Nella vita di ogni giorno come nel mondo dell’arte le ricorrenze hanno sempre un fascino un po’ particolare. E anche per questo l’asta di arte moderna e contemporanea del prossimo 9 novembre di Finarte ha un sapore tutto speciale. Era giusto un anno fa, giorno più giorno meno, che la macchina della casa d’aste milanese si rimetteva in moto. Per l’asta del suo primo compleanno va detto che il dipartimento guidato da Camilla Prini ha messo insieme un corpus di lotti di tutto rispetto presentati, peraltro, in un catalogo cartaceo curatissimo, a partire dai testi che accompagnano le opere più importanti fino alle immagini che ritraggono gli artisti di punta, tutte a firma di Maria Mulas. Oltre a ciò, nonostante un numero non proprio contenuto di lotti (283 in tutto), è decisamente apprezzabile la qualità media dei lavori che andranno in asta la prossima settimana alla Permanente di Milano dove, peraltro, saranno in mostra da questo sabato.
Occhio a Perilli, Gallizio, Dadamaino, Crippa e Fabbri
Interessante l’idea di ricavare, all’interno del catalogo, una vera e propria mostra dedicata all’immagine femminile nell’arte. Affidata a Silvia Evangelisti, la selezione conta 50 opere inserite nella prima sessione d’asta (ore 15.30) dal lotto 27 al 77 e tra le quali si fanno notare Nudo Disteso (1953) di Fausto Pirandello (lotto 34, stima 30-40.000 euro) e La Flora (1941) di Giuseppe Santomaso (lotto 37, stima 16-22.000 euro). Ma è nella seconda parte dell’asta (lotti 78-283) che incontriamo i pezzi forti della vendita con alcune opere molto “particolari” a firma di importanti artisti italiani e realizzate in momenti spartiacque della loro carriera. E’ il caso, ad esempio, della tecnica mista su carta di Agostino Bonalumi presentata al lotto 91: Impronte (stima: 10-15.000 euro). Datato 1960 questo lavoro è, infatti, di poco successivo alla celebre Due Chilometri di impronte che l’artista realizzò nel 1958 in occasione della collettiva alla Galleria Pater di Milano e risale all’anno in cui Bonalumi inizia a produrre le sue superfici estroflesse.
Discorso analogo per il lotto 97: Allegoria d’Autunno (1966) di Achille Perilli, opera che precede di poco il fatidico 1967 che segnerà il passaggio dell’artista alle opere geometriche. Esposto nel 1967 alla Galleria Marlborough di Roma in occasione della mostra Achille Perilli. Trasformazioni dello spazio 1965-1967, questo lavoro è inserito in catalogo con una stima di 25-30.000 euro.
Al lotto 100 troviamo poi un’altra chicca: Composizione (1961-62) di Pinot Gallizio, artista che raramente si vede passare in asta ma sul cui valore artistico credo ci sia poco da dire anche se si tratta di un nome che meriterebbe maggior attenzione e un lavoro di riscoperta. L’opera, proposta da Finarte con una stima di 28-32.000 euro, fu esposta nel 1962 alla Promotrice di Torino in occasione della mostra L’incontro di Torino, pittori d’America, Europa e Giappone curata da Carla Lonzi, Luciano Pistoi e Alberto Ulrich. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un lavoro che precede di pochissimo una svolta significativa che per Gallizio corrisponde a quella degli anni 1962-63 quando la sua pittura si aprì a uno sguardo insieme geologico e cosmico, in cui la sperimentazione materica si traduceva direttamente in invenzione pittorica. Da un punto di vista prettamente mercantile, invece, l’opera in catalogo registra un passaggio in asta nel 2006 da Artcurial a Parigi dove fu battuta per 16.500 euro.
Continuando a scorrere il catalogo, passato un lavoro del 1972 di Antonio Corpora, Follia di Elementi (lotto 103, stima: 20-30.000 euro) si arriva all’opera che si è guadagnata la copertina del catalogo Finarte di questo novembre: un Senza titolo del 1965 a firma di Afro e presentata con una stima di 80-120.000 euro. Si tratta del primo dei top lot dell’asta. Il secondo, è un Senza titolo di Sam Francis del 1991 (lotto 105, stima: 100-150.000 euro). Ma è sul lotto 106 che vorrei soffermarmi un po’ di più: Dadamaino, Volume a moduli sfasati, 1960. Presentato con una stima di 70-90.000 euro, si tratta di un lavoro storico dalla provenienza illustre: è transitato dal MART di Rovereto e oggi proviene dalla collezione del V.A.F. Stiftung. Ma sopratutto ha una data fondamentale nella ricerca dell’artista italiana. E’ nel 1960, infatti, che Dadamaino passa dai “semplici” Volumi degli anni Cinquanta, tele monocromatiche bianche o nere, perforate da buchi ellittici, ai Volumi a moduli sfasati in cui la tela è sostituita da strati di fogli di plastica, normalmente usati per le tende da doccia, forati da una griglia di piccoli buchi e poi intelaiati. Attraverso la sovrapposizione dei fogli di plastica si crea così una nuova dinamica casuale. E la nozione di casualità è proprio ciò che interessa a Dadamaino: «Questo è il discorso che ho seguito per tutta la mia vita – raccontava lei stessa – pensiamo di fare una cosa ma in realtà facciamo quello che davvero vogliamo, il caso entra in gioco e influenza tutti i nostri obiettivi».
Di notevole interesse anche i lotti 124, 125 e 129 con tre opere di Roberto Crippa dei primissimi anni Sessanta che appartengono alla sua produzione successiva alle celebri spirali, quando l’attenzione dell’artista si sposta dal gesto ai materiali, dando vita a dipinti polimaterici ispirati al simbolismo primitivo. I primi esempi di questi nuovi lavori risalgono agli anni Cinquanta e sono caratterizzati dall’uso di metalli e leghe (ferro, bronzo, acciaio) mentre quelli presenti in catalogo appartengono ad una fase successiva, in cui l’artista introduce nell’opera materiali come il sughero, l’amianto, la carta velina e di giornale. Come nel caso di Ara (1960-61), al lotto 125, realizzato con sughero e collage su tavola ed esposto nel 1971 al Palazzo Reale di Milano (stima: 30-40.000 euro).
Molto belli anche il lotti 135 e 136 a firma di Agenore Fabbri. In particolare il lotto 136: Rotture I del 1960 (stima: 18-22.000 euro) che, come l’opera di Dadamaino, dopo un passaggio nella collezione dal MART proviene adesso da quella della V.A.F. Un’opera che testimonia a pieno la capacità di questo artista di raccontare il senso dell’esistenza attraverso l’emozione, l’energia che la materia è in grado di suscitare, introiettando nelle deflagrazioni dei materiali la dimensione problematica e inquieta dell’uomo. Il lavoro, uno dei primi di questo tipo, è realizzato per mezzo di un lavoro di rottura e di sovrapposizione delle superfici. Pratica che rappresenta il suo contributo alla stagione dell’Arte informale che proprio in quegli anni si sviluppa soprattutto in Europa come risposta artistica, di segno astratto e gestuale, alla profonda crisi morale, politica ed ideologica provocata dagli orrori della seconda guerra mondiale.
Facendo un bel salto in avanti nel catalogo, mi piace segnalarvi tra le opere più interessanti che andranno in asta il 9 novembre prossimo alla Permanente di Milano, Musica menta – Musica mare – La musica è bella – Musica madre (1978) di Giuseppe Chiari (lotto 197, stima: 1.500-2.000 euro).
L’immancabile Pop romana…
Da queste opere, che a mio avviso rappresentano le vere chicche dell’asta Finarte del prossimo 9 novembre, passiamo ai lavori appartenenti ai filoni più caldi del momento, almeno sulla piazza nostrana. A cominciare dalla Pop Art romana presente in catalogo con opere a firma di tutti i protagonisti di Piazza del Popolo e tra le quali spiccano due lavori di Mario Schifano entrambi della prima metà degli anni Settanta: Castello (lotto 142, stima: 60-90.000 euro), proveniente dalla collezione dell’Architetto Zanichelli di Guastalla, e Rosso (lotto 149, stima: 36-42.000 euro).
Mentre al lotto 146 troviamo una delle celebri persiane di Tano Festa (Persiana, 1962) che però non vanta una storia di mercato molto felice. Passata in asta ben due volte, infatti, l’opera non è mai stata aggiudicata. Non a caso, nonostante il momento favorevole per la Pop romana, questo lavoro è presentato in catalogo con una stima inferiore rispetto a 10 anni fa quando rimase invenduta da Christie’s. Sempre di Festa, al lotto 152 troviamo uno smalto su tela del 1969: Trafalgar Square che in passato ha fatto parte della collezione Danielle Dutry e oggi proposto in asta con una stima di 15-20.000 euro.
…e il “ritorno” dell’Arte Povera
Oltre alla Pop Art romana il catalogo di Finarte si caratterizza anche per un cospicuo gruppo di opere della cosiddetta Arte Povera. E a dire il vero era un po’ che gli artisti di questo movimento non erano presenti così in massa in un’asta. Tra le opere più pregevoli di questa “sezione”, un Senza titolo di Jannis Kounellis del 1963 presentato al lotto 176 con una stima di 23-27.000 euro.
Mentre al lotto 178 è la volta di Mario Merz con un Senza titolo del 1980 passato da varie collezioni private e acquistato dall’attuale proprietario a Londra nell’asta di Post war and Contemporary Art di Christie’s del 28 giugno 2012 a poco più di 15.000 euro. Oggi torna sul mercato con una stima di 32-38.000 euro, forse un po’ altina visto che l’indice dei prezzi di Merz è attualmente in caduta libera (-46% nell’ultimo anno). Molto bello, infine, il Senza titolo del 1969 a firma di Pier Paolo Calzolari realizzato con sale, piombo e tabacco (lotto 179, stima: 38-42.000 euro).
Focus sulla Pittura Analitica, Isgrò e Valentini
Chiudono l’asta Finarte tre sezioni dedicate alla pittura analitica, a Emilio Isgrò e a Nanni Valentini. Nella prima incontriamo una selezione di opere storiche di Elio Marchegiani, Pino Pinelli, Rodolfo Aricò – si veda il lotto 216: Continuum (1975), stima 40-45.000 euro che potrebbe anche insidiare il record stabilito da Dorotheum a giugno (70.000 euro) – e Giorgio Griffa. Di quest’ultimo sono presenti un Orizzontale del 1974 (lotto 217, stima: 22-25.000) e un Linee Orizzontali del 1975 proveniente dalla Collezione V.A.F. (lotto 218, stima: 25-30.000 euro) che potrebbero tentare di aggiornare l’attuale primato d’asta dell’artista, fissato a 50.000 euro dal 2014.
Dal lotto 233 al 238 Finarte propone un nucleo di lavori di Emilio Isgrò, artista che sta vivendo un momento di grande attenzione da parte del collezionismo non solo italiano. Tra questi, abbiamo un Libro Cancellato del 1964 (lotto 233, stima: 22-28.000 euro) e 4 lavori della metà degli anni Ottanta tratti dal ciclo La veglia di Bach commissionatogli dal Teatro della Scala di Milano in occasione dell’Anno Europeo della Musica (lotto 234, stima: 95-105.000 euro).
A Nanni Valentini è dedicata invece una sezione che va dal lotto 255 al n. 260 e composto prevalentemente da opere della metà degli anni Sessanta, ma l’opera più significativa di questo gruppo è datata 1974: Trasparenza (loto 255, stima: 5-8.000 euro).