Per ottenere la buona riuscita di una mostra è frequente la richiesta ai collezionisti di mettere a disposizione alcune delle proprie opere. Tale operazione, se ben costruita ed organizzata, può generare degli effetti positivi per entrambi i soggetti coinvolti: per il collezionista rappresenta l’occasione di far conoscere l’opera al pubblico con un indubbio vantaggio in termini di relazioni e valorizzazione artistica della propria collezione mentre dall’altra si contribuisce alla realizzazione della mostra.
Nell’organizzazione del prestito, in primis vengono dettagliatamente pianificati gli aspetti legali ed assicurativi ossia le procedure per la valutazione della mostra, le caratteristiche della galleria, i documenti per il trasporto nonché la stipula di polizze per la copertura di eventuali danni.
Al fine di mettere al riparo il collezionista da brutte sorprese in caso di verifica, occorre allo stesso tempo valutare attentamente anche le possibili implicazioni fiscali che il prestito può far sorgere in capo ai diversi soggetti coinvolti.
Le possibili implicazioni relative alle imposte dirette
Per quanto concerne il soggetto che mette a disposizione la propria opera, in primo luogo è necessario distinguere se lo stesso sia un collezionista c.d. puro, vale a dire un semplice appassionato d’arte che possiede l’opera per fini personali e non speculativi, oppure se lo stesso svolga la medesima attività ma con finalità commerciali al fine di trarne un profitto dalla successiva rivendita del bene.
Sulla distinzione sopra riportata, la giurisprudenza di merito (Sentenza n.59 della Commissione Regionale di Trento del 11 giugno 2019) ha chiarito come si è presenza di attività commerciale laddove ci siano una pluralità di atti coordinati e diretti alla realizzazione del medesimo scopo oppure una “serie di atti intermedi volti ad incrementare il valore del bene in funzione della successiva vendita“.
In linea di principio, laddove il prestito sia collegato con una volontà del collezionista di far apprezzare la propria collezione per ottenerne un vantaggio economico dalla conseguente rivendita, tale fattispecie può integrare lo svolgimento di un’attività commerciale anche se esercitata abitualmente.
Nella suddetta ipotesi, la conseguenza in capo al collezionista determinerebbe che l’eventuale reddito derivante dalla cessione dell’opera sia qualificato come attività dal carattere commerciale (anche se non esercitato abitualmente) e pertanto oggetto di tassazione ai sensi dell’art. 67 del testo unico delle imposte sui redditi.
Nel caso in cui il prestito sia semplicemente connesso con una promozione e diffusione del patrimonio artistico mediante la partecipazione a fiere e mostre d’arte, non si è presenza di attività commerciale e quindi dovrebbero insorgere implicazioni di natura fiscale.
L’inquadramento ai fini iva
opo aver analizzato le implicazioni relative alle imposte dirette, nel corso del presente contributo saranno forniti alcuni spunti utili anche in relazione all’imposta sul valore aggiunto.
In primo luogo giova rammentare come in presenza quindi di un prestito senza finalità di lucro, tale attività non rientrerebbe nell’ambito commerciale. Poiché l’imposta sul valore aggiunto si applica per i soggetti che operano nell’esercizio di imprese, arte o professionale, ossia nel campo di attività commerciale, il prestito potrebbe qualificarsi come un’operazione al di fuori del campo di applicazione dell’IVA.
Allo stesso tempo, è necessario evidenziare come l’imposta in esame si applichi solamente sulla cessione dei beni oppure sulle prestazioni di servizi. Poiché il prestito non farebbe emergere nessuna delle fattispecie sopra riportate (assenza di effetti traslativi della proprietà nonché ulteriori servizi accessori) si ritiene anche sotto questo profilo l’operazione possa essere al di fuori del campo di applicazione dell’IVA.
Tuttavia bisogna prestare molta attenzione alle prestazioni da parte accessorie da parte del collezionista quali ad esempio la presenza di ulteriori servizi accessori di natura commerciale connessi al prestito dell’opera quali ad esempio la consulenza e trasporto a cui possono essere collegati pagamenti di un corrispettivo economico in quanto potrebbero far rientrare l’operazione come rilevante ai fini iva.
Bisogna quindi prestare attenzione in quanto nella citata ultima ipotesi potrebbe determinarsi la predisposizione di una prestazione di servizi complessi con il possibile assoggettamento ad iva dell’intera operazione.
Il monitoraggio fiscale delle opere prestate all’estero
Ultimo aspetto nella valutazione dell’operazione di prestito delle opere d’arte riguarda il caso in cui le stesse siano concesse in prestito ai soggetti esteri, ad esempio musei o gallerie d’arte. Sul punto, la normativa tributaria italiana prevede un monitoraggio per gli investimenti detenuti all’estero, ovvero un obbligo che riguarda le persone fisiche e gli enti non commerciali residenti in Italia.
Progressivamente il monitoraggio è stato reso sempre più stringente dall’Amministrazione Finanziaria: dal 2009 devono, infatti, essere indicati nel Modello Redditi anche le opere d’arte e gli oggetti preziosi detenuti all’estero, indipendentemente dalla loro effettiva produzione di reddito imponibile in Italia.
La mancata indicazione della detenzione di opere d’arte all’estero può determinare in caso In caso di violazione degli obblighi di monitoraggio, l’applicazione di sanzione può variare dal 3% al 15% del prezzo di acquisto dell’opera (oppure qualora non disponibile del relativo valore di mercato).
In definitiva prima di procedere con il prestito dell’opera è necessario quindi valutare tutte le possibili implicazioni anche di natura tributaria e in caso di dubbi confrontarsi con il proprio consulente fiscale per evitare possibili brutte sorprese in caso di verifica da parte dell’Amministrazione Finanziaria.