L’arte, nel nostro paese, ha un regime IVA tutto particolare che prevede il pagamento di questa imposta solo su una parte del valore dell’opera. Un meccanismo introdotto a metà degli anni Novanta e che oggi permette al collezionista di comprare sul mercato un’opera con un’IVA alta, è vero, ma calcolata su una base imponibile più bassa e quindi meno pesante, dal punto di vista dell’esborso finanziario, rispetto all’acquisto di un qualsiasi altro bene.
Un esempio? Se io compro un bene che vale 100 euro, con l’IVA lo pagherò 121 euro; se, invece, compro un’opera che il gallerista ha acquistato a 80 euro e che rivende a 100 (IVA esclusa), il 21% dell’Imposta sul Valore Aggiunto verrà calcolato sui 20 euro di differenza tra i due prezzi e, alla fine, la mia opera costerà 104,2 euro. Di fatto lo stesso meccanismo che il rivenditore ci applica quando compriamo un bene d’occasione in un mercatino dell’antiquariato.
Tutto ciò, ovviamente non risolve il problema di un’imposta sull’arte tra le più alte d’Europa ma visto che siamo in Italia e, molto spesso, in Italia compriamo, approfondire la conoscenza di questo meccanismo ci permette di capire che, dal punto di vista della transazione gallerista-collezionista, l’IVA nell’arte, alla resa dei conti, pesa meno che in altri settori. Per questo abbiamo intervistato il dott. Marco Bodo, commercialista membro della Commissione per il diritto dell’Arte di BusinessJus.
Nicola Maggi: Che cosa si intende con “Regime di Margine”?
Marco Bodo: «Il “regime del margine” è un metodo particolare di calcolare l’IVA. Sostanzialmente applicando tale regime l’imposta viene calcolata sulla differenza tra il prezzo di vendita dei beni e quello di acquisto degli stessi. La base imponibile (cifra sulla quale deve essere applicata l’imposta) quindi non è determinata come normalmente avviene per le altre cessioni, sull’intero prezzo di vendita, ma solo sull’utile (il margine appunto) che risulta a favore di chi vende il bene».
N.M.: A che oggetti si applica questo particolare regime IVA e da chi?
M.B.: «Il regime speciale del margine viene applicato dai soggetti che esercitano il commercio di beni come mobili usati, oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione (all’ingrosso o al dettaglio). Nello specifico, tale regime si applica ai rivenditori al dettaglio o all’ingrosso (anche a quelli in forma ambulante) che, per professione abituale, commerciano i beni sopra indicati, nonché alle imprese ed ai professionisti che ne effettuano occasionalmente la cessione. Tale regime si applica altresì alle agenzie di vendite all’asta, per le cessioni effettuate anche in esecuzione di rapporti di commissione o di rappresentanza di privati. I beni per i quali sarà possibile applicare questo speciale regime IVA sono quelli elencanti nella tabella allegata al DL 41/95 e per i quali non si è proceduto ad effettuare la rivalsa dell’IVA al momento del loro acquisto (ad es. acquisto da privati»).
N.M.: E’ vero che in Italia l’Iva sulle opere d’arte è più alta che in altri Paesi? Ci può dire quanto incide sul costo finale di un’opera?
M.B.: «Sicuramente il fisco italiano non è dei più favorevoli per quanto riguarda il mercato delle opere d’arte. Per quanto attiene all’IVA l’aliquota applicabile è quella ordinaria (21% – anche se è in discussione l’aumento al 22%) oppure l’aliquota ridotta al 10% per le cessioni effettuare direttamente dall’artista e le importazioni. Altri Paesi (Belgio, Regno Unito, Lussemburgo, Malta, ma anche Francia e Germania) applicano alle transazioni delle opere d’arte aliquote più basse (di regola dal 5% al 7%) agevolando così i volumi degli scambi commerciali. Per quanto riguarda le opere d’arte, l’IVA incide sul loro costo come incide su qualsiasi altro bene compravenduto, qualora l’acquirente sia una persona fisica ( o un ente non commerciale) e quindi impossibilitato a detrarsi (il cd. “scaricarsi”) l’imposta. Per contro il voler acquistare opere d’arte mediante “artificiosi” soggetti giuridici creati ad hoc non porterebbe a nessun buon risultato per svariati altri motivi di carattere fiscale ed amministrativo».
N.M.: Stando così le cose per un collezionista italiano sembra quasi più conveniente comprare un’opera all’estero che nel nostro Paese?
M.B.: «Ritengo che l’arte debba seguire il flusso del gusto e del bello. Se l’artista di cui sono collezionista è italiano, purtroppo sarò svantaggiato fiscalmente… ma artisticamente sarò perfettamente appagato. A parte le battute in Italia l’importazione di opere d’arte sconta l’IVA al 10% più gli eventuali diritti e dazi doganali previsti dal Codice Doganale per i vari beni importati. Le eventuali importazioni temporanee per fini espositivi, invece, sono esenti dall’imposta. La convenienza relativamente all’acquisto dall’estero di opere d’arte (ai fini IVA) è difficile da valutare, in quanto sarebbe necessario verificare l’esistenza o meno di una normativa IVA disposta dalla Legge del paese estero e il suo concreto funzionamento in caso di esportazione di beni e nello specifico delle opere d’arte. Ipotizzando che tutto questo ci fosse, si dovrebbe ancora verificare che, in caso di esportazione, l’IVA non venga applicata dal soggetto residente nel paese di origine che vende l’opera (applicando solo quindi l’IVA italiana al 10% alla Dogana)».
N.M.: Cambiando, per un attimo, punto di vista: se fosse invece un collezionista straniero a comprare un’opera in Italia, a che tipo di tassazione andrebbe incontro dal momento dell’acquisto al momento dell’esportazione del bene nel proprio paese? Con qualche maggiorazione sul prezzo iniziale?
M.B.: «L’esportazioni di opere d’arte costituiscono operazioni non imponibili IVA. Potremmo vendere il nostro dipinto al cliente russo o cinese contattando uno spedizioniere esperto di opere d’arte che ci fornisca l’assistenza necessaria per l’esportazione del bene nel paese di destinazione (tenendo ben presente gli eventuali obblighi amministrativi: compilazione di autocertificazioni, dichiarazioni di esportazione ecc. che variano a seconda dell’opera d’arte esportata). Il cliente straniero applicherà l’eventuale IVA e i dazi doganali previsti dalla normativa del suo paese».
Il Dott. Marco Bodo, commercialista, è membro della Commissione per il Diritto dell’Arte del network internazionale BusinessJus, nato da un’idea torinese e sviluppatosi attraverso la collaborazione di professionisti italiani e stranieri, si pone come un punto di osservazione dei cambiamenti che regolano il mondo dell’impresa nei suoi differenti aspetti, nonché come luogo d’incontro per analizzare le necessità che ne derivano, attraverso un approccio tecnico ma al tempo stesso pratico. www.businessjus.com
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