Dopo i fuochi d’artificio dell’asta di arte moderna e della prima sessione dedicata al contemporaneo, il Dorotheum di Vienna torna a far parlare di sé il 22 maggio con una seconda tornata altrettanto incisiva. Non un’appendice, ma un contrappunto: la seconda asta di arte contemporanea si presenta come una mappa di traiettorie diverse, a volte laterali, ma non per questo meno potenti.
Il catalogo — stratificato, internazionale, con una vena marcatamente italiana — è un invito alla scoperta, più che alla conferma. Il suo pregio? Sta nella varietà: da nomi celebri a incursioni più rarefatte, da materiali consueti a ibridazioni sorprendenti.
Il poeta meccanico e la pittura inquieta

Tra i pezzi più magnetici, The Head of a Mechanical Poet (1968) di Mikuláš Medek (lotto 475, stima €60.000–90.000) è un’opera che sembra scaturire da un campo di tensioni interiori. Medek, figura seminale dell’avanguardia ceca, costruisce un’immagine che è quasi una reliquia del subconscio. Enigmatica, alchemica, dipinta a Genova in piena contestazione, questa testa meccanica è uno degli snodi concettuali della sua produzione. La tela — firmata, datata e iscritta — sarà inclusa nel prossimo Catalogue Raisonné, segno di un riconoscimento ormai consolidato anche a livello istituzionale.
Italia elettrica: Schifano, Accardi, Vedova

Tra gli italiani, brilla un Mario Schifano di buona epoca: Paesaggio di Pittura (1973, lotto 431, €30.000–40.000). Dipinto su doppio supporto, mescola smalto, pastello e una lastra di Perspex, come a voler costruire un paesaggio non da osservare, ma da attraversare. È un’immagine in movimento, che conferma la vocazione espansa della pittura di Schifano degli anni ’70.
Più intima, ma non meno decisa, Carla Accardi con Avvolgente spirale (2012, lotto 526, €20.000–30.000) lascia parlare la sua scrittura vinilica: segno e spazio si inseguono su una tela che pulsa ancora dell’energia originaria della sua ricerca, a dispetto della datazione recente.

Non poteva mancare Emilio Vedova (lotto 550, Recording ’81 – C.1, stima €25.000–35.000), con una composizione furente, quasi una registrazione sismica della sua gestualità. L’opera è certificata dalla Fondazione e costituisce un’ottima testimonianza del periodo post-informale dell’artista veneziano.
Rarità e frammenti
Spicca per potenza materica l’Untitled, Action Relic di Hermann Nitsch (lotto 494, €30.000–55.000), realizzata nel 1988 su tessuto floreale. Più che un quadro, è una reliquia performativa, impregnato del teatro orgiastico e sacrificale che ha reso celebre il fondatore dell’Azionismo Viennese.

Altra perla del catalogo: un piccolo ma incisivo Jean Dubuffet, Le Verseur de thé (1948, lotto 569, €22.000–28.000), disegnato con pastelli a cera. È un ritorno alle origini brut dell’artista francese, che con ironia e immediatezza ridisegna il quotidiano con gesti infantili ma estremamente controllati.
Poi c’è Tancredi, con un’opera datata 1953 (lotto 543, €24.000–32.000): un’esplosione cromatica su masonite, che porta la firma di un genio inquieto dell’astrattismo lirico italiano.
E per chi cerca oggetti da conversazione più che da parete, c’è il gioiello firmato Giuseppe Capogrossi (lotto 534, €18.000–20.000): una spilla in oro bianco e diamanti, eseguita nel 1972 su disegno originale. Un frammento d’autore, da portare sulla pelle.
Da Ai Weiwei a Sol Lewitt: il contemporaneo collezionabile

Interessante anche la presenza di Ai Weiwei con Vases in Five Colors (2014, lotto 648, €15.000–18.000), una serie di cinque vasi in vetro soffiato prodotti da Berengo Studio a Murano. Sono opere seriali, sì, ma ciascuna reca la firma dell’artista dissidente più visibile del nostro tempo: un perfetto equilibrio tra tradizione artigiana e critica politica.
Chiude la selezione una piccola gouache di Sol Lewitt (lotto 626, €6.000–8.000): astratta, metodica, ma viva — come spesso capita nei lavori su carta dell’artista americano.
Il catalogo che non ti aspetti
A completare il quadro, opere di Alberto Burri, Afro, Tano Festa, Vanessa Beecroft, Martha Jungwirth, Gio Pomodoro, Luigi Ghirri, Karel Appel e Agostino Bonalumi: non comparse, ma presenze solide che rafforzano l’identità della proposta Dorotheum.
Questa seconda asta del 22 maggio non è una semplice “seconda parte”, ma una sezione autonoma, ricca di spunti e di narrazioni trasversali. Un’occasione per collezionisti e advisor di esplorare direzioni meno scontate, e magari scoprire la prossima gemma da inserire in collezione.