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L’arte contemporanea e il restauro: una questione di Diritto

del

Il Collezionista che decide di far restaurare una delle opere presenti nella sua raccolta è spinto, in linea di massima, sia da ragioni di carattere estetico che economico. La decisione, però, se riguarda opere d’arte contemporanea, può comportare alcuni problemi se non presa con le dovute precauzioni.

Simone Morabito
Avv. Simone Morabito (BusinessJus)

Già Cesare Brandi, padre del restauro moderno, definiva questa attività come un vero e proprio esercizio critico che si inserisce nel percorso di riconoscimento di un’opera d’arte intesa come intero e non come insieme delle sue parti. Una concezione che porta ad una definizione di restauro basata su due principi fondamentali: si restaura solo la materia dell’opera d’arte; il restauro deve mirare al ristabilimento della unità potenziale dell’opera d’arte, purché ciò sia possibile senza commettere un falso artistico o un falso storico, e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell’opera d’arte nel tempo. Principi dai quali si capisce subito la problematicità del rapporto tra restauro e arte contemporanea. Come ha scritto Valentina Grillo, infatti, «la produzione artistica del ‘900 ha messo in discussione il concetto di “durata” con cui l’opera d’arte si restituisce al nostro tempo e alla nostra percezione, l’idea di eternità che l’arte classica ci ha tramandato, e il modello stesso d’intervento conservativo». Come deve comportarsi e quali rischi corre, allora, un collezionista di arte contemporanea che volesse far restaurare una delle sue opere. Ne abbiamo parlato con l’Avvocato torinese Simone Morabito, esperto di diritto dell’arte.

Nicola Maggi: Come cambia il compito del Restauratore quando “sotto i ferri” si trova un’opera d’arte contemporanea?

Simone Morabito: «L’articolo 29 del Codice dei beni culturali e del paesaggio individua la finalità del restauro nell’intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. La norma indica la finalità dell’attività di restauro ossia la preservazione del bene che ne è oggetto, preservazione tuttavia che si manifesta ambivalente: da una parte intrinseca, cioè volta al recupero e alla conservazione materiale del bene medesimo, dall’altra estrinseca, in quanto finalizzata alla salvaguardia e alla comunicazione dei valori culturali propri dell’opera.
Come noto, l’arte contemporanea si manifesta come uno stravolgimento delle consuete categorie dell’arte classica. Le nuove manifestazioni implicano tipologie innovative, quadri scolpiti, sculture dipinte,  performance, frattali, sviluppandosi senza un definito limite. L’uso dei materiali e dell’idea di perpetuità viene pertanto trasformato, di conseguenza anche la tipologia dell’intervento conservativo ha seguito tale trasformazione.
Spesso avviene che l’opera d’arte contemporanea sia di natura concettuale e vocata all’effimero: ciò può tradursi nell’adozione di materiali deperibili. Per questa ragione, il restauro nel passato interveniva, nell’opera d’arte antica, su abrasioni, alterazioni del colore, bruciature come segnali inconfondibili di alterazione; ora, si deve confrontare criticamente con una materia che nasce già usurata. E forse non può che rimanere tale. La finalità rimane quella delineata dalla norma, ma cambiano quindi le modalità d’intervento: questa è la sfida del restauratore».

N.M.: Gli artisti, è noto, raramente gradiscono gli interventi di altri sul proprio lavoro. Possono quindi opporsi anche al restauro da parte di un privato che l’abbia regolarmente acquistato?

S.M.: «Il disposto dell’articolo 20 della legge sul diritto d’autore stabilisce che indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica dell’opera ed anche dopo la cessione dei diritti stessi, l’autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione.
Tuttavia, nelle opere dell’architettura l’autore non può opporsi alle modificazioni che si rendessero necessarie nel corso della realizzazione. Non potrà nemmeno opporsi a quelle altre modificazioni che si rendesse necessario apportare all’opera già realizzata. Però, se all’opera sia riconosciuto dalla competente autorità statale importante carattere artistico, spetteranno all’autore lo studio e l’attuazione di tali modificazioni.
D’altra parte, l’autore può dolersi del mancato restauro e richiedere che il proprietario dell’opera non la esibisca, finché la stessa non sarà sottoposta a restauro, limitandone l’utilizzo e ponendo un peso che grava sul titolare del  diritto di proprietà e così imponendogli una prestazione accessoria».

Il restauro di opera d'arte contemporanea
Il restauro di opera d’arte contemporanea

N.M.: Ma quali diritti acquisita, dunque, il privato che compra un’opera e quali rimangono all’artista e agli eventuali suoi eredi?

S.M.: «L’autore ha il diritto esclusivo di utilizzazione economica (patrimoniale) dell’opera in ogni sua forma e modo, originale o derivato, ed è il solo titolare dei relativi diritti morali sull’opera a difesa della sua personalità. L’ordinamento garantisce all’autore una serie di diritti patrimoniali, che si presentano come diritti esclusivi e che vengono riconosciuti come diritti a titolo originario. Tali diritti, sono il diritto di riproduzione in più esemplari dell’opera, il diritto di trascrizione dell’opera orale; il diritto di esecuzione, rappresentazione e recitazione in pubblico dell’opera; il diritto di comunicazione dell’opera; il diritto di distribuzione dell’opera; il diritto di elaborazione, traduzione e di  pubblicazione delle opere in raccolta; il diritto di noleggio.
I diritti di utilizzazione economica relativi all’opera sono disponibili e possono pertanto essere oggetto di cessione nei confronti di soggetti terzi, per atto tra vivi o per causa di morte, a differenza di quelli morali che sono imprescrittibili. Durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno dopo la sua morte.
L’acquirente dell’opera d’arte può acquistare tutti o una parte dei diritti di utilizzazione economica essendo tali diritti tra loro indipendenti, pertanto essi possono essere acquistati ed esercitati in modo da non escludere l’esercizio di ciascuno degli altri. Da un punto di vista concreto, tuttavia, si registra ancora, nelle transazioni aventi ad oggetto le opere d’arte contemporanee, la frequente mancata adozione di idonei strumenti giuridici a tutela dei  diritti dei soggetti coinvolti e questo rende difficile delineare quali diritti vengono a essere ceduti».

N.M.: Un privato che faccia restaurare un’opera contro il volere dell’artista cosa rischia? L’opera potrebbe perdere di valore?

S.M.: «Rischia che l’autore si opponga e si attivi per il risarcimento dei danni derivanti da qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, e da ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione. L’opera potrebbe perdere di valore anche se le finalità dell’attività di preservazione non sono raggiunte. Tuttavia i parametri per valutare il valore di un’opera restano molteplici».

N.M.: Quindi, un Collezionista che al momento dell’acquisto si accorgesse che sull’opera che sta per comprare sono presenti interventi di restauro, come potrebbe tutelarsi da eventuali svalutazioni dell’opera?

S.M. «Al fine di assicurare l’opera durante questa delicata fase potrebbe essere consigliabile concludere una polizza assicurativa a protezione delle opere d’arte.  La polizza, in particolare, dovrebbe coprire gli eventuali danni subiti dall’opera in fase di restauro, comprendendo altresì la riparazione, il ripristino o la sostituzione della parte danneggiata, indicando una somma a garanzia del deprezzamento dell’opera assicurata. In particolare, la polizza dovrà individuare anche i  sinistri dai quali assicurarsi: laddove si sia in presenza di un’installazione, la polizza dovrà prevedere una copertura anche per il caso di furto per il periodo in cui l’opera resta nella disponibilità del restauratore.
La polizza assicurativa dovrà essere sempre contrattata, al fine di evitare polizze omnicomprensive che ad ogni buon conto non individuino, però,  né la protezione né il  quantum oggetto di tale protezione. Al momento della conclusione della polizza, è rilevante l’individuazione della stima dell’opera: tale adempimento  rappresenta una cautela contrattuale imprescindibile nella fase di restauro, in quanto, in caso di sinistro, la compagnia sarà chiamata a liquidare un determinato valore che potrebbe anche non tenere conto dell’aumento intervenuto, nel frattempo, proprio grazie all’attività di restauro».

 

L’Avv. Simone Morabito è Presidente del network internazionale BusinessJus, nato da un’idea torinese e sviluppatosi attraverso la collaborazione di professionisti italiani e stranieri, si pone come un punto di osservazione dei cambiamenti che regolano il mondo dell’impresa nei suoi differenti aspetti, nonché come luogo d’incontro per analizzare le necessità che ne derivano, attraverso un approccio tecnico ma al tempo stesso pratico. www.businessjus.com

© Riproduzione riservata

 

Nicola Maggi
Nicola Maggi
Giornalista professionista e storico della critica d'arte, Nicola Maggi (n. 1975) è l'ideatore e fondatore di Collezione da Tiffany il primo blog italiano dedicato al mercato e al collezionismo d’arte contemporanea. In passato ha collaborato con varie testate di settore per le quali si è occupato di mercato dell'arte e di economia della cultura. Nel 2019 e 2020 ha collaborato al Report “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione” di Deloitte Private. Autore di vari saggi su arte e critica in Italia tra Ottocento e Novecento, ha recentemente pubblicato la guida “Comprare arte” dedicata a chi vuole iniziare a collezionare.
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