Menu quanto mai ricco quello proposto dalle gallerie italiane agli amanti dell’arte per questo mese di ottobre. Tra le tante mostre in programma segnaliamo L’equilibrio della sintesi, personale dell’artista nigeriano Odinakachi Kingsley Okoroafor attualmente in corso presso la galleria Alessandro Albanese di Milano a cui dedichiamo anche la “copertina” di questo post.
Il lavoro pittorico in mostra celebra la cultura africana con un’intensità e un’atmosfera fresca e unica. Il corpus di opere si intitola Ogadimma, che significa “Andrà tutto bene”, e riflette su questioni politiche e sociali contemporanee della cultura nativa dell’artista, attraverso le lenti, le velature e i colori della propria quotidianità.
Fino al 6 novembre si tiene, presso la Loom Gallery di Milano, Shields, terza mostra in galleria dell’artista Pierre-Etienne Morelle che, per l’occasione presenta una recente ricerca del processo di stampa. L’analisi del procedimento parte da un’osservazione fondamentale: la mancanza di spazio nel suo studio. E come consuetudine nella sua pratica, l’artista ha messo in discussione il processo di produzione del mezzo, andando nella direzione opposta a ciò che le tecniche di stampa sono solite fare: copie.
Ancora a Milano, la galleria Renata Fabbri ospita, fino all’11 novembre, An Ear of Arms (around you), la prima mostra personale in galleria dell’artista e compositore Athanasios Argianas che per l’occasione presenta un corpus di nuove opere scultoree pensate appositamente per lo spazio espositivo.
Spaziando tra scultura, pittura, testi, performance e musica, la pratica interdisciplinare di Argianas è profondamente influenzata dal suo background in campo musicale. La sua ricerca indaga la fisicità della scultura contrapposta all’immaterialità della musica e del linguaggio, e dà forma ad oggetti immateriali partendo da medium materici, e viceversa.
Apre il 19 ottobre, invece, Flying Words, collettiva che la Osart Gallery dedica a cinque importanti artisti del contemporaneo – Vincenzo Agnetti, Mirella Bentivoglio, Tomaso Binga, Emilio Isgrò e Maria Lai – che hanno varcato le soglie della parola per dar luogo a fascicoli sperimentali che toccano da sempre il nervo dell’attualità.
Si tratta, nello specifico, di un progetto su quel vasto clima culturale che accorcia le distanze tra codici differenti per porsi al limite, sul precipizio di una parola che quasi «de-parlando» (Ent-sprechen) il parlato raggiunge il silenzio e rischia se stessa per farsi immagine, corpo, messaggio bruciante e accecante, espressività individuale e nel contempo socializzata, discorso analitico sull’arte e sulle sfere offerte dal mondo della vita che resta per tutti l’orizzonte dentro il quale si tesse la trama dell’opera.
Le opere esposte, datate dalla fine degli anni Sessanta in avanti, offrono uno spaccato sulle ricerche intorno alla parola e alla scrittura dei cinque artisti.
Chiude il quintetto di moste milanesi selezionate per questo mese, nehtym, quinta personale di Miroslaw Balka presso la Galleria Raffaella Cortese. L’artista, già protagonista dell’importante retrospettiva CROSSOVER/S, tenutasi al Pirelli HangarBicocca nel 2017 a cura di Vicente Todolí, ritorna a Milano con un nuovo progetto di opere inedite.
nehtyM, titolo della mostra, è la versione speculare della parola tedesca “Mythen” che rivela il viaggio dell’artista nel concetto di mito attraverso tre simbolici momenti: Desiderio, Gravità e Unione. Il percorso espositivo è così scandito in tre macro-aree attraverso nuove sculture e disegni, opere che proseguono l’indagine, avviata da Miroslaw Balka negli anni ’80, sul delicato rapporto tra arte e vita, intrecciando le esperienze personali con l’immaginario della memoria collettiva.
La Galleria Umberto Benappi di Torino ospita nei suoi spazi, fino al 12 novembre, Encounter Narratives, a cura di Lóránd Hegyi. La mostra presenta una selezione complessa e multistrato di opere di tre artisti provenienti da Italia, Austria ed Ungheria.Tre pittori della stessa generazione i cui esordi sembrano inseparabili se si considerano i profondi e fondamentali cambiamenti del
paradigma dell’arte tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80: Gianni Dessì, tra i fondatori della mitica “Nuova Scuola Romana”, Alois Mosbacher una delle figure di spicco del gruppo artistico austriaco “Neue Malerei” e László Fehér, uno dei pittori più paradigmatici del “New Sensibility”.
Pur essendoci un determinato tipo di dialogo tra gli artisti, la struttura di questa mostra si basa sulla presentazione personale di ciascuna opera, ossia sull’enfatizzare specifici metodi individuali dell’organizzazione di sistemi visivi e di modellazione delle immagini, oltre che rivelarne le specifiche narrazioni incarnate nella loro pittura.
A Venezia, Marignana Arte presenta la mostra Nancy Genn “Hand made papers 1981-1988” che inaugurerà sabato 8 ottobre alle ore 18.00 negli spazi della Project Room. Dando seguito ad un percorso di collaborazione cominciato nel 2018, per questa nuova mostra Genn – una delle esponenti più importanti dell’arte informale del dopoguerra americano – si pone l’obiettivo di approfondire un momento particolare della propria ricerca.
L’esposizione Hand made papers 1981-1988 definisce un lasso temporale specifico e significativo per Nancy Genn, gli anni Ottanta. Questi rappresentano il prodotto di un incontro fondamentale per l’artista, quello con l’Oriente, e nello specifico il Giappone, paese in cui trascorse diversi mesi grazie ad una prestigiosa borsa di studio. Le carte esposte in questa mostra diventano quindi espressione di quella preziosa esperienza, mantenendo l’impatto visivo di quel periodo che traspare nelle opere attraverso la finezza cromatica e l’incisività del tratto.
A Bologna, Labs Contemporary Art propone, fino al 5 novembre, Camera Tripla, mostra collettiva a cura di Leonardo Regano nella quale le opere di Marco Emmanuele, Luca Grechi e Mattia Sugamiele si confrontano sulle differenti accezioni del medium pittorico nella loro pratica. Attraverso di loro, la collettiva mira, infatti, a mettere in risalto le potenzialità espressive della pittura e delle eventuali declinazioni, che questo mezzo assume nella pratica artistica delle nuove generazioni.
Come scrive il curatore, “Camera Tripla è un progetto volutamente non chiuso ma lasciato libero, pensato come un ipotetico e continuo work in progress dove un piccolo tassello in aggiunta apporterebbe nuove possibilità di lettura. I tre artisti in mostra sono stati scelti proprio per le differenze e le peculiarità delle loro ricerche che, pur nella difformità di linguaggi, creano una sorta di rispondenza e omogeneità nella loro visione di insieme”.
Nel capoluogo emiliano incontriamo, poi, Debora Delmar, alle prese con la sua seconda mostra personale presso GALLLERIAPIU: Liberty, per la quale ha realizzato opere inedite ed interventi effimeri, studiati site specific per le vetrine e le sale della galleria. In LIBERTY l’artista prosegue la sua indagine sulla circolazione delle merci in epoca moderna, sulla proprietà privata, sul confine tra interno, esterno, pubblico e privato, riflettendo sulla crisi dell’abitare in senso reale e metaforico.
Il titolo fornisce diversi spunti e si riferisce non solo ad uno dei più longevi grandi magazzini della storia inglese, “paradiso dello shopping artistico” così definito da Oscar Wilde, ma anche al valore dei beni, analizzandone la provenienza, la produzione, la distribuzione ed il consumo.
In Toscana, la Galleria ME Vannucci di Pistoia presenta la mostra Consuete attenzioni di Giovanni Termini in cui l’artista siciliano presenta i suoi ultimi lavori. Dopo la personale nelle sale di Palazzo Fabroni del 2021, Giovanni Termini torna a Pistoia per presentare la sua recentissima produzione e a stravolgere, come suo consueto, lo spazio, accogliendo/respingendo lo spettatore con l’installazione “La misura di un intervallo” (2022), che divide realmente in due parti la galleria, creando una grande gabbia di reti metalliche fermate da barriere Jersey in cemento.
Gli elementi che vediamo provengono dal cantiere, un luogo al quale spesso l’artista si ispira, attingendo elementi che hanno la capacità di mutare la dimensione umana, e urbana, e quindi l’esistenza. Le gabbie, in una logica cantieristica, delimitano una zona, ma in una galleria rendono inaccessibile una parte dello spazio che di solito può essere fruito dal pubblico. L’opera sottrae spazio, lo rende impraticabile, “uno spazio scenico di inazione” come lo definisce Rabottini nel suo testo. All’interno di questo spazio inaccessibile, alcuni palloni da basket evocano un senso di sospensione, di intervallo.
A Firenze, ma a fine mese, la Carta Vetra Art Gallery, piccola ma consolidata gallerie dedicata agli amanti delle opere su carta, è possibile ammirare Le due Rose, mostra personale dedicata al lavoro di Pavlo Makov, a cura di Domenico De Chirico. La raccolta di opere proprosta, riporta con semplicità e chiarezza a una riflessione sullo scopo dell’arte, necessariamente legata alla vita, a una visione tanto personale, quanto collettiva, della condizione umana. Attraverso metafore e simboli che costituiscono il suo linguaggio visuale, Makov ricostruisce, così, una narrazione che si muove all’interno della trama conflittuale che coinvolge Russia e Ucraina a partire dalla prospettiva più intima.
A Roma, invece, è Beatrice Meoni la proposta della Galleria z2o project che, dal 7 ottobre, ospita la mostra Luce ovunque. Il lavoro di Beatrice Meoni, la cui ricerca affonda le proprie radici all’interno delle suggestioni ricevute dalla prosa e dalla poesia, oltre che da una forte attrazione per una certa pittura del Quattrocento, si indirizza principalmente sulla pittura e la sperimentazione delle possibilità linguistiche della pratica pittorica.
Nei nuovi dipinti esposti in mostra, realizzati principalmente nel corso di quest’anno, lo spostamento dal precedente ciclo pittorico sulla caduta, alla ricerca della discontinuità dello sguardo verso la misura del vuoto, è per Meoni avvenuto naturalmente. L’artista lo immagina come una prosecuzione nell’articolare la pittura verso una forma di solitudine che implica il costante abbandono e annullamento di sé stessi in vista di una ritrovata nuova autenticità.
Sempre nella capitale, la Galleria Francesca Antonini Arte Contemporanea propone Assolo #3 – C di Ciliegia, personale di Cristiano Tassinari organizzata in collaborazione con Ncontemporary di Milano. C di Ciliegia esplora l’immaginario culturale legato alla generazione nata negli anni successivi agli eventi della seconda guerra mondiale.
Tassinari esplora i simboli e i concetti presenti nei ricordi e nell’immaginazione della madre attraverso una riflessione originata dalla sua collezione di sculture in porcellana e memorabilia. Affascinato dal suo sguardo delicato sul mondo e sulle cose a discapito dei fatti vissuti, per Assolo #3 l’artista concepisce una serie di lavori che si collocano nel vivido attraversamento tra storia e affetti, esaminando la discordanza e l’opacità dei sentimenti tra madre e figlio.
Ancora a Roma ci piace poi segnalare la mostra Luce dei miei occhi, collettiva a cura di Daniela Bigi che, fino al 29 ottobre, negli spazi della Galleria Anna Marra, mette in dialogo Francesco Arena, Luigi Presicce e Raffaele Quida, artisti uniti da un saldo legame di amicizia oltre che dalla comune appartenenza a un paesaggio che è al contempo luogo di origine, terra di residenza e radice di poetica.
Attraverso la creazione di un rapporto dialogico tra opere molto diverse per contenuto, concezione, medium e materiale, il progetto costruisce un panorama composito che è frutto dell’intersezione dei paesaggi che ciascuno di questi autori mette in campo come fattore primario – seppure non necessariamente esplicito – della propria ricerca.
Spostandoci a Caserta
A Napoli, infine, la galleria Tiziana Di Caro ha da poco inaugurato la prima mostra nei suoi spazi di Luca Gioacchino Di Bernardo, che si intitolata Fuoco, Innesco: cacciata dall’Eden. Nel lavoro di Luca Gioacchino Di Bernardo l’osservazione della realtà si mescola alla tensione spirituale: è alla costante ricerca del più piccolo particolare, ma sempre nel contesto del tutto, di storie del passato che si rivelano attraverso il disegno del presente. Il contenuto delle sue opere è denso di simboli espressi attraverso una forma solida e carica di dettagli.
Il disegno è alla base di questo intricato sistema in cui la mistica, la filosofia, la scienza sono raccontate attraverso simbologie erudite e riferimenti a una realtà altra, talvolta intelligibile e al contempo misteriosa. Fuoco, Innesco: cacciata dall’Eden è un progetto appositamente pensato per gli spazi della galleria e si configura attraverso tre passaggi di un unico capitolo che, come si capisce dal titolo, è dedicato all’elemento del fuoco e al suo innesco, ovvero il simbolo del principio, partendo da una citazione che riguarda il momento immediatamente successivo al Peccato Originale.