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Igor Campagnolo e i favolosi anni ’60

del

Ho deciso di inaugurare questa rubrica sul collezionismo con una storia di speranza. Infatti, la passione per l’arte del giovane Igor Campagnolo è una luce proiettata nel futuro. Fin da quando l’ho incontrato la prima volta, qualche anno fa, mi è rimasto impresso per la sua seria dedizione al contemporaneo, accompagnata da tenacia ed entusiasmo nell’ascoltare e accogliere ciò che ogni opera d’arte racconta. Igor mi ha parlato di quella volta in cui è diventato un collezionista. Quella che mi ha raccontato è (anche) una storia d’amore.

Alice Traforti: Nell’immaginario collettivo, quando si pensa alla figura tipo del collezionista, si immagina generalmente una persona di una certa età e con un certo benessere che può assecondare la propria passione per l’arte. Tu sei molto giovane, invece. Vuoi raccontarci come e quando hai iniziato a collezionare?

Igor Campagnolo: «Fin da bambino ero attratto da tutto quello che poteva rappresentare una forma d’arte. La Natura in primis, che mi ha sempre appassionato moltissimo con i suoi colori e le sue forme che le donano un equilibrio sempre perfetto. Ad oggi, penso sempre e comunque che sia la più alta forma d’arte. Crescendo, poi, ho cominciato a vedere che l’uomo poteva interagire con essa, integrandola con forme artificiali che tantissime volte si sposavano in maniera molto efficace. Già alle scuole medie, avevo una gran passione per le Ville Venete e i loro giardini, che nella mia regione di certo non mancano. Poi è stato il turno delle chiese antiche e, soprattutto, dei tanti dipinti interni che esse contenevano. Penso che lo start sia stato questo. Il colpo di fulmine è però arrivato quando mio papà (anche lui appassionato) mi ha portato per la prima volta dentro una piccola galleria d’arte moderna e contemporanea in provincia di Treviso, una ventina d’anni fa. Mi sono reso conto che quel tipo d’arte era la massima espressione della fantasia umana, e soprattutto non aveva limiti. Abbiamo preso un piccolo Bonalumi, che al tempo costava davvero molto poco. Mio papà passava dall’arte figurativa all’arte minimalista monocromatica, io invece feci direttamente il grande salto».

A.T.: Ricordi le sensazioni della tua “prima volta”?

I.C.: «La mia vera “prima volta” è arrivata comunque dopo un po’ di anni e un bel po’ di sacrifici. Mi comprai un’opera di Getulio Alviani, alluminio su laminato blu. Non ci dormivo la notte, me la guardavo e riguardavo con i suoi effetti optical che la mettevano sempre in movimento. Quel geniaccio di Alviani mi fece innamorare dell’Arte Cinetica. Soprattutto mi dava una sensazione di serenità… non ho ancora capito bene il perché, ma il bello dell’arte contemporanea è anche questo: nasconde sempre qualcosa di misterioso».

A.T.: Cosa vedi e che cosa ti aspetti dall’arte contemporanea? Motivazioni, speranze, finalità o sogni che ti spingono a investire tempo libero e risorse nell’arte.

I.C.: «L’arte contemporanea mi appaga, mi fa sentire bene anche fisicamente. E poi, se si sta attenti, se la si studia da anni, rappresenta anche un’ottima forma di investimento, anche se secondo me quello deve essere solo “un effetto collaterale” o un premio per il tempo che hai dedicato a lei. Vedo troppa gente improvvisata che si butta in questo settore senza passione o senza “quel qualcosa dentro” e ne esce con le ossa rotte (giustamente). Continuo a credere che l’arte contemporanea italiana degli anni 50-60 sia fra le top a livello mondiale, e il resto del mondo ha iniziato a scoprirlo da poco tempo. Come il design italiano di quel periodo: non ha avuto e non avrà mai eguali. Per questo penso siano gli anni migliori su cui investire, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista del “cuore”».

A.T.: Vuoi parlarci di un pezzo in particolare e aiutarci a capire perché l’hai scelto fra le molte proposte sul mercato?

I.C.: «Un’opera alla quale sono particolarmente affezionato è un quadro di Mario Deluigi. Si tratta di un grattage, cioè una tecnica che consiste nell’eseguire piccoli graffi su tutta la superficie colorata del quadro con un risultato sorprendente. Sembra che dalla tela esca e si liberi una luce posta dietro l’opera stessa. Dal punto di vista estetico penso sia un lavoro bellissimo, fra i più belli che abbia mai avuto.

Mario Deluigi
Mario Deluigi

Artista ancora molto sottovalutato, Deluigi è stato nel ’51 fondatore del movimento spazialista, addirittura molti lo ritengono precursore di Lucio Fontana. Di storia ne ha da vendere. Per anni dimenticato, ultimamente sta avendo una bella riscoperta, con quotazioni in continua ascesa. Dunque pittore storico, esteticamente meraviglioso e concettuale… cosa si può volere di più?».

A.T.: Vorresti consigliare qualcosa a chi si avvicina al collezionismo oggi?

I.C.: «A chi si avvicina a questo splendido mondo oggi, e vuole iniziare a collezionare, io consiglierei di prendere in considerazione un artista del gruppo GRAV, come ad esempio Joël Stein, Garcia Rossi, o Demarco. Artisti di caratura internazionale, storicizzati, molto efficaci esteticamente e con quotazioni ancora alquanto modeste.Ti porti a casa una bella opera al minimo rischio.

Joël Stein
Joël Stein

Infine, il consiglio più importante: prendere un’opera che “senti dentro”, che ti faccia pensare spesso a lei anche quando non ce l’hai davanti e che quando la vedi ti faccia star bene… praticamente deve farti innamorare!».

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Vi avevo mezzi avvisati che qui si parlava d’amore, vero?

Anche il collezionista, come l’innamorato, può essere spinto da un impulso irrazionale che porta a compiere gesti (e acquisti) che sembrano incomprensibili a chi ne è immune. Dal punto di vista finanziario, invece, ha a che fare con un mercato fatto di tradizionali compra-vendite e investimenti che rispondono a precise leggi proprie, spesso non del tutto note al collezionista stesso, ma non ha sempre importanza. Quel che conta è la domanda. Una domanda che è una ricerca individuale e personalissima, intima, non sempre immediatamente palese, a cui risponde un’offerta artistica pronta ad appagare animi di qualsivoglia tipo. Il tutto soppesato con una misura adeguata: la cultura. E i soldi.

Già, un altro dettaglio importante, mica si vive di solo pane o d’aria, ma non si è forse disposti a qualche sacrificio… per amore?

[…] l’amor che move il sole e l’altre stelle. (Dante Alighieri)

Infine, un sentito ringraziamento a Igor Campagnolo, che con queste sue parole possa ispirare il pensiero di tanti.

 

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