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Il valore della conservazione

del

E se conservare correttamente la propria collezione pesasse in maniera evidente sul valore delle opere che circolano sul mercato? Ebbene, è già così.

Sappiamo bene che non esiste un vero e proprio modo universale per quotare le opere d’arte. Avere una collezione non è certamente come possedere appartamenti. Mancano linee guida precise, coefficienti stabili di valutazione e spesso c’è anche confusione intorno a ciò che riguarda le terminologie. Certo per ogni dipinto, scultura o installazione che sia esistono dati che spostano le quotazioni: l’autore influisce notevolmente, i risultati delle vendite passate hanno un peso specifico non da poco e anche la citazione da parte di critici importanti gioca un ruolo da non sottovalutare.

Accanto a questo, possiamo anche dire che esiste una legge non scritta, una sorta di decalogo del buon collezionista, che suggerisce che per acquistare in sicurezza sarebbe buona norma avere una serie di informazioni generali che aiutano a valutare correttamente il pezzo: attribuzione certa, epoca e/o data di realizzazione, provenienza, bibliografia e presenze in cataloghi, dimensioni, stato di conservazione.

Ecco, la condizione fisica dell’opera si guadagna un suo spazio.

E proprio per questo, capita spesso che prima di procedere con un acquisto importante, alcuni collezionisti chiedano l’intervento di un restauratore e di quella che in gergo viene chiamata due diligence. E di cosa si tratta? Letteralmente “dovuta diligenza”, cioè il valutare l’opportunità e la convenienza di una determinata transizione, confermarne o smentirne il valore di partenza.

Nel caso delle opere d’arte il restauratore esegue un’analisi conservativa, studia lo stato dei materiali compositivi ed eventualmente, in caso di necessità, ne individua la tecnica esecutiva per poi determinare una spesa massima e una spesa minima entro cui potersi muovere senza commettere errori.

Il valore di un’opera aumenta, poi, se insieme a questa viaggia un dossier completo sulla vita dell’oggetto: ricerche storiche, restauri eseguiti, analisi diagnostiche condotte, condizioni ambientali in cui l’opera è stata mantenuta, mostre a cui ha partecipato e relativi condition report. Tutto ciò permette di determinare precisamente – quasi scientificamente – lo stato conservativo e quindi la stabilità di quell’opera, aumentandone naturalmente il valore.

D’altra parte “più documentazione, più valore” è un assioma già validato da case d’asta, gallerie e dagli stessi archivi di artista, per i quali avere il materiale documentale ben sistematizzato, raccolto e gestito da un’istituzione ha portato in alcuni casi a migliorare addirittura la reputazione dell’artista stesso.

Probabilmente l’esempio più famoso di documentazione che ha accresciuto il valore di un’opera è il caso del dipinto di Giacomo Balla, La città che avanza (1942) messo in asta da Il Ponte nel 2021 per circa 20.000 €, ma battuto poi a più di 50 grazie al ritrovamento di una foto che ritrae l’artista mentre lo dipinge.

La documentazione di un’opera è il suo corredo nuziale. È importante e va raccolta, curata con un certo criterio. Spesso si pensa che non valga la pena, dato che in molti collezionano per sé; si immagina di potersi dedicare all’attività di raccolta delle informazioni in un secondo momento, magari in occasione di una vendita pianificata.

È però molto difficile costruire un apparato documentale a ritroso, servirebbe il tempo e la capacità di un esperto archivista. O magari un investigatore.

Inoltre, in caso di danni accidentali o di un’emergenza conservativa, avere una buona documentazione a supporto aiuta il restauratore a poter intervenire nella maniera meno invasiva e più corretta possibile. 

Individuata la questione, cerchiamo quindi di fornire delle soluzioni.

Esistono molti modi per essere collezionisti documentatori, dagli archivi cartacei ai database. Oggi certamente il digitale viene in aiuto, semplifica certe procedure, le rende meno costose e più sicure; permette ad ogni collezionista di sistemare le informazioni in maniera ordinata e averle sempre con sé, sul proprio smartphone e sul computer.

Francesca Gasparetto
Francesca Gasparetto
Restauratrice-conservatrice di formazione con una passione per il data management e la documentazione digitale delle collezioni d'arte. E’ autrice di diverse pubblicazioni scientifiche sul tema della documentazione per la conservazione del Patrimonio. Collabora con l’Università degli Studi di Urbino nell'ambito di progetti internazionali sul tema della conservazione del Patrimonio e tiene un corso sulla documentazione digitale. E’ co-fondatrice della start-up arturo, società che si occupa di conservazione e documentazione delle collezioni d’arte.

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