Una collezione cresciuta nel tempo, anno dopo anno, missione dopo missione. Così si è costruita la raccolta di oggetti africani del museo dei missionari comboniani di Verona, che oggi conta più di tremila pezzi.
Proprio a Verona l’istituto religioso fondato da Monsignor Daniele Comboni aveva la Casa Madre, cioè il luogo in cui i padri missionari si formavano per poi partire e, solo dopo una lunga permanenza, fare ritorno con un bagaglio di esperienza e non solo.
Dai viaggi in Africa tornavano con testimonianze fisiche della loro attività, oggetti che parlavano della vita quotidiana dell’altro continente e che mostravano così ai sostenitori e fedeli cosa succedeva a molti chilometri di distanza, nei villaggi in cui avevano vissuto negli ultimi mesi e anni.
La collezione del Museo Africano di Verona nasce intorno agli anni Trenta del Novecento, con l’esigenza di mettere in ordine e mettere a sistema tutte le testimonianze che rientravano in Italia. Così ad ogni oggetto, dato che non rappresentava solo l’estetica dell’artigianato locale, è stata associata una scheda di archivio in cui in alcuni casi veniva addirittura annotato anche il nome della persona da cui si era acquistato o ricevuto in dono, per quale ragione, in quale contesto.
Ne esce così una vera e propria trama relazionale, che racconta storia ed evoluzione del movimento missionario in genere, ma soprattutto dimostra l’importanza della condivisione, tema centrale per l’intero gruppo religioso.
Ascoltare le parole di Padre Pietro Ciucciulla e Alberta Dal Cortivo ci aiuta a capire come può essere attuale una collezione come quella che hanno ricevuto in eredità, come si può renderla attiva e aperta, in totale dialogo con la contemporaneità grazie a soluzioni digitali per una fruizione più fresca e progetti ancora da sviluppare, che aspettano il momento giusto per essere realizzati.