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Il trattamento fiscale per l’acquisto di opere d’arte da parte di professionisti ed imprese

del

Lo studio della Business Committee for the Arts e International Association for Professional Art Advisors ha evidenziato come la presenza di quadri, sculture o installazioni artistiche sul luogo di lavoro aiuterebbe a diminuire lo stress e produrrebbe diversi effetti benefici, tra i quali un aumento della creatività e della partecipazione alle dinamiche aziendali, oltre che una maggiore fiducia nell’esprimere la propria opinione.

Per questi motivi sempre più professionisti ed imprese possono valutare l’acquisto di oggetti d’arte per migliorare i propri ambienti di lavoro.

Tuttavia, al fine di mettere al riparo l’acquirente da eventuali contestazioni in caso di verifica da parte del Fisco, occorre valutare attentamente anche le possibili implicazioni di natura tributaria che l’acquisto di opere d’arte può far sorgere in capo ai differenti soggetti coinvolti.

Preliminarmente occorre evidenziare come l’acquisto e la cessione degli oggetti d’arte e d’antiquariato sono disciplinati soltanto nell’ambito del reddito di lavoro autonomo, mentre nessuna disposizione specifica è prevista riguardo al reddito d’impresa.

 

La disciplina per il reddito di lavoro autonomo

Nell’ambito del reddito di lavoro autonomo, il legislatore ha evidenziato come ai sensi dell’art. 54 co. 5 del TUIR, il costo d’acquisto o d’importazione degli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione è ricondotto tra le spese di rappresentanza e ne segue la relativa disciplina.

Più in dettaglio, a chiare lettere, viene specificato come “sono comprese nelle spese di rappresentanza anche quelle sostenute per l’acquisto o l’importazione di opere d’arte, anche se utilizzati come beni strumentali per l’esercizio di arte o professione”.

Si tratta quindi di una presunzione assoluta, che non ammette prova contraria: a nulla rileva, quindi, che i suddetti oggetti siano utilizzati come beni strumentali per l’esercizio dell’attività professionale.

Pertanto poiché considerate di rappresentanza, le spese sostenute per l’acquisto o l’importazione di oggetti di arte, di antiquariato o da collezione sono deducibili nei limiti dell’1% dei compensi percepiti dall’esercente arti e professioni nel periodo di imposta.

È bene evidenziare, come i suddetti oneri andranno sommati agli eventuali ulteriori costi qualificabili di rappresentanza, al fine di determinare il plafond massimo deducibile pari all’1% dei compensi.

Da ultimo, qualora il contribuente valuti una successiva cessione, le relative plusvalenze e minusvalenze rispetto al prezzo di acquisto non concorrono alla formazione del reddito di lavoro autonomo cosi come previsto dall’art. 54 co. 1-bis del TUIR.

 

Le indicazioni fiscali per le imprese

Dopo aver delineato il trattamento nell’ambito del lavoro autonomo, occorre riportare qualche considerazione relativamente all’acquisto di opere d’arte da parte di imprese.

Come evidenziato precedentemente, in assenza di una disposizione analoga a quella prevista per il reddito di lavoro autonomo, operano i principi generali di deducibilità; con la conseguente necessità di distinguere se i suddetti beni siano o meno oggetto dell’attività d’impresa.

Nel primo caso, laddove l’oggetto dell’attività d’impresa sia il commercio di opere d’arte e d’antiquariato, le relative spese d’acquisto saranno iscritte tra le rimanenze e parteciperanno al reddito d’impresa sulla base della differenza tra costo delle rimanenze finali rispetto a quelle presenti ad inizio dell’esercizio.

Qualora l’acquisto invece di opere d’arte non costituisca l’oggetto dell’attività di impresa, la possibile deduzione dal reddito risulta piuttosto controversa in virtù del principio di inerenza previsto dall’articolo 109 del Tuir.

A tal proposito infatti, sarebbe necessario valutare l’inerenza dell’acquisto (quale collegamento con i costi e ricavi e dell’impresa) in base a criteri quali le dimensioni dell’impresa acquirente oppure il pregio dei locali e, laddove si ritenga che l’opera d’arte possa soddisfare il requisito dell’inerenza, verificare le concrete modalità di deduzione dei costi sostenuti.

Sulle modalità di deduzione del costo, la dottrina e la prassi hanno evidenziato come non appare possibile stabilire la vita economica perché impermeabile rispetto di fattori di “normale” deperimento, con la conseguenza che anche il valore (normalmente tendente ad accrescere nel tempo nelle sue componenti “effettive” ed economiche) tende all’infinito.

Per tali circostanze, non verrebbe, quindi, soddisfatto il presupposto per lo stanziamento dell’ammortamento, vale a dire la durata limitata nel tempo dei beni.

In conclusione, è da ritenere come la normativa attualmente in vigore non agevoli l’acquisto di opere d’arte da parte di imprese e professionisti. Tenuto conto dei benefici e del miglioramento dei luoghi di lavoro, si auspica che il legislatore possa agevolare l’acquisto di opere d’arte anche quale forma di sostegno per i giovani artisti magari introducendo dei limiti quantitativi per evitare l’insorgere di contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Andrea Savino
Andrea Savino
Andrea Savino (n.1991) è un dottore commercialista e revisore legale di Torino specializzato in diritto e fiscalità internazionale. Membro della commissione economia della cultura del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, già presidente della commissione cultura dell'Unione Nazionale Giovani Dottori commercialisti, nonché membro della Commissione Internazionalizzazione e Fiscalità Internazionale dell’UNGDCEC - Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti e ricercatore dell’Istituto Universitario di Studi Europei (IUSE).

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