Inauguro questa rubrica su Collezione da Tiffany con affetto e pure un certo orgoglio. Vi ringrazio se avrete la pazienza e la voglia di leggermi. Questa testata fondata da Nicola Maggi è da anni un punto di riferimento per il mercato dell’arte in Italia. Sono un suo collega e, anche se non così preciso e attento come lui (che è un vero secchione), avrò piacere di raccontarvi le più importanti fiere del 2024.
Come ogni stagione, non potrei che cominciare proprio a gennaio dal Brafa di Bruxelles, la mostra mercato più antica d’Europa.
Ho un ricordo agrodolce dei pittoreschi spazi del Tour & Taxis, una sorta di grande fiera mercato alle porte di Bruxelles, con tanti edifici di inizio secolo con le capriate in legno e acciaio. Ha ospitato per molti anni il Brafa. Oggi, la 69esima edizione (in corso dal 28 Gennaio al 4 Febbraio 2024), è invece in scena al più moderno Expo (che ha un sapore brutalista da unione sovietica “Era Breznev” a dirla tutta), proprio accanto al famoso atomo, la scultura open air più instagrammata della città. Venne costruito in occasione dell’Expo 1958, l’esposizione universale organizzata in quell’anno dalla città di Bruxelles. Progettato dall’architetto André Waterkeyn, in origine sarebbe dovuto durare sei mesi. Lo possiamo ammirare ancora oggi.
Ho la fortuna e il privilegio di partecipare al Brafa di Bruxelles da circa quindici anni, forse qualcuno in più addirittura. Credo sia un passaggio necessario a inizio anno per ogni collezionista ma anche semplice appassionato, l’edizione a giugno durante la pandemia la ricordiamo tutti come inappropriata, troppo vicina a Basilea.
Il capitale culturale che si incontra in questa fiera è enorme, indice di un popolo colto, quello belga, che da sempre è protagonista del collezionismo internazionale.
Lo si percepisce subito dai diversi booth dedicati all’arte africana, Repubblica del Congo nella fattispecie, ex colonia. Da Didier Claes (oggi anche vice Presidente della fiera, gli è stato riconosciuto l’ottimo lavoro di pubblica relazione degli anni passati), bravissimo e competente mercante che ha frequentato l’Africa nera per anni, sono esposte antiche maschere e oggetti di culto. Antiche si fa per dire, ovviamente, dato che la produzione lignea congolese e senegalese ha solitamente 200 anni d’età. È un settore molto complesso che per l’appunto richiede studio e competenza, ma di meglio è possibile trovare qualcosa soltanto al Tefaf di Maastricht.
Ebbene, questa edizione del Brafa 2024 è insolitamente tiepida (di temperatura) ma molto accogliente. Il mio volo da Linate ha sorvolato le alpi durante i giorni della merla più caldi degli ultimi vent’anni. L’accoglienza è stata come sempre di alto livello.
Iniziano a girare tartine di foie gras ricoperto di cioccolato e bicchieri di Champagne Tattinger (main partner) già dalle tre del pomeriggio. Qua e là distribuiscono pomodorini crudi, carote e sedano per dare una parvenza di attenzione alla linea, ma come in tutte le fiere di pregio si adopera il vino per ammorbidire gli umori e indirizzare gli acquisti. Le gallerie sono numerose (132 da 14 Paesi), le opere altrettanto, occorre una gran massa di potenziali clienti per ammortizzare lo sforzo degli operatori. I prezzi medi sono assolutamente abbordabili, da qualche migliaio di euro. Si sale ai milioni, ma non sono la consuetudine. Indice di un mercato vivo ma molto responsabile. Non si esagera. I tavoli, sono tutti addobbati con cura per la cena inaugurale, in cui le gallerie invitano i loro top clients per riservare loro le primizie.
Tema 2024, senza troppa fantasia: il Surrealismo. Con omaggio a Paul Delvaux. Personalmente, l’ho sempre trovato più potente e autentico di tutti i suoi colleghi. Ha avuto meno fortuna di Magritte nella cultura popolare del ‘900, ma è riuscito a fondere in maniera eccellente l’onirico, il sesso, la psicanalisi e gli archetipi greci, in una grammatica senza rivali. Ha sempre odiato esser definito un surrelista, e forse on lo è davvero affatto. Il mercato lo adora e i collezionisti pure. Ci sono tanti lavori a disposizione, ma raramente restano al palo.
E ci mancherebbe, è un eroe nazionale. In fiera c’è una sua mostra dedicata, qualche bel video che ne ripercorre i momenti salienti, e molti stand partecipano con dei lavori singoli in esposizione, si va dai 30-40.000 al paio di milioni. Ha prodotto molto il maestro, e quasi sempre benissimo. Abbiamo anche avuto la fortuna di visitare un’abitazione interamente decorata da Delvaux, appena fuori dal centro, in una via privata a cui si accede attraverso un grande cancello elettrico nero e d’oro, negli anni in cui insegnava pittura all’Accademia. Purtroppo la padrona di casa ha impedito di fare delle foto. Vi posso garantire che era sublime. Funziona sempre così quando gli artisti entrano in sintonia con i collezionisti. Nasce qualcosa di magico.
Venendo a noi: dieci le gallerie italiane in fiera, con due new entry specializzate nell’arte dell’alto periodo: Mearini Fine Art di Perugia e Romigioli di Legnano (MI).
Da anni protagonista è Robertaebasta di Milano, la maga di via Brera e della TV (Cash or Trash sul Nove), portavoce del grande design italiano e presenza fissa dal 2015, anche quest’anno ha mescolato con stile pittura e arredo, senza mancare un colpo. Il vetting gli ha bocciato un vaso, ma era soltanto quello per mettere l’acqua ai fiori, complimenti a Roberta e Mattia, che non hanno sbagliato nulla.
Segnalo anche Barbara Bassi di Cremona, specializzata in gioielli antichi e vintage, i Cortesi (Milano e Lugano) con un buon moderno, Dalton Somaré, milanese con raffinate proposte di scultura tribale africana (anche loro) che pare abbia saputo imporsi sull’esigente mercato belga. Ritornano anche Federico e Francesco Bulgarini di Ars Antiqua, la Gioielleria Nardi di Venezia. Due infine le gallerie italiane con sede all’estero: Repetto di Lugano (arte povera e concettuale per questa edizione), e Giammarco Cappuzzo (anche se di base è a Londra) molto forte nella pittura europea (XVII-XIX secolo) con particolare attenzione agli impressionisti francesi.
Siccome siamo qui per i prezzi e per il mercato, segnalo l’unica vendita a cui ho assistito: 200.000 euro per un olio del 1940 di Maurice Utrillo, alla Willow Gallery.
L’originale manifesto surrealista di Breton è in vendita (25.000 euro) presso lo stand del CLAM (l’associazione belga che riunisce i maggiori esperti di libri e arte antica) insieme ad una lettera autografa (con disegno) di Paul Delvaux a Claude Spaak (5.500 euro) . La varietà di stili, epoche e proposte che rappresenta il carattere distintivo di BRAFA si riflette nei prezzi delle opere che vanno dai 2,6 milioni di euro del gruppo di sculture di Max Ernst presentato da Die Gallery a meno di mille euro sempre per opere certificate dai galleristi e di assoluta qualità.
In pieno accordo con lo spirito eclettico della manifestazione sono infine le proposte trasversali per i collezionisti di genere, dai fumetti di Huberty & Breyne (Parigi, Bruxelles) alla fotografia di Baronian, dagli orologi da tavolo di La Pendulerie (Parigi) agli autografi e prime edizioni proposti dalla Librairie Amélie Sourget (Parigi) e i grandi specialisti di Cabinet de Curiosité come Finch & Co (Londra-Bruxelles), da sempre capace di trasportare i visitatori in un appassionante viaggio intorno al mondo.
L’opera che mi ha colpito di più è ovviamente di Paul Delvaux, un olio ai limiti dell’informale, molto anomalo nella sua produzione, che Marcello Mastroianni si era comprato per la sua villa a Fregene. Il prezzo l’ho scordato, non sono bravo come Nicola Maggi, ma era abbastanza importante. Potendo, l’avrei comprato subito. Senza pensarci.
Per tirare le somme… occorre attendere ancora qualche giorno, ma una cosa mi sento di poter garantire immediatamente: andate al Brafa il prossimo anno. Non ci sono mostre così colte in Europa (escluso il Tefaf). Ne vale la pena, e potrete anche fare qualche affare, spendendo il giusto.
Buon viaggio!