In epoca Covid19, per la ripartenza del settore artistico e dell’impresa servono nuovi modelli di cooperazione che facciano leva su sostenibilità e innovazione.
In quest’ottica, 21 autori offrono direzioni inedite nel nuovo volume edito da Postmediabooks e curato da Giulia Pordd, docente, architetto e imprenditrice: L’impatto dell’arte. Ricerche sul contemporaneo e strategie d’impresa.
Il testo si pone come una riflessione articolata in cui punti di vista differenti offrono possibili interpretazioni di sviluppo di organizzazioni culturali, circuiti indipendenti, istituzioni, industrie creative e imprese.
La relazione tra l’ambito della ricerca artistica e le logiche dell’impresa costituisce la base di partenza per indagare le opportunità di un nuovo
scenario al confine tra arte e impresa, che faccia emergere inedite dinamiche di relazione tra innovazione tecnologica e pratica del fare arte, tra valore sociale e sostenibilità economica, tra responsabilità e profitto, tra approfondimento scientifico e digital strategy.
Oggi emerge ancora più chiaramente la sfida posta alle organizzazioni culturali nel definire nuovi assetti di interazione con i propri pubblici. Il testo è quanto mai attuale nel delineare possibili convergenze e nuovi modelli di sviluppo per il rilancio del settore culturale e di quello imprenditoriale.
«Rafforzare la cultura come asset strategico di sviluppo può rivelarsi decisivo in molti settori – afferma la curatrice Giulia Pordd – Occorre un nuovo modo di intendere il fare impresa, pensando sempre di più a come coniugare la logica profit con la logica no profit, creando valore condiviso all’interno di tutta la comunità, incorporando una visione che coinvolga obiettivi a lungo termine e che includa aspetti legati alla sostenibilità, alla formazione, al lavoro e alla cultura».
L’investimento nella cultura e nella ricerca artistica, al pari di quella tecnologica, rappresenta per l’impresa un asset strategico nel rafforzare la propria immagine, il posizionamento e la competitività in mercati sempre più complessi, ma allo stesso tempo sempre più attenti alla responsabilità sociale, all’etica e al reale impatto dei prodotti e dei servizi sulla collettività e sull’ambiente.
«Oggi l’atto filantropico non può considerarsi individuale, ma deve essere il prodotto di reti che fanno circolare pratiche, strumenti e modelli capaci di incidere realmente sulla vita delle persone», prosegue l’autrice del volume, founder e CEO di Ashtart Consultancy, la società di consulenza che dal 2017 pone questi temi al centro del suo operato.
«La relazione tra etica e impresa – conclude – è al centro della riflessione che coinvolge la tematica delle digital humanities e della cultura, intesa nel suo senso più ampio. Le strategie di marketing non devono essere percepite in contrasto con l’eccellenza dei programmi e le scelte dei contenuti. Serve un nuovo modo di ripensare le nostre pratiche, l’esperienza delle arti, l’essere umano come individuo. Uno scenario aperto, in cui siamo tutti chiamati ad agire».