La quantità da sola non paga più, qualità e selettività sono ormai fondamentali. Potrà sembrare una banalità, ma in un mercato come il nostro dove, storicamente, i cataloghi stracolmi sono da sempre una tradizione è questo, probabilmente, il maggior segno di cambiamento rilevato nel mercato italiano delle aste durante il primo semestre 2018. Segno che, peraltro, conferma un trend già in atto dalla fine dello scorso anno e a cui si aggiunge un collezionismo, come spiegano anche dalla Casa d’Aste Farsetti di Prato, sempre più «alla ricerca di sicurezze e cioè di opere di elevato valore storico e artistico, ben documentate e archiviate, degli artisti più famosi, le cui quotazioni siano solide e al riparo dei capricci delle mode e delle speculazioni». E questo spiega le buone vendite delle opere di grandi artisti storici del Novecento, sia italiani che stranieri, che hanno caratterizzato i primi 6 mesi di quest’anno. Sei mesi in cui il fatturato complessivo delle aste battute dalle 19 case monitorate da Collezione da Tiffany è stato di 65.275.479 €, facendo registrare una contrazione, rispetto al primo semestre del 2017, di un -14% che, lungi dal rappresentare un segno di crisi, credo sia più opportuno leggere come l’effetto di un cambio di strategia da parte di molti dei nostri operatori che ancora deve dare a pieno i suoi frutti.
Se in parte questo risultato apparentemente non brillante è certamente condizionato, come già quello del secondo semestre 2017, da un calendario delle aste sempre più congestionato, è interessante notare infatti come da gennaio a giugno di quest’anno i lotti offerti in vendita, a parità di aste, siano diminuiti del -27%, mentre il prezzo medio di vendita (diritti inclusi) è salito del +32% rispetto allo stesso periodo del 2017, passando dai 9.188 € euro dello scorso anno ai 12.087 € di quest’anno. Evidenziano in modo palese quanto una maggiore selezione nei cataloghi sia assolutamente premiante. A dircelo è anche una percentuale media di venduto in lotti che si è ridotta di circa quattro punti percentuali, perché il pubblico ha sistematicamente bocciato tutti i lotti insignificanti o non in regola con la documentazione, preferendo acquistare, anche a prezzi ben superiori alle stime più alte, opere dal pedigree certo e di valore storico-artistico indiscutibile. Segno che anche il nostro collezionismo si è fatto più attento, educato, probabilmente, anche dalle disavventure avute in materia di autenticazione post-acquisto.
Facendo un piccolo gioco, pensate che se si mantenesse questo livello medio di prezzi, ma i lotti venduti risalissero ai livelli del 2017, bilanciando quindi qualità e quantità, il nostro mercato potrebbe raggiungere i 100 milioni di euro in un solo semestre. Anche perché, questo puntare sempre di più sulla qualità dell’offerta, sostenuto dalle nuove tecnologie, sta portando anche sulla nostra piazza un numero sempre maggiore di acquirenti stranieri, tanto che molte delle nostre migliori case d’aste registrano circa un 50% delle vendite avvenute dall’estero. E tutti noi sappiamo quanto l’internazionalizzazione sia fondamentale in ogni nostro settore economico vista anche una certa “debolezza cronica” della domanda interna, fiaccata da un’economia mai troppo brillante e un ceto medio che negli anni si è impoverito sempre di più.
Le aste record di Cambi e Ponte
Esemplari della situazione appena descritta sono certamente le due aste record messe a segno da Cambi e dal Ponte. La prima si è presentata l’8 maggio scorso ai nastri di partenza con un doppio catalogo decisamente corposo – 450 lotti – che ha realizzato un fatturato complessivo di 2.821.000 €, il più alto di sempre per la casa d’aste genovese, ma ormai di stanza a Milano per quanto riguarda le aste di moderna e contemporanea. E guarda caso, questo totale record nasce al termine di una vendita che ha fatto registrare un tasso di venduto del 58% in lotti – indice di un pubblico molto selettivo – ma del 90% in valore. Con tutti i top lot che hanno rispettano le aspettative e alcuni exploit degni di nota come quello di Il giorno fu pieno di lampi, la sera verranno le stelle,opera di Salvo che ha raddoppiato le stime totalizzando 81.250 euro. Oppure il grande risultato per il Senza titolo del 1959 di Tancredi che da una stima di 70.000 euro è stato assegnato in sala a 162.500 euro, dopo un’accesa contesa contro offerte telefoniche e online.
Il record del Ponte del 12 giugno scorso nasce, invece, da un catalogo caratterizzato da una selezione strettissima di 109 lotti dalla qualità eccelsa. Si tratta del catalogo più selettivo del primo semestre assieme a quelli di Christie’s e Sotheby’s e, non a caso, la vendita si è chiusa con 6.564.500 euro di fatturato totale, 90% di lotti venduti, 213% del venduto sul battuto e ben quattro nuovi record d’asta a firma di Irma Blank, Mario Negri, Antonio Sanfilippo e Emilio Scanavino. Senza contare l’altissima partecipazione di collezionisti, galleristi e dealer provenienti da tutto il mondo: Cina, Giappone, Russia, Svezia, Lussemburgo, Ungheria,Colombia, Stati Uniti, Belgio, Canada, Austria, Inghilterra, Francia, Germania sono solo alcuni dei paesi nei quali la partecipazione è stata più sentita.
Tra vecchi e nuovi trend
Al netto di questa maggior attenzione per la qualità è difficile, come già nel 2017, individuare dei trend definiti sul nostro mercato. Analizzando i risultati di questo primo semestre si può rilevare un interesse sempre più crescente per le opere del periodo nucleare e informale europeo. Come registra importanti conferme l’interesse per il nostro Futurismo, in particolare quello più “tardo”, con le opere di Tato, Dottori e D’Anna capaci di attirare – grazie a quotazioni ancora decisamente appetibili – anche acquirenti stranieri.
Nonostante performance estere non esaltanti, rimane piuttosto stabile il mercato di Carol Rama, mentre quello di Irma Blank è in grande ascesa: oltre al nuovo record realizzato a giugno durante l’asta del Ponte, infatti, crescono i suoi prezzi medi di aggiudicazioni, passati dai circa 8.000 euro del 2016 agli oltre 30.000 di questo primo semestre. E ottimo è anche l’andamento del mercato di Maria Lai che il 13 aprile scorso con l’aggiudicazione per 87.000 euro (diritti esclusi) di Geografia n. 2 del 1983 nella sale-room dello Studio d’Arte Borromeo, ha stabilito il suo nuovo record d’asta. Tre esempi che confermano, peraltro, uno dei trend più attesi per questo 2018, ossia la maggior attenzione per le opere a firma di artiste. E se Fontana e Boetti sembrano non conoscere rivali in termini di “affetto” da parte dei collezionisti, è Piero Dorazio uno degli artisti che in questi primi 6 mesi ha fatto registrare le performance migliori, tanto da aver ritoccato il suo primato per due volte in una sola settimana, arrivando, il 18 aprile scorso da Sotheby’s, a quota 400.000 euro di hammer price con la tela Un bel niente del 1958, che partiva da una stima di 100-150.000 euro.
Parte da Christie’s Italia, invece, uno dei nuovi trend che sarà maggiormente interessante seguire durante il secondo semestre: quello relativo al ritorno dell’arte figurativa a cui Palazzo Clerici ha dedicato un’apposita sezione all’interno della propria asta dell’11 aprile scorso con Antonio Donghi che raggiunge i 140.000 euro di hammer price per Ragazzi alla Finestra del 1947: il nuovo record d’asta per il rappresentante del nostro Realismo Magico. Seguito, pochi lotti dopo, dal record di Fausto Pirandello con Spiaggia affollata (1939), battuto per 160.000 euro.
Risultati, quelli appena citati che sembrano indicare una ripresa del mercato di questi artisti, un tempo molto quotati, dopo un lungo periodo di stasi. Lungo il semestre, infatti, arrivano il record per Cagnaccio di San Pietro con La tempesta (Terribile attesa), olio su tela del 1920 di esposto nel 1922 alla XIII Biennale d’Arte di Venezia e aggiudicato da Finarte per 88.000 euro di hammer price; l’ottimo il risultato di Ubaldo Oppi da Wannenes, venduto a 13.750 euro (diritti esclusi), doppiando la stima massima e confermando l’ottimo momento, appunto, del Realismo Magico e dalla pittura figurativa in generale. E sempre da Wannenes è andato bene, infatti, ancora un volta anche Antonio Donghi con Vaso di fiori del 1936 che supera in scioltezza la stima massima per essere aggiudicato a 56.250 euro. Ma bene, in questi sei mesi, si sono comportati sul mercato anche Filippo De Pisis, Mario Tozzi, Massimo Campigli, Gino Severini, Umberto Boccioni e Osvaldo Licini che sempre da Christie’s ha fatto registrare, peraltro, il suo nuovo record d’asta: 336.500 euro di hammer price.
Ma questi sono solo alcuni esempi di un fenomeno la cui solidità è ancora da verificare, per capire se non sia legata solo ad un insieme di “coincidenze” che hanno portato sul mercato una serie di lavori di particolare pregio. Un po’ come accaduto con la Pop Art romana che, qualche tempo fa, ha fatto pensare ad un suo “ritorno” che, in realtà, si è sgonfiato molto rapidamente essendo legato unicamente al ritorno in asta di lavori importanti. E tra i trend in discesa va messo anche quello relativo alla Pittura Analitica che in questo prima metà d’anno è stata piuttosto latitante nei nostri cataloghi, anche se artisti come Zappettini hanno fatto registrare alcuni risultati di rilievo.
Da evidenziare, poi, come il primo semestre di quest’anno sia stato ottimo, in termini di performance di mercato, per artisti come Bruno Munari – protagonista di varie mostre sia in Italia che all’estero – e Franco Vaccari che dopo l’ottimo risultato da Wannenes con Dittico Warhol del 1989 – venduto a 12.500 euro, seconda aggiudicazione di sempre per l’artista – ha portato a casa il suo nuovo primato in occasione dell’ultima asta di Martini Studio d’Arte, dove il suo riporto fotografico di grandi dimensioni (218×140) del 1989: Pier Paolo Pasolini – “Accattone” – è stato venduto per 21.600 € (diritti inclusi). Prosegue anche l’ottimo momento della scultura suggellato dal record di Giacinto Cerone da Finarte. Infine, chiudiamo questa nostra analisi con un risultato anomalo per il nostro mercato ma che sembra essere un primo sintomo della ricezione, anche in Italia, di uno dei trend più caldi del momento: ossia la crescente passione collezionistica per l’arte contemporanea africana. Sto parlando dell’aggiudicazione da Pandolfini, per 20.000 (diritti inclusi), di L’Ultima Battaglia, piccolo acrilico su tela del 1999 di Cheri Samba, fondatore di punta della Scuola di pittura popolare del Congo. Segno, anche questo risultato, di un collezionismo sempre più attento e aggiornato.