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Non è tassato il collezionista di opere d’arte

del

L’inquadramento fiscale delle operazioni di cessione relative alle opere d’arte è da sempre un tema piuttosto controverso sia in dottrina che nei pochi precedenti di giurisprudenza attualmente disponibili.

A seguito della sentenza della Suprema Corte di Cassazione n.6874 depositata lo scorso 8 marzo, si riesce finalmente a mettere alcuni punti fermi su cui gli operatori del mondo dell’arte possono confrontarsi e adottare di conseguenza gli opportuni comportamenti.

Giova preliminarmente evidenziare come il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (“Tuir”) non prevede una disciplina specifica sulla tassazione delle compravendite di opere d’arte effettuate dai privati.

Pertanto, non essendo prevista una normativa specifica, la dottrina ha indicato alcuni elementi su cui fondare la diversa qualificazione soggettiva, tra i quali lo scopo dell’acquisto, la frequenza e il numero delle transazioni, la durata del possesso, le attività finalizzate a facilitare la vendita e infine l’esame delle ragioni che hanno portato all’alienazione.

L’obiettivo del presente contributo è quello di condividere gli spunti operativi della sentenza della Cassazione in commento, al fine di poter definire le differenti qualifiche per gli operatori dell’arte ed il relativo assoggettamento fiscale.

La distinzione tra collezionista, mercante d’arte e speculatore occasionale

La recente sentenza pone preliminarmente l’accento sulla distinzione tra collezionista e mercante d’arte. Più in dettaglio, nel corso dell’analisi effettuata dalla Suprema Corte viene definito come mercante di opere d’arte colui che professionalmente e abitualmente ne esercita il commercio – anche in maniera non organizzata imprenditorialmente – col fine ultimo di trarre un profitto dall’incremento del valore delle medesime opere.

Allo stesse tempo, lo speculatore occasionale è il soggetto che acquista occasionalmente opere d’arte per rivenderle allo scopo di conseguire un utile mentre il collezionista è, infine, chi acquista le opere per scopi culturali, con la finalità di incrernentare la propria collezione e possedere l’opera, senza l’intento di rivenderla generando una plusvalenza.

L’aspetto rilevante e discriminante è quindi l’interesse sottostante l’acquisto dell’opera. Nel caso di specie, il collezionista ha quale motivazione non tanto il valore economico del bene quanto quello estetico-culturale, per il piacere che il possedere le opere genera, per l’interesse all’arte, per conoscere gli artisti, per vedere le mostre.

Tra gli elementi che vengono di natura fattuale, assume quindi particolare rilevanza la cadenza regolare delle operazioni, gli importi notevoli nonché la partecipazione di incontri in veste di mercante.

Dopo aver quindi chiarito la qualificazione giuridica della “veste” con cui viene conclusa la transazione, si riporta di seguito il relativo trattamento fiscale.

Le conseguenze fiscali per il collezionista e speculatore

La Suprema Corte fornisce altresì gli elementi utili agli operatori per qualificare correttamente le operazioni dal punti di vista tributario.

Sul punto, il sistema fiscale italiano prevede, conseguenze differenti a seconda della differente veste con la quale viene conclusa la cessione. Per il mercante d’artesi è in presenza di redditi d’impresa ai sensi dell’articoli 55 ss. TUIR e conseguente assoggettamento alla disciplina prevista ai fini IVA come previsto dall’art. 4 del d.P.R. 633/1972.

Al contrario, lo speculatore occasionale potrà generare i redditi diversi di cui all’art. 67, c. 1, lett. i), TUIR non trovando però assoggettamento ai fini IVA per mancanza del requisito dell’abitualità, ossia della professionalità con la quale svolge la suddetta attività.

Da ultimo, come riportato nel corpo della stessa sentenza, il collezionista invece non sarà soggetto ad alcuna imposizione. Tale considerazione consente al collezionista di non essere inciso dalla tassazione in capo di successiva cessione delle opere d’arte, in virtù della mancanza dei requisiti fiscali.

Tuttavia, occorre sottolineare come il confine tra le differenti categorie sia piuttosto sottile, caratterizzato dalla presenza di elementi fattuali e valutativi. In conclusione, il consiglio è quello di affidarsi sempre a professionisti qualificati per evitare possibili contestazioni da parte dell’amministrazione finanziaria.

Andrea Savino
Andrea Savino
Andrea Savino (n.1991) è un dottore commercialista e revisore legale di Torino specializzato in diritto e fiscalità internazionale. Membro della commissione economia della cultura del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, già presidente della commissione cultura dell'Unione Nazionale Giovani Dottori commercialisti, nonché membro della Commissione Internazionalizzazione e Fiscalità Internazionale dell’UNGDCEC - Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti e ricercatore dell’Istituto Universitario di Studi Europei (IUSE).
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