Archiviate le principali aste serali di Post-War & Contemporary Art è tempo di tracciare un primo bilancio sullo stato di salute del mercato globale dei nostri artisti di punta alla luce delle ultime aste di Londra e New York. Con una particolare attenzione per l’andamento della Thinking Italian battuta il 4 ottobre scorso da Christie’s a Londra, ultima delle storiche Italian Sale ancora in programma.
L’interesse per l’arte italiana resta alto…
Al termine di una serata non brillantissima dal punto vista del ritmo, l’edizione 2019 della Thinking Italian di Christie’s ha totalizzato 20.280.000 £ di prezzi di martello (24.570.000 £ con i diritti). Un risultato leggermente inferiore alla aspettativa media (-6%), ma che centra comunque il risultato. Ottime le percentuali di venduto: 94% i lotti e 98% in valore. Dei 33 lotti proposti in catalogo solo 3 sono andati invenduti, mentre 1 (Sacco e Bianco di Alberto Burri) è stato ritirato. Dal punto di vista della performance, 11 dei 29 lotti aggiudicati non hanno raggiunto, invece, l’aspettativa media.
Tra gli artisti che si sono comporatati meglio: Maria Lai, il cui Al Volger della spola è stato battutto per 80.000 £ doppiando la stima media. Bene anche Dal Ciclo della Natura n. 6 di Emilio Vedova che con 510.000 £ di hammer price ha superto del +70% la media aspettativa. Si distunguono poi Mimmo Rotella con Invitiamo il Papa, battuto a 230.000 £ (+84% stima media); Giuseppe Gallo con Untitled (+129% s.m.) e Enrico Castellani la cui Superficie Bianca al lotto 111 ha raggiunto un prezzo di martello di 700.000 £ (+133% s.m.) segnando un picco nel suo mercato che negli ultimi tempi era apparso languire dopo i fasti del recente passato.
Anche Dorazio ha ben figurato con Monfort, battutto a 160.000 £, registra un +88% sulla s.m. come anche il Concetto Spaziale, Attesa di Lucio Fontana al lotto 115 venduto a 1.600.000 £. Ottima, infine, la performace di Giorgio Morandi con la tela Fiori battuta a 650.000 £, cifra che supera del +160% la stima media. Tutti nomi, quelli citati, sui cui torneremo presto per analizzare nel dettaglio i singoli mercati.
A questi andamenti positivi, in cui si può leggere certamente il proseguire dell’interesse dei collezionisti internazionali per la nostra arte, fa da contraltare un prezzo medio di aggiudicazione che nell’ultimo anno si è contratto del -37%: è passato da 1.109.096 £ del 2018, quando la Thinking Italian si chiuse con un totale di 34.382.000 realizzato con 31 lotti aggiudicati e superiore del +23% sulla media aspettativa, agli appena 699.310,34 £ di quest’anno.
Un calo, quello registrato nel prezzo medio di aggiudicazione che credo sia imputabile, senza paura di smentite, da un lato ad una minor liquidità degli artisti che in questi ultimi 20 anni hanno tenuto alta la bandiera della nostra arte nel mondo (Fontana, Boetti, Burri, Castellani ecc.) e di cui è sempre più difficile trovare opere di pregio da proporre. Dall’altro, la diminuzione del valore medio delle opere italiane vendute a Londra è dovuta anche all’inserimento in catalogo di artisti che non hanno ancora un collezionismo internazionale strutturato, ma che Christie’s, evidentemente, testa per costruire i futuro del mercato dell’arte italiana sulla scena internazionale.
…ma il collezionismo non si accontenta più dei “brand”…
Nonostante un risultato decisamente al di sotto delle asettative medie (-45%) anche gli 11 lotti su 14 in catalogo nella evening sale londinese di Sotheby’s sembrano confermare il permanere di questo interesse arricchendo di particolare la nostra analisi. Qui il prezzo medio è stato molto più alto rispetto a quello registrato da Christie’s: 1.113.636 £. Sintomo di una qualità maggiore delle opere proposte, tanto che il totale realizzato è stato di ben 12.250.000 £.
A cosa si deve allora una performance generale così negativa? Da un lato ad un fattore che abbiamo già individuato: la presenza in catalogo di opere che, per quanto di qualità, non erano punte di pregio all’interno della produzione di artisti di brand come Fontana o Burri che, così, hanno realizzato meno dell’aspettativa se non sono rimaste invenduti. Esemplare è il caso di Piero Manzoni che proprio per questi motivi vede il suo mercato in difficoltà dal 2016. Legando la parte italiana del suo catalogo ad artisti ormai super-quotati, il rischio che ciò avvenisse era ovviamente maggiore rispetto a quello corso da una selezione più diversificata come quella di Christie’s.
Tutti questi risultati, d’altronde, vanno letti alla luce di un mercato internazionale che si accende solo dove c’è massima qualità e che vede il collezionismo internazionale molto più cauto che in passato. Non basta più il nome di brand per accontentarlo e se l’artista noto non è presente nei cataloghi con opere di punta, l’acquirente volge lo sguardo verso lavori di artisti magari meno conosciuti ma poposti con lavori top. Nel caso specidico di Sotheby’s, peraltro, essendo i nostri artisti inseriti in un catalogo internazionale, tutto ciò era amplificato. E’ il prezzo che il business dell’arte paga ad una crescente instabilità politica ed economica che attraversa mezzo mondo. Completa il quadro una generale diminuzione di opere italiane presenti nelle aste serali di Post-war & Contemporary art newyorkesi. Sintomo, anche questo, di una minor liquidità.
Primi segnali di ripresa?
Allargando il nostro arco temporale, le ultime vendite di arte italiane si inseriscono in un contesto comunque positivo per il mercato dei nostri artisti. Seppur con un andamento altalenante dovuto, appunto, ad una sempre minor liquidità dei nomi di punta. Negli ultimi 20 anni, d’altronde, sono state migliaia le opere di Fontana, Boetti o Burri passate in asta e prima che i top lot del passato si ripresentino sul mercato un po’ di tempo dovrà trascorrere.
Dopo un periodo di relativa difficoltà iniziato nel 2016, comunque, sembra che l’andamento del mercato dell’arte italiana stia uscendo dal quadrante della “recessione” per tornare in quello che segna “crescita”. In attesa dei dati definitivi relativi al 2019, infatti, lo scorso anno, le vendite di arte italiana da Sotheby’s, Christie’s e Phillips hanno invertito il trend negativo dell’ultimo biennio, realizzando un totale di 142.3 milioni di sterline, superiore del +5.6% rispetto a quello del 2017. Il tutto a fronte di una diminuzione del -11% nei lotti made in Italy offerti nei rispettivi cataloghi.
Londra rimane il mercato principale per l’arte italiana
Di opere di arte italiana nelle evening sale di New York di questo novembre se ne sono viste decisamente poche. Pensare che nel 2015 nella Grande Mela veniva realizzato un terzo del fatturato globale dell’arte italiana (881.39 milioni di sterline). Nel 2017 questa cifra si è ridotta a 16.8 milioni, ossia meno del 12% del totale. Un calo, quello registrato negli States, in parte bilanciato da Londra che nello stesso periodo ha visto crescere le vendite di arte italiana del +43%, con una quote di mercato che è passata dal 54% del 2015 al 68% del 2018.
Un trend figlio delle strategie delle due major, Christie’s e Sotheby’s, che hanno scelto la capitale britannica come hub principale per la vendita globale dell’arte italiana. Tanto che Christie’s London che nel 2018 ha registrato un +55% nelle vendite rispetto al 2017 e Sotheby’s Londondel +21%. Mentre le rispettive sedi newyorkesi sono calate del -91% e del -54%. Trend simili, peraltro, si sono registrati anche per Phillips. In aumento, infine, anche i prezzi medi di aggiudicazione che nel 2018 si sono attestati sui 364.782 £ con un aumento del +370% sul 2017 con un tasso di vendita medio del 78.6%, in calo rispetto all’anno precedente (-11%).