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BIPART: un modo diverso di occuparsi di proprietà intellettuale e arte

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Il mese di aprile ha portato un’interessante novità nel panorama delle realtà che si occupano di diritto della proprietà intellettuale e diritto dell’arte: BIPART – Beyond Intellectual Property and ART law, lo studio fondato da Gilberto Cavagna, avvocato cassazionista e storico collaboratore di Collezione da Tiffany.

Da sempre appassionato e cultore attento della proprietà intellettuale e dell’arte l’avvocato Cavagna ha creato BIPART con “la finalità di essere veramente dalla parte dei clienti, per aiutarli nella valorizzazione dei loro diritti e a crescere su solide basi giuridiche”.

Una nuova avventura, quella iniziata il 1° aprile scorso, che lo vede insieme a Sofia Kaufmann, giovane ma già valente specializzanda in diritto della proprietà intellettuale e dell’arte con focus sulla tutela dei segni distintivi e dei beni artistici.

Per conoscere meglio questo nuovo progetto, abbiamo incontrato Gilberto Cavagna per una breve intervista. Un’occasione per approfondire anche alcuni dei temi più attuali che interessano il diritto dell’arte, dagli NFT alle crypto valute fino all’autenticità e ai rapporti con gli archivi.

Nicola Maggi: In questi anni hai collaborato con alcuni dei più importanti studi legali del nostro Paese, come è maturata l’idea di crearne uno prettamente specializzato in diritto della proprietà intellettuale e diritto dell’arte?

Gilberto Cavagna: “E’ da un po’ di tempo che stavo maturando questa scelta. In questi anni ho avuto l’opportunità di confrontarmi con grandi professionisti e di collaborare con alcuni primari studi italiani e internazionali, in dipartimenti specializzati in diritto della proprietà intellettuale e dell’arte, ma non ho mai abbandonato il sogno di creare qualcosa di mio dove poter seguire i clienti continuativamente, in un rapporto diretto e di amicizia che non sempre in strutture più grandi è possibile coltivare, ritagliandosi altresì il tempo per approfondire le questioni più nuove ed attuali”.

N.M.: “Beyond Intellectual Property and ART law”. Questo lo “slogan” programmatico che accompagna il nome del tuo studio… in cosa Bipart sarà diverso dagli altri studi legali che offrono assistenza ad operatori del mondo dell’arte e collezionisti?

G.C.: “BIPART è l’acronimo di Beyond Intellectual Property and ART law, e, oltre alla indicazione della specializzazione in proprietà intellettuale e diritto dell’arte, sottintende i valori dello studio: l’essere dalla “parte” delle persone o società che assistiamo. L’aspirazione è proprio quella di partecipare alle scelte del cliente, condividerne le problematiche e aiutarlo nell’individuare le soluzioni. Un’assistenza mirata, ma avvalendosi anche di un network di professionisti, in Italia e all’estero, per offrire una consulenza a tutto tondo, specifica per il tipo di opere in questione e le sue peculiarità, non solo giuridiche”.

N.M.: Entrando un po’ nel vivo della questione… negli ultimi anni il mercato dell’arte è stato “rivoluzionato” dall’avvento degli NFT e delle crypto valute. Il mondo del diritto, in particolare quello italiano, è stato colto impreparato da questa improvvisa accelerazione o era pronto al cambiamento?

G.C.: “Il diritto arriva sempre un po’ “dopo” perché regola la realtà e difficilmente è in grado di anticiparla. Non di meno nel tempo la legge sul diritto d’autore si è per lo più dimostrata sufficientemente elastica per regolare le fattispecie più nuove e anche oggi costituisce il fondamento per disciplinare le ultime “rivoluzioni”. Certamente all’interprete è demandato il compito di adattare la normativa e guidare collezionisti ed artisti nello sfruttamento rispettoso dei loro diritti. Così ben venga l’uso di NFT, ma con la consapevolezza che anche queste opere devono avere un contenuto “originale” e che, se riproducono o adattano opere preesistenti, devono presuppore il consenso dell’eventuale titolare dei diritti sull’opera anteriore”.

Sofia Kaufmann e Gilberto Cavagna

N.M.: Rimanendo su questo tema, uno delle tecnologie a cui il mercato dell’arte e il collezionismo guardano con maggior interesse è quella delle blockchain. Quali sono, dal tuo punto di vista, le reali opportunità che offre e, invece, le criticità, anche in termini di proprietà intellettuale e diritto dell’arte?

G.C.: “La blockchain costituisce una grande opportunità, consente di tracciare titoli e sfruttamenti e assicurare una “catena” dei diritti chiara. La sua adozione, in alcuni settori, potrebbe portare ad efficientamenti significativi, basti pensare al settore della musica e al relativo pagamento dei diversi compensi legati alla sua fruizione. Nel mondo dell’arte le perplessità sono legate alla costituzione dei primi blocchi, il cui contenuto potrebbe non corrispondere al “vero” e non adattarsi al tipo di opera, perpetuando così incertezze più che comprovando la chiarezza che spesso è attribuita a tale tecnologia. In ogni caso si tratta di un mezzo, nuovo ed efficace, che in quanto tale merita di essere considerato e utilizzato”.

N.M.: Connesso a questo argomento c’è ovviamente anche quello dell’autenticità dell’opera d’arte. Nuove tecnologie a parte, la questione dell’autenticità è sempre molto delicata. Secondo te il nostro ordinamento tutela sufficientemente i collezionisti e gli operatori di mercato o servirebbero norme più stringenti?

G.C.: “L’autenticità delle opere è un tema “caldo”; presupposto di tutela, troppo spesso risulta discussa o contestata. Il diritto è al servizio della verità, ma la verità non sempre emerge, con ripercussioni, anche economiche, rilevanti. A fondazioni ed archivi è demandato dal mercato un compito gravoso, ma procedure e attestazioni non sempre si dimostrano all’altezza della fiducia accordata. Le cause, e le sentenze, sul tema della (mancata o meno) autenticità dell’opera sono sempre più numerose e la dottrina si interroga sempre più spesso su questi temi, con posizioni diverse, ma una comune tensione a trovare soluzioni condivise che, ad oggi, paiono tuttavia lontane.

N.M.: Rileggevo proprio in questi giorni il tuo articolo uscito ad inizio anno sul Giornale dell’arte in cui analizzavi una sentenza della Corte d’Appello di Milano la quale, cito, “ha ribadito che il disconoscimento di un’opera non può essere lasciato al libero arbitrio dell’artista”. E a quello di un Archivio?

G.C.: “La causa aveva come oggetto un’opera di Koons disconosciuta successivamente dall’artista e la sentenza ha ricordato come la legge sul diritto d’autore riconosca sì all’artista determinati diritti sulle opere immesse in circolazione, ma tali diritti non possono essere esercitati arbitrariamente e senza limiti e debbano essere bilanciati con gli eventuali diritti di terzi. Il principio vale anche per gli archivi e le fondazioni, ogni determinazione deve essere rispettosa degli affidamenti creati e non può pregiudicare diritti acquisiti. Non risultano altre sentenze in merito e vedremo come il principio sancito dalla Corte d’Appello di Milano, che ritengo corretto e condivisibile, sarà in futuro richiamato e adattato a diverse fattispecie”.

Nicola Maggi
Nicola Maggi
Giornalista professionista e storico della critica d'arte, Nicola Maggi (n. 1975) è l'ideatore e fondatore di Collezione da Tiffany il primo blog italiano dedicato al mercato e al collezionismo d’arte contemporanea. In passato ha collaborato con varie testate di settore per le quali si è occupato di mercato dell'arte e di economia della cultura. Nel 2019 e 2020 ha collaborato al Report “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione” di Deloitte Private. Autore di vari saggi su arte e critica in Italia tra Ottocento e Novecento, ha recentemente pubblicato la guida “Comprare arte” dedicata a chi vuole iniziare a collezionare.

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