Per quanto riguarda la temperatura generale è stata gradevole come non accadeva da anni. Nonostante Halloween, nonostante il ponte dei morti e il meteo clemente, in tanti hanno deciso di ritrovarsi sulle rive del Po e andar per mostre.
Torino abbronzata da un morbido sole di fine Ottobre si è ritrovata per qualche giorno innaffiata da vini regionali stupendi e cene a base di vitello tonnato e tartufo (per i più fortunati).
I balli del Club to Club, i party per le varie aperture della Pinacoteca Agnelli o per la Fondazione Sandretto, i molti giovani in città, han fatto sì che l’umore collettivo risplendesse alto nonostante i tempi che viviamo, alla fine nonostante tutto.
I bassi prezzi degli immobili (bastano un 80k per un monolocale in Vanchiglia) e il costo della vita contenuto stanno rivitalizzando e soprattutto ringiovanendo la capitale sabauda, non solo in questa settimana.
Tutte ottime premesse che ci fanno dimenticare un momento di mercato claudicante, per adoperare un eufemismo, con maggior benevolenza. Le gallerie soffrono, gli artisti boccheggiano. Ma finché siamo qui ancora a scriverne, vuol dire che c’è speranza.
In ogni modo, gli eventi e le fiere erano parecchi anche quest’anno, cerchiamo se vi va di fare ordine assieme.
The Era of Daydreaming l’ha titolata il Direttore Luigi Fassi questa Artissima 2024, che è la trentunesima (la prima si è svolta nel 1994, anno tragico bellissimo in cui abbiamo perso tutti assieme Kurt Cobain e Charles Bukowski, Karl Popper, Alighiero Boetti e Massimo Troisi).
E qui, cito testualmente le parole di Luigi, l’idea prende ispirazione da: “Il daydreaming è un’esperienza quotidiana a tutti nota: la capacità della mente di autogenerare dialogo interiore e di elaborare la propria storia di vita attraverso le forme di un pensiero visivo in continua evoluzione. Decisivo nel pensiero creativo e nella produzione artistica, il daydreaming è una forza spontanea che attiva speranze, emozioni e immaginari, forgiando il mondo che verrà e orientandolo secondo le nostre aspettative”.
Quel che piace, o che per lo meno a me piace dell’approccio della gestione Fassi, è proprio l’attenzione alla curatela e alla scientificità. Sin dalle sue esperienze prima in Austria e poi al complicato MAN di Nuoro, si è sempre rivelato un bravo secchione, nell’accezione più generosa del termine.
Gli addetti ai lavori lo percepiscono, lo intendono, e questo non può che giovare al clima generale dell’evento. Il mandato di Luigi è in scadenza, ma credo che non sbaglieranno a nominarlo nuovamente per il prossimo triennio.
Resta da decidere se anche per il pubblico la sensazione è stessa, perché come diceva Longanesi: “Gli italiani amano l’arte senza conoscerla, la rispettano come si rispetta ciò che non si comprende”, riflettendo con ironia sul rapporto degli italiani con l’arte, vista talvolta più come un dovere culturale che come una passione autentica.
In ogni modo, a Torino per la settimana più importante dell’anno dedicata all’arte sono arrivati prestigiosi curatori e collezionisti internazionali, 700 in totale.
Questa la forza principale della manifestazione. Delle buone PR (complimenti sempre a Paola Manfredi e al suo staff) e una gran credibilità costruita negli anni ne han fatto la miglior fiera del Paese.
34.200 sono invece le presenze complessive di pubblico, in 4 giorni di apertura (200 in più sul 2023). 189 gallerie, otto in più rispetto all’edizione precedente, di cui 37 hanno esposto per la prima volta; 66 progetti monografici; 11 premi, riconoscimenti e supporti cui si aggiunge 1 fondo d’acquisizione e 1 fondo per le gallerie.
Quello che piace meno, purtroppo, è il tema delle vendite, tiepide testimonianze di un mercato molto incerto che soffre anche per dinamiche che con l’arte non c’entrano nulla.
Per capirci, è capitato di sentire personalmente all’orecchio di una vendita da 70k che però potrà essere saldata dal compratore non prima di maggio, in attesa di un dividendo (che se poi non arriva fa chiaramente saltare tutto, e intanto il lavoro rimane fermo per mesi).
Se avete già letto i bei report della Roccella su Exibart o della Masturzo su Artribune, vi sarete resi conto che le vendite in fiera si son mosse quasi esclusivamente sulla fascia bassa.
E per bassa intendo sotto i 10.000 euro. C’è qualche fortunata mosca bianca, ma parliamo di eccezioni (La Stampa titola con il solito fantomatico Boetti a 700mila, che non manca mai). Nulla di paragonabile purtroppo a Frieze (anche se molto moscia quest’anno) e ad Art Basel Paris, che in calendario precedono Torino qualche settimana prima di Miami.
Non credo si possa comunque dare troppe colpe alla gestione, al calendario fieristico imballato o alla bontà dell’offerta. Qui son proprio le generazioni nuove che non han quattrini. Tutto il discorso lo reggono ancora i vari Iannacone, Sandretto Re Rebaudengo, Righi, Fasol… e ovviamente non basta.
Una fiera d’arte dovrebbe incuriosire e convincere pure chi di arte non si è mai occupato, e che ha a disposizione qualche soldo per iniziare una collezione. La sensazione è che, da anni, chi li ha li usi per comprarsi una macchina o una cucina. Beni formalmente più utili, anche se Jean Tinguely non sarebbe d’accordo.
Una buona mano per il 2024 l’ha offerta Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, che con il budget più alto mai speso (280.000 euro) ha acquisito 10 nuove opere da destinare alla fruizione pubblica e realizzate da 5 artiste e artisti: Sara Enrico (Vistamare), Chiara Fumai (Guido Costa Projects) e Zhanna Kadyrova (Continua), che confluiranno nella collezione permanente del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea; Guglielmo Castelli (Sylvia Kouvali Gallery) e Chantal Joffe (Monica De Cardenas), i cui lavori andranno alla GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino.
Dal 31 ottobre al 3 novembre 2024 è stato anche il turno di Flashback Art Fair, con la sua dodicesima edizione negli spazi di Flashback Habitat – Ecosistema per le Culture Contemporanee in corso Giovanni Lanza 75 a Torino.
Uno spazio di 20.000 metri quadri in cui la villa storica e i padiglioni che un tempo hanno ospitato il brefotrofio della provincia, immersi nel grande parco ai piedi della collina di Torino, si sono trasformati nell’abbraccio fra natura, arte e vita, passata e presente.
La visione di Alessandro Bulgini insieme a Stefania Poddighe e Ginevra Pucci si è concretizzata in questo luogo in un desiderio profondo e una sfida: creare a Torino un nuovo habitat, una casa delle culture contemporanee condivisa, aperta a tutti.
La sfida è ormai vinta, perché se tra gli stand puoi passeggiare in mezzo alle vedute del ’700 di Cesare Lampronti o ai giovani contemporanei che piacciono a Sperone, o ancora i tondi di Vedova della Galleria Dello Scudo, un mobile di Piffetti da Benappi, i ritratti del ‘500 e ‘600 da Flavio Gianassi, i fiamminghi di De Jonckheere… sicuramente ti trovi in un gran bel posto. Non abbiamo dubbio alcuno.
Che siano gli importanti galleristi italiani o internazionali – che in questa edizione aumentano e accolgono notevoli nuovi arrivi europei -, “nativi” – i bambini nati fra queste mura fra il 1953 e il 1983 che si sono ritrovati e riscoperti – o semplici appassionati, il mondo di Flashback si ritrova come in un rito collettivo e partecipato. Passato, presente e futuro, antico, moderno e contemporaneo sono connessi tra loro grazie agli sguardi delle persone che le osservano.
Quello che più mi ha emozionato, se posso permettermi, è stato il progetto di Alessandro Bulgini che ha iniziato a ricontattare i bambini cresciuti negli anni tra quelle mura, e ha fatto firmare loro con un pennarello le seggiole di scuola dove sono cresciuti, per collezionare ricordi indelebili. Sono ragazzi nati negli anni ’50 e ’60, oggi signori e signore, ma un tempo bambini, senza madre e senza padre.
C’è anche un grosso neon che campeggia proprio in cima al complesso, visibile da tutta la città, con una scritta rossa “Mater”. Realizzata da Bulgini perché tutte le persone che lì sono cresciute abbiano la possibilità di vedere e sentire la presenza materna, di una casa, di un nido, da ogni parte di Torino.
Pinacoteca Agnelli ha infine presentato la più ampia mostra dedicata all’artista Salvo (Leonforte 1947 – Torino 2015) intitolata “Arrivare in tempo” e aperta al pubblico da venerdì 1 novembre 2024 a domenica 25 maggio 2025.
L’esposizione, a cura di Sarah Cosulich & Lucrezia Calabrò Visconti, occupa tre piani della Pinacoteca in un percorso retrospettivo nell’opera di Salvo, artista controcorrente e precursore, protagonista di una traiettoria indipendente la cui originalità e portata appaiono oggi più che mai significative.
Nato a Leonforte in Sicilia nel 1947 e trasferitosi a Torino nel 1956, Salvo, all’anagrafe Salvatore Mangione, dall’inizio degli anni Settanta e in contrapposizione con le tendenze a lui coeve, ha scelto di dedicarsi esclusivamente alla pittura, rimanendovi fedele per i successivi quarant’anni.
Oggi il mercato lo ama. Ho sentito diversi signori cercarlo in fiera, ma il momento ormai è passato, i prezzi sono troppo alti, si doveva prendere 5 anni fa. Si doveva “arrivare in tempo”.
Sempre in Pinacoteca Agnelli, due nuove opere si inseriscono all’interno del percorso espositivo della Pista 500 sul tetto del Lingotto, che dalla sua inaugurazione nel 2022 attiva inaspettate prospettive con il contesto che le ospita.
Monica Bonvicini (presente anche ad Artissima dalla Cortese con una delle opere più fotografate della fiera) ha presentato la grande installazione neon ambientale commissionata appositamente per la parabolica sud Come Run With Me (2024).
Per chiudere,
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Photo courtesy: © Perottino-Piva-Castellano-Peirone / Artissima