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Criptovalute e NFT: un breve vademecum per la dichiarazione dei redditi

del

Il mese di giugno rappresenta da sempre un crocevia importante per le scadenze di natura fiscale, in quanto sono ben 141 scadenze quelle mappate quest’anno dall’agenzia delle Entrate.

Il presente contributo vuole quindi fornire un aiuto al lettore con una breve panoramica riguardo ai principali obblighi dichiarativi a seguito del possesso criptovalute ed NFT.

AI fini fiscali, infatti, le criptovalute sono di norma assimilate alle valute di natura digitale, la cui detenzione può comportare sia un obbligo di indicazione nella dichiarazione dei redditi che la tassazione di eventuali plusvalenze o minusvalenze.

A rendere ancora più incerto il quadro giova rammentare quanto indicato dalla stessa Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n.110 del 10 aprile 2020, vale a dire come allo stato attuale “non esiste una chiara e univoca legislazione in materia di token, che ne permetta una corretta qualificazione e definizione anche ai fini fiscali”.

Il monitoraggio fiscale e la compilazione del quadro RW

Con riferimento agli obblighi di monitoraggio fiscale, l’articolo 4 del decreto-legge n. 167 del 1990 ha previsto per i soggetti che detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi.

Con riferimento alla detenzione di valute virtuali, l’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 788/2021 ha previsto che si ritiene sussistere tale obbligo per le criptovalute in quanto le stesse costituiscono attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia.

In analogia con quanto indicato dai documenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate, i soggetti che possiedono criptovalute (tra cui anche NFT) hanno pertanto l’obbligo di compilazione del quadro RW.

Tuttavia, è bene evidenziare come tale adempimento abbia una finalità meramente informativa in quanto la tassazione delle citate somme avverrà solamente in fase di vendita nonché al superamento delle soglie previste.

La tassazione di eventuali plusvalenze e minusvalenze

La normativa fiscale attualmente vigente prevede all’articolo 67 del Tuir come le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere (tra cui rientrano anche quelle digitali) concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza superi l’ammontare di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui.

Tale soglia di natura quantitativa rappresenta infatti il discrimine tra un soggetto che opera o meno con l’intento speculativo in quanto al sotto di tale franchigia, le operazioni in entrata e uscita dai Wallet saranno da considerarsi fiscalmente irrilevanti.

Pertanto, ai fini della eventuale tassazione del reddito diverso occorre, dunque, verificare la conversione di una data valuta virtuale con altra valuta virtuale oppure di prelievo dal wallet solamente ove la giacenza media abbia superato il controvalore in euro di 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta.

Alla luce di quanto sopra riportato, si ritiene quindi che eventuali prelievi – nei casi di superamento della franchigia – possano dare origine a plusvalenze e minusvalenze mentre al sotto della soglia non vi sono altri obblighi al di fuori del monitoraggio.

Le disposizioni in materia di NFT

In assenza di una disciplina organica che definisca in maniera puntuale i Non Fungible Token all’interno della normativa fiscale, è quindi fondamentale fare affidamento sui pochi documenti di prassi attualmente disponibili.

Sulla base di quanto contenuto nella Risposta n.14 del 28 settembre 2018, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito come l’operazione che concorre alla formazione del reddito risulta essere quella di erogazione del servizio e/o cessione del bene rappresentato dal gettone digitale.

In dettaglio, ai fini fiscali sarà quindi rilevante la corretta qualificazione dell’operazione relativa alla cessione delle opere d’arte. Pertanto, laddove il cedente operi in ambito professionale, la vendita parteciperà fiscalmente alla formazione del reddito imponibile sulla base delle regole ordinarie previste per i redditi di lavoro autonomo o di impresa.

Nel caso invece il soggetto cedente svolga tale operazione in maniera occasionale, si genererà in capo al venditore un reddito di natura occasionale di cui all’articolo 67 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

Infine, nel caso in cui la cessione avvenga da parte di un “collezionista privato”, ossia un soggetto animato da uno spirito culturale, colui che acquista opere d’arte per incrementare la propria collezione e godere della bellezza della sua collezione, gli eventuali incassi con differenziali positivi resterebbero fuori dalla tassazione non avendo “finalità speculativa”.

Tenuto conto della tecnicalità degli argomenti trattati e dei risvolti di natura impositiva, il consiglio è quello di farsi assistere da professionisti di adeguata esperienza al fine di evitare il pagamento di sanzioni piuttosto elevate.

Andrea Savino
Andrea Savino
Andrea Savino (n.1991) è un dottore commercialista e revisore legale di Torino specializzato in diritto e fiscalità internazionale. Membro della commissione economia della cultura del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, già presidente della commissione cultura dell'Unione Nazionale Giovani Dottori commercialisti, nonché membro della Commissione Internazionalizzazione e Fiscalità Internazionale dell’UNGDCEC - Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti e ricercatore dell’Istituto Universitario di Studi Europei (IUSE).
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