«Il mercato italiano dell’arte – e non solo – continua a segnare il passo della crisi, lasciando operatori professionali e collezionisti in preoccupata attesa, ricordando, a chi di dovere, che questo mercato in Italia necessita sicuramente di un interessamento particolare, e almeno di maggior attenzione». A dirlo sono gli esperti dell’Osservatorio Nomisma sul Mercato dei Beni Artistici, nel loro commento all’asta milanese di Sotheby’s del 22 e del 23 maggio scorso. E come dargli torto? Dopo l’incredibile risultato della prima Milan Modern and Contemporary Art organizzata da Christie’s con l’obiettivo di rilanciare la fascia alta del mercato italiano e la speranza di far rimettere in moto anche i segmenti sottostanti, i due appuntamenti di Palazzo Broggi ci hanno immediatamente riportati con i piedi per terra.
Che siano state o meno le concomitanti aste newyorkesi a distrarre il collezionismo internazionale e italiano dagli appuntamenti milanesi di fine maggio, una cosa è certa: il risultato finale è stato al di sotto di ogni aspettativa e il fatturato, anche sommandoci le commissioni (il c.d. buyer premium), non si avvicina neanche alla stima minima pre-asta. Il tutto con una percentuale di vendita che si attesta sul 60%. Risultati ben lontani dall’89% dell’asta di Christie’s di appena un mese prima; asta che aveva superato agevolmente la stima massima pre-vendita.
E se il tonfo di Sotheby’s non è neanche paragonabile a quello registrato, dalla stessa casa d’aste, nel novembre scorso, le due sedute di maggio appaiono, oggi, la brutta copia dell’asta di aprile organizzata dalla sua storica rivale: stessi nomi ma opere, complessivamente, di minor pregio ma, soprattutto, un catalogo di 151 lotti (+59% rispetto alla Milan Modern and Contemporary Art ) che non suggerisce, certo, una rigida selezione dei lavori come vorrebbero, invece, gli appuntamenti più importanti del mercato. Quegli appuntamenti, lo abbiamo visto nel post del 28 maggio scorso, che a New York, nelle stesse ore, hanno fatto registrare tassi di venduto dell’87% e performance d’asta sempre superiori alle attese.
Impossibile, dunque, dar torto agli analisti di Nomisma. La realtà che emerge dal confronto italiano Christie’s–Sotheby’s fa emergere un dato quanto meno lapalissiano: la qualità premia! E questo è ancor più vero nei momenti di crisi quando i soldi scarseggiano e i pochi che ci sono anche i collezionisti più ricchi li vogliono spendere bene. La speranza è che anche a Palazzo Broggi decidano di credere maggiormente nel mercato italiano che, se adeguatamente stimolato, ha dato segno di avere delle potenzialità di tutto rispetto. Solo così, infatti, e a patto che anche gli altri operatori italiani si adeguino, è possibile sperare in una ripartenza. Quella del mercato italiano, d’altronde, è una storia tutta da riscrivere ma è necessario che sia un lavoro a più mani.
L’unico timore è che Sotheby’s abbia un po’ perso la strada di casa: anche a livello internazionale, infatti, per quanto i risultati siano buoni, sembra perdere sempre più strada rispetto alla collega che, a New York, ha totalizzato da sola il 57% del fatturato complessivo realizzato dalle evening sale in programma attirando a sé l’attenzione dei collezionisti, degli investitori e dei bidder di maggio.
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