Dopo aver pubblicato il calendario delle aste italiane di arte moderna e contemporanea del 1° semestre, è tempo di inziare a guardare da vicino i cataloghi più interessanti. Iniziamo dall‘asta che il bresciano Martini Studio d’Arte batterà il 25 marzo prossimo a partire dalle ore 17.00.
165 i lotti proposti, per una selezione ricca di suggestioni all’interno della quale non mancano pezzi di un certo pregio. Il catalogo si apre con un lavoro di Maria Lai del 1984 e un Emilio Isgrò molto particolare (Interno rovesciato, 1987) che credo possa interessare a chi ama l’artista in modo serio e non guarda unicamente alle sue opere più note e quotate.
Ma in questa apertura di catalogo è il lotto 3 che attrae particolarmente il mio occhio. E’ un lavoro di Carlo Alfano del 1974 – Frammenti di un autoritratto anonimo dall’86° secondo al 96° secondo -, che fa parte di un ciclo di tele che dal 1969 arriva fino al 1990, anno della morte dell’artista.
Si tratta di una trascrizione del suono in segni: il silenzio da cui nasce la parola diventa il bianco in cui s’affaccia la scrittura. I Frammenti registrano i segni della crisi dell’uomo contemporaneo, le sue interrogazioni, la sua difficoltà di comunicare. Di bianchi non ne avevo mai visti, ma devo dire che lo trovo ancor più affascinante di quelli su fondo nero. Quest’opera è valutata 20-30.000 euro.
Passato un bel ricamo di Alighiero Boetti (Segno e disegno del 1970, lotto 4, stima: 70-80.000 euro), troviamo Dittico Europa 51 (Da Roberto Rossellini), riporto fotografico di Franco Vaccari del 1989 e appartenente al suo celebre ciclo dei Codici a Barre. Al lotto 7 abbiamo invece Gianfranco Baruchello con Egli prende il tempo come strumento di azione del 1971, valutato 15-20.000 euro. Un bell’esempio di quella sua miniaturizzazione dell’immagine, o meglio, della sua “riduzione” del mondo che constiuisce la sua precisa cifra espressiva.
Al lotto 16 ecco uno smalto di Pino Pascali del 1964, Dalla serie Lettere (N), valutato 30-40.000 euro, passato nel 2015, con poca fortuna, dall’asta The Great Wonderful, che Francesco Bonami organizzò da Phillips New York. Al lotto 18, invece, Martini propone uno dei primi Artypo di Mimmo Rotella: Senza titolo del 1966.
L’artista inizia, infatti, a produrre questa serie nel 1964 e i lavori nascono da fogli selezionari in tipografia tra quelli su cui lo stampatore controlla il registro e la qualità delle immagini e dei colori: è un manifesto in genere destinato al macero, usato per gli avviamenti di macchina, su cui sono sovrapposte casualmente diverse immagini.
I fogli scelti sono intelati o plastificati. Una curiosità: proprio in questi giorni una serie di questi lavori è esposta a Londra alla Cardi Gallery dove lunedì è stata inaugurata la più ampia mostra mai dedicata a Rotella nel Regno Unito.
9 lotti dopo, al numero 27, troviamo una raffinata (e quanto mai delicata) tecnica mista e collage su carta di Cesare Tacchi: Amore del 1965, proposta con una valutazione di 15-20.000 euro. Proseguendo nella nostra lettura, meritano attenzione i lavori di Ben Vautier e Arnulf Rainer ai lotti 38 e 39. E al lotto 48 è interessante Ragazzi + donna + negativo (variante seppia), riporto fotografico di Aldo Tagliaferro datato 1965-75 e stimato 8-10.000 euro.
Chiude la selezione una serie di lavori di Arte Cinetica e Programmata dove non mancano pezzi di un qualche pregio. Ma la lettura del catalogo Martini non può chiudersi senza parlare del top lot dell’asta: Poesy of destruction, stupenda opera del 1984 di Günther Uecker (Lotto 102, stima: 70-80.000), grande esponente dello storico Gruppo Zero assieme a Heinz Mack di cui abbiamo, al lotto successivo, Flügelrelie del 1989 (lotto 103, stima: 40-50.000 euro).
Infine mi piace segnalarvi una coppia di lavori storici di Sandro De Alexandris della metà degli anni Settanta ai lotti 131 e 132. In particolare t/n 1.019 (1974-76) dove t in minuscolo sta per il tempo relativo e n è il neutro dell’indeterminato in matematica.
Si tratta di uno dei primi lavori della serie t/n che inizia a produrre proprio nel 1974 e che esporrà per la prima volta nel 1977 a Torino: cartoni bianchi, tutti del medesimo formato, 145×100 cm, solcati da incisioni minime, fitte e ripetute con regolarità, realizzate con un bisturi e con l’aiuto di un righello, articolate sistematicamente secondo un andamento verticale, nei quali si attua un abbassamento percettivo estremo.