Una rilettura attuale
Nel 1971 Linda Nochlin pubblicava su ARTnews il saggio destinato a rivoluzionare la storia dell’arte: Why Have There Been No Great Women Artists? Un titolo provocatorio che, piuttosto che chiedersi dove fossero finite le grandi artiste, smascherava i meccanismi sociali e istituzionali che ne avevano impedito l’emersione.
Castelvecchi, nel 2014, ha tradotto e pubblicato in Italia Perché non ci sono state grandi artiste?, permettendo la riscoperta di questo fondamentale testo seminale e germinativo, ancora oggi imprescindibile.
Una domanda che scardina il sistema
Nochlin parte da una constatazione spiazzante:
“Per quanto ne sappiamo, non ci sono mai state grandi artiste, sebbene ne siano esistite molte di interessanti e capaci che non sono state sufficientemente indagate o apprezzate.”
Ma il punto non è l’inadeguatezza delle donne: la “punta dell’iceberg” che la domanda cela è, piuttosto, un sistema culturale che definisce il “genio” come prerogativa maschile, bianca e borghese.
L’accesso limitato all’istruzione, l’esclusione dalle Accademie e l’impossibilità di praticare generi “alti” come la pittura storica (a causa, per esempio, del divieto di studiare il nudo dal vero) sono alcune delle barriere che Nochlin analizza con precisione e descrive con tagliente efficacia.
Il caso esemplare di Rosa Bonheur
Nel suo saggio, Nochlin dedica ampio spazio a Rosa Bonheur (1822–1899), pittrice francese celebre per i suoi vividi dipinti animali, come La fiera equina. Figlia d’arte e cresciuta in un ambiente sansimoniano, Bonheur sfidò apertamente le convenzioni del suo tempo: indossava abiti maschili, rifiutò il matrimonio e visse, in coppia omosessuale, con la compagna Nathalie Micas.
Nonostante il successo internazionale — un caso raro per una donna nell’Ottocento — Bonheur si trovò a mediare continuamente tra anticonformismo personale e pressioni sociali, tanto da adottare in pubblico un’immagine più “femminile” e conformista rispetto a quella della sua realtà privata.
Per Nochlin, Rosa Bonheur incarna perfettamente il conflitto interiore che molte donne artiste hanno dovuto affrontare, schiacciate tra talento, ambizione, codici sociali oppressivi e categorie stigmatizzanti.
Una critica che continua a far discutere
Con Perché non ci sono state grandi artiste?, Linda Nochlin ha inaugurato una stagione critica nuova che non si limita a cercare “grandi artiste” da affiancare ai grandi uomini ma che mette radicalmente in discussione le regole stesse del sistema dell’arte.
Come ricorda la stessa autrice: “La storia dell’arte femminista è lì per creare problemi, mettere in discussione, arruffare piume nelle colombaie patriarcali”
Ancora oggi, nel pieno dei dibattiti su inclusione, gender e decostruzione dei canoni, il lavoro di Nochlin rimane un punto di riferimento imprescindibile per chi voglia ripensare il modo in cui l’arte viene raccontata, studiata e vissuta e soprattutto capire se nella contemporaneità il maggior numero di donne artiste sia dovuto al progresso dei diritti delle donne o ad un significativo, ma tutt’ora incompleto, mutamento/evoluzione del così detto “sistema dell’arte”.