Antichi Tesori dall’Italia – Ancient treasures from Italy è il titolo della mostra inaugurata lo scorso 15 dicembre a New York, presso il Consolato Generale d’Italia e l’Istituto Italiano di Cultura, dove sono stati esposti 40 tra i circa 200 reperti trafugati dall’Italia, recuperati dal Manhattan District Attorney’s Office in cooperazione con il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, prima di essere restituiti al nostro Paese.
Tra i pezzi trovati vi sono alcuni beni di epoca etrusca, greca e romana dal valore inestimabile; tali tesori rappresentano una (piccola) parte degli oltre tre milioni di beni culturali illecitamente sottratti al nostro Paese che sono stati recuperati, dal 1969 ad oggi, dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, il corpo specializzato preposto che quotidianamente contrasta un fenomeno tutt’ora diffuso e che spesso vede coinvolti come vittime personaggi facoltosi ed celebri, da ultimo Kim Kardashian che sarebbe risultata l’ignara acquirente di uno dei beni oggetto della mostra.
Tuttavia, non tutti i beni di (potenziale) interesse culturale per il nostro paese detenuti all’estero sono stati illecitamente portati fuori dall’Italia; anzi, molti beni sono invece lecitamente detenuti nei singoli stati stranieri dai loro proprietari, i quali – per le più diverse ragioni – potrebbero però avere interesse a portarli in Italia e ad assicurarsi che, una volta nel nostro paese, non rimangano soggetti alla tutela, ma anche ai limiti, previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (di seguito, solo il “Codice”). Il Codice, del resto, disciplina tale fattispecie.
Come il nostro ordinamento disciplina l’importazione in Italia di un bene che presenti interesse culturale?
L’articolo 72 del Codice prevede che l’ingresso dall’estero in Italia di determinati beni che presentino interesse culturale possa essere certificato dall’ufficio di esportazione; si tratta di quei beni per i quali, a contrario, se si trovassero in Italia, andrebbe richiesta autorizzazione per l’esportazione (ai sensi dell’articolo 65, co. 3 del Codice) ovvero:
- tutte le cose, a chiunque appartenenti, che presentino interesse culturale, siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, il cui valore sia superiore ad euro 13.500 (soglia di valore non si applica a reperti archeologici, frammenti risultanti dallo smembramento di monumenti, archivi, incunaboli e manoscritti);
- gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che presentino interesse culturale;
- (a) le fotografie, con relativi negativi e matrici, gli esemplari di opere cinematografiche, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, le documentazioni di manifestazioni, sonore o verbali, comunque realizzate, la cui produzione risalga ad oltre venticinque anni; (b) i mezzi di trasporto aventi più di settantacinque anni; (c) i beni e gli strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica aventi più di cinquanta anni.
Come viene attestata l’importazione?
L’origine estera del bene viene attestata dalc.d. CAI, Certificato di avvenuta importazione, se i beni provengono da un paese extra UE, o dal c.d. CAS, Certificato di avvenuta spedizione, se i beni provengono da un paese membro dall’Unione Europea, una certificazione basata su evidenze di natura oggettiva, che attestino le provenienza estera del bene (fatture d’acquisto, verbali di aggiudicazione all’asta, contratti di vendita in caso di cessione tra privati, atti testamentari in caso di acquisto mortis causa), e rilasciata dall’ufficio di esportazione sulla (sola) base della descrizione dell’oggetto resa dall’importatore al momento della richiesta (di seguito, solo il “Certificato”); in ciò si differenzia sostanzialmente, oltre che formalmente, dalla licenza di esportazione, concessa per l’uscita dei beni dal territorio nazionale, che implica invece una valutazione circa la qualità culturale del bene in questione.
Come richiedere il Certificato per l’importazione?
La domanda per il rilascio del Certificato può essere presentata on-line sul Sistema informativo degli Uffici Esportazione (SUE), previa registrazione, sia dal proprietario che dal possessore o dal detentore del bene per conto del proprietario (di solito se ne occupa l’importatore).
La procedura prevede l’inserimento del tipo di certificato/autorizzazione che si intende richiedere e successivamente il caricamento, attraverso la compilazione di una scheda, di tutte le informazioni relative al bene oggetto dell’importazione (quali ad es. definizione del bene in questione; quantità di beni eterogenei; descrizione dettagliata del bene; formato; misure; materia e tecnica; valore dichiarato in euro; datazione; stato di conservazione; autore; provenienza; soggetto; principali notizie storico-artistiche riguardanti il bene; numero di catalogo; mostre; bibliografia; ecc.); non sono tuttavia ritenuti idonei gli atti di notorietà o le dichiarazioni sostitutive rese dagli interessati. Infine, è necessario caricare delle fotografie e allegare tutta la documentazione ulteriore necessaria per avvalorare tale richiesta, che varia a seconda che il paese terzo sottoponga a controllo o meno l’esportazione della cosa. Nel primo caso sarà necessario corredare la richiesta con la licenza di esportazione rilasciata dal paese d’origine, nel secondo caso invece sarà sufficiente un documento doganale cha attesti il passaggio alla frontiera. L’ufficio potrà inoltre chiedere di integrare la richiesta con tutte le particolarità descrittive che l’importatore abbia tralasciato o che risultino necessarie per identificare le cose importate.
Completata la richiesta e ricorrendone i presupposti il Certificato viene rilasciato entro 40 giorni, salvo proroghe per verifiche sull’attendibilità della documentazione presentata o circa la provenienza del bene.
Quanto tempo dura il Certificato e cosa succede se scade?
Il Certificato ha una validità di 5 anni ed è prorogabile più volte (entra 60 giorni dalla scadenza del certificato in corso di validità); la mancata proroga porta alla naturale scadenza del certificato che comporta la “nazionalizzazione” del bene e quindi la sua assoggettabilità al controllo su eventuali esportazioni.
Quali limiti presenta il Certificato?
Il titolare di un bene oggetto del Certificato deve prestare attenzione in caso di movimentazioni che comportino l’uscita da territorio italiano. Infatti, il Certificato tutela il bene dall’apposizione di eventuali vincoli e permette la riesportazione all’estero, ma anche tali trasporti sono subordinati al rilascio di una licenza di esportazione o di un attestato di libera circolazione cosiddetti “a scarico”, che si differenziano da licenze e attestati ordinari. Tali documenti “a scarico”, dal momento che vengono rilasciati solo in base a un controllo formale circa la validità del Certificato e la corrispondenza del bene per cui è rilasciato al bene che si intende far uscire dall’Italia, non rappresentano un lascia passare per far entrare e uscire tale bene dal territorio nazionale. E sarà dunque necessario richiedere un nuovo certificato, qualora si intenda reimportare il bene in Italia.
È possibile richiedere il Certificato per un bene acquistato all’estero e per cui siano stati già rilasciati una licenza di esportazione o un attestato di libera circolazione ordinari?
Se tali documenti sono ancora validi, il nuovo proprietario – qualora intenda reimportare il bene in Italia – non dovrà chiedere il Certificato. Infatti, se per tale opera è stata concessa una licenza di esportazione (o un attestato di libera circolazione) significa che il bene è stato ritenuto privo della rilevanza culturale necessaria per essere ascritto al patrimonio nazionale e pertanto, per la durata di validità di tale autorizzazione, non è assoggettabile alle disposizioni del Codice. Quindi il nuovo proprietario dovrà attendere la naturale scadenza della licenza prima di richiedere il rilascio del Certificato.
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La richiesta del Certificato non è obbligatoria, ma particolarmente opportuna in quanto i beni importati e provvisti di tale Certificato sono sottratti all’applicazione della normativa del Codice, pur trovandosi in Italia,e pertanto non sono soggetti a tutela, e limitazioni, da parte dello Stato italiano (e quindi anche alla spada di Damocle di un eventuale vincolo che ne potrebbe limitare la circolazione e, in alcuni casi, addirittura pregiudicare il valore economico in caso di successive valorizzazioni).
Articolo a cura di Gilberto Cavagna di Gualdana e Sofia Kaufmann