rendendolo nuovamente vivo.

La Fondazione oggi ha il compito di mettere insieme tutte le storie intrinseche alla collezione di Accorsi, cucirle insieme e renderle accessibile al pubblico che visita il Museo. Un compito impegnativo e di rilevanza culturale, che cerca di intrecciarsi con le attività del capoluogo piemontese.

L’intervista al Direttore Luca Mana ci fa capire cosa significava essere stati collezionisti all’inizio del Novecento e ci fa immergere nella realtà di un ente privato, che oggi ha il compito di prendersi cura di un patrimonio complesso, eterogeneo; un ente che guarda alla valorizzazione della sua storia e del suo passato, senza escludere gli strumenti più contemporanei.

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