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Imprese culturali tra vecchi paradigmi e nuove sfide

del

La misurazione del valore sia economico che sociale della filiera culturale da sempre rappresenta un argomento piuttosto dibattuto sia dagli addetti a lavori che da semplici appassionati. 

Nello specifico la centralità della cultura come motore di innovazione sociale ed economica è alla base del report “Io sono Cultura giunto alla sua XIV edizione presentato lo scorso 19 settembre.

A ben vedere infatti le implicazioni economiche non sono l’unico aspetto significativo della cultura che, anche quando è gratuita e non produce un impatto economico immediato, genera comunque impatti indiretti ancor più significativi: contribuisce al benessere fisico e mentale e aumenta la capacità di metabolizzare atteggiamenti innovativi.

Partendo dai numeri in Italia nelle filiere culturali e creative lavorano oltre 1,5 mln di persone che generano un controvalore di 104,3 miliardi di euro (in aumento del +5,5% rispetto all’anno precedente e del +12,7% rispetto al 2019).

La principale caratteristica è quella della grande varietà dei soggetti che operano con quasi 284 mila imprese (in crescita del +3,1% rispetto al 2022) e più di 33 mila organizzazioni non-profit che si occupano di cultura e creatività (il 9,3% del totale delle organizzazioni attive nel settore non-profit), le quali impiegano più di 22.700 tra dipendenti, interinali ed esterni (il 2,4% del totale delle risorse umane retribuite operanti nell’intero universo del non-profit).

Con il presente contributo si prova ad analizzare la situazione attuale anche sulla base dei dati contenuti nel report “Io sono Cultura” al fine di comprendere quali possano essere gli scenari futuri.

Il valore generato delle imprese culturali

Per comprendere il valore anche strategico del settore culturale occorre evidenziare come per ogni euro di valore aggiunto prodotto dalle attività culturali e creative se ne attivano altri 1,8 in settori economici diversi, come quello turistico e dei trasporti, per un valore pari a 192,6 miliardi di euro. 

Pertanto, cultura e creatività, in maniera diretta o indiretta, generano complessivamente un valore aggiunto per circa 296,9 miliardi di euro.

Tuttavia, i suddetti valori stridono con la quartultima posizione dell’Italia in Europa per la spesa culturale: nel nostro paese, infatti, a fronte della media europea pari a 1,1% del PIL, l’Italia destina al settore solo lo 0,8%(peggio fanno solo Irlanda, Bulgaria e Cipro) con un valore rimasto pressoché invariato dal 2016 al 2022, con un lieve aumento nel 2021 (0,9%), per poi ritornare ai livelli precedenti.

In aggiunta, giova evidenziare come il comparto sia caratterizzato da forme di lavoro atipiche, lavori secondari, competenze difficilmente ascrivibili a una singola categoria: il lavoro culturale e creativo è sempre più complesso da imbrigliare in definizioni rigide e classificazioni statistiche.

Ad esempio, la creazione del registro delle imprese culturali e creative potrebbe essere un primo passo per la produzione di statistiche più precise ed esaustive di settore, a patto che venga sviluppato secondo criteri di qualità statistica. 

La disponibilità di dati più accurati può rappresentare sicuramente uno strumento utile anche al legislatore per implementare delle politiche culturali più mirate ed efficaci.

Le sfide per il futuro: la sostenibilità e l’intelligenza artificiale

Il futuro per le imprese culturali sarà caratterizzato da due tematiche significative: una maggiore attenzione alle tematiche ambientali e l’impatto dell’intelligenza artificiale.

L’impatto significativo dell’intelligenza artificiale ha obbligato il Parlamento Europeo ad approvare il primo regolamento sull’intelligenza artificiale, entrato poi in vigore lo scorso giugno. 

Probabilmente uno dei dispositivi legislativi più rilevanti di questa legislatura; un traguardo importante, raggiunto dopo un lungo lavoro alla ricerca del giusto equilibrio tra protezione dei diritti e delle libertà fondamentali e sostegno all’innovazione. 

L’intelligenza artificiale, nelle sue diverse forme, può offrire strumenti innovativi per sostenere i settori culturali; tuttavia, per proteggere i mezzi di sussistenza degli autori europei e dei detentori dei diritti delle opere, è essenziale che tutti i sistemi di intelligenza artificiale resi disponibili nell’UE siano conformi al quadro giuridico sul diritto d’autore vigente in Europa.

Anche dal punto di vista della sostenibilità, le istituzioni culturali stanno facendo sempre utilizzo di applicativi basati sull’AI che aiutano le istituzioni culturali a tenere sotto controllo i loro consumi.

Nello specifico il Museo Guggenheim Bilbao (Spagna) utilizza un cruscotto energetico per visualizzare i dati sui consumi energetici in tempo reale mentre il Museo Van Gogh di Amsterdam (Paesi Bassi) impiega un sistema di illuminazione intelligente basato su un modello di AI che regola la luminosità in base alla luce naturale presente, consentendo una riduzione del consumo di energia del 20%.

Il futuro quindi delle imprese culturali potrà essere positivo, a patto di riuscire ad adattarsi ai cambiamenti che una società come quella attuale richiede essere sempre più repentini.

Andrea Savino
Andrea Savino
Andrea Savino (n.1991) è un dottore commercialista e revisore legale di Torino specializzato in diritto e fiscalità internazionale. Membro della commissione economia della cultura del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, già presidente della commissione cultura dell'Unione Nazionale Giovani Dottori commercialisti, nonché membro della Commissione Internazionalizzazione e Fiscalità Internazionale dell’UNGDCEC - Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti e ricercatore dell’Istituto Universitario di Studi Europei (IUSE).

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