Fotografia concettuale a confronto con azioni, oro e inflazione
Perché trattare Zaza come un’asset class
Alcuni artisti non inseguono il mercato, eppure nel tempo costruiscono valore: è il caso di Michele Zaza (Molfetta, 1948), figura cardine della fotografia concettuale italiana, tra corpo, rito e cosmologia domestica.
A partire dagli anni Settanta, ha trasformato la rappresentazione del corpo in un linguaggio cosmico e simbolico, sospeso tra performance e meditazione. Le sue opere, oggi in musei come il Centre Pompidou e la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, raccontano un’idea di tempo dilatato che si riflette anche nel valore collezionistico: crescita lenta, continua, silenziosa.
Per capire come si è evoluto il segmento di riferimento di Zaza rispetto ai grandi indicatori finanziari, mettiamo a confronto l’indice medio delle sue aggiudicazioni 2010–2024 (base 100=2010) con S&P 500, FTSE MIB, oro e inflazione italiana (serie cumulata).
Il passo lungo e regolare di Zaza
La curva di Zaza è poco volatile e sale con pazienza: da 100 nel 2010 a 376,5 nel 2024 (nominale). Depurata dall’inflazione, arriva a 290,3. La fase iniziale è più movimentata, com’è naturale nei mercati poco liquidi; dal 2017 l’andamento diventa molto più regolare, con una traiettoria di crescita complessiva nonostante qualche lieve flessione intermedia.
Tradotto: +190% reale in 14 anni, senza fiammate speculative e senza crolli strutturali. È il profilo tipico di un bene culturale “difensivo”: rendimento regolare, drawdown contenuti, bassa correlazione coi listini.

Di seguito anche l’andamento Zaza 2010-2024 “nominale”:

Zaza vs S&P 500: rendimento più basso, rischio molto più basso
L’S&P 500 passa da 100 a 427,6 (nom.), pari a 329,7 reale: più redditizio sul lungo periodo, ma con forti oscillazioni intermedie.
Il punto non è “battere Wall Street”, bensì diversificare: Zaza si comporta come un contro-tempo rispetto ai cicli azionari e smorza la volatilità di portafoglio.


Zaza vs FTSE MIB: il capitale culturale batte il domestico
- Il FTSE MIB arriva a 169,5 (nom.) e 130,7 (reale): in pratica appena sopra l’inflazione.
Zaza, nello stesso arco, triplica: la fotografia concettuale italiana — se ben selezionata — ha reso molto meglio dell’indice domestico, con rischi inferiori.


Zaza vs Oro: rifugio che cresce (di più)
- L’oro tocca 194,97 (nom.) e 150,32 reale: un buon paracadute, ma la crescita reale è +50%.
Zaza segna +190% reale: protegge dal ciclo e, in più, accumula reputazione (musei, bibliografia, mostre) che consolida il valore nel tempo.


Zaza vs Inflazione: potere d’acquisto preservato (e aumentato)
- L’indice prezzi cumulato (base 2010=100) è 129,7 nel 2024. Zaza a 290,3 reale significa che un acquisto del 2010 oggi ha aumentato sensibilmente il potere d’acquisto, non solo lo ha difeso.

Sintesi comparativa (base 100=2010)
- Michele Zaza: 376,5 nominale / 290,3 reale – rendimento reale ~+190%, volatilità contenuta.
- S&P 500: 427,6 nom. / 329,7 reale – rendimento alto, volatilità alta.
- FTSE MIB: 169,5 nom. / 130,7 reale – rendimento modesto, volatilità media.
- Oro: 195,0 nom. / 150,3 reale – rendimento +50% reale, volatilità bassa.
- Inflazione Italia: 129,7 (cumulato).


Da tener d’occhio (e perché)
Le serie storiche complete degli anni Settanta e Ottanta, insieme alle opere con provenienza museale, continuano a guidare i realizzi e a sostenere le quotazioni. Le tirature rare, spesso sottovalutate, dimostrano invece una notevole elasticità soprattutto nelle fasi di riscoperta curatoriale. Infine, una documentazione impeccabile — comprese stampe vintage, certificazioni ed esposizioni — rappresenta il vero fattore differenziale capace di consolidare il valore di un’opera nel lungo periodo.




