Recentemente entrato a far parte, con quattro suoi disegni, della collezione degli Uffizi, Valerio Adami è il protagonista, a Milano, di un’ampia mostra personale allestita negli spazi della Dep Art Gallery – Valerio Adami. Immagine e pensiero – che rimarrà aperta fino al prossimo 14 aprile.
Complessivamente, tra percorso espositivo e lavori a disposizione di pubblico e collezionisti, sono 48 le opere presenti in galleria, per un arco temporale che copre dagli esordi dell’artista bolognese negli anni Sessanta fino ai giorni nostri. Un progetto espositivo e culturale, quello curato da Gianluca Ranzi, che ci restituisce a pieno l’immagine dell’artista bolognese, grazie anche ad un prezioso catalogo – tradotto in tre lingue (italiano, inglese e francese) -, all’interno del quale troviamo un bellissimo saggio a firma dello stesso Ranzi, una approfondita biografia di Adami, apparati documentali e una dettagliata ricostruzione delle sue diverse mostre personali e della sua presenza in musei e istituzioni.
Una mostra, quella milanese, che prelude alla grande esposizione che il 14 maggio prossimo sarà inaugurata nella sede parigina di Galerie Daniel Templon, con opere recenti di grande formato. A dimostrazione del respiro internazionale di questo artista che in oltre sessant’anni di carriera ha sempre riscosso grandi successi di pubblico e di collezionismo.
E questo fin dagli esordi che lo vedono, già tra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Sessanta, avviato verso un rapido e crescente consenso di critica e di mercato, ma anche – come ha scritto Luca Pietro Nicoletti – “punto di raccordo, teorico e organizzativo, delle situazioni più diverse” che animavano la Milano di quegli anni artisticamente (e non solo) così intensi.
La cosa, d’altronde, non deve meravigliare se si pensa, come evidenzia ancora Nicoletti, che in quel periodo “Adami svolge un ruolo emblematico anche perché è un artista che scrive, e le sue lucide riflessioni, aiutano a mettere a fuoco le motivazioni di un più ampio gruppo di artisti, provocando un inestricabile intreccio, sul piano dei contenuti quanto del lessico, con la critica più attenta”.
Nato a Bologna il 17 marzo 1935, Valerio Adami si avvicina all’arte giovanissimo grazie alle ripetute vacanze veneziane. Ed è proprio nella città lagunare che inizia a dipingere nello studio di Felice Carena per poi iscriversi, nel 1952, all’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, dove segue i corsi di Achille Funi e si diploma nel 1955. Allo stesso tempo iniziano i suoi viaggi in Europa e dal 1956 inizia a firmare i suoi quadri con il solo cognome: Adami.
Il periodo a cavallo tra il 1957 – anno del suo debutto alla Galleria del Naviglio di Carlo Cardazzo – e il 1964 è una stagione di grandi cambiamenti per Adami. Le opere che espone nel 1959 in occasione della sua nuova importante mostra personale alla Galleria del Naviglio sono, infatti, già molto lontane dei tratti espressionistici dei suoi primi lavori, che avevano come punto di riferimento più diretto Francis Bacon e accenti “goyeschi e kokoschkiani” – come ricorderà anni dopo Enrico Crispolti.
In un clima di generale superamento dell’Informale, il suo sguardo, infatti, si rivolge adesso alla tradizione che discende dal cubismo e dal surrealismo e che, non a caso, lo vede guardare con grande interesse all’opera di Sebastian Matta che dopo la sua fuga a New York era da poco tornato in Europa e si era stabilito, nel 1953, a Roma. Impossibile non notare i punti di contatto tra i suoi lavori dei primi anni Sessanta e gli Inscapes dell’artista cileno, anche se Adami appare caratterizzato da una gestualità più libera e immediata, oltre ad utilizzare una tavolozza ben diversa.
La sua evoluzione è rapidissima, mentre viaggia tra Italia, Londra e Parigi; un continuo sviluppo di forme, di teorie e di confronti con le istanze internazionali, in primo luogo quelle provenienti dall’America e già nel 1963 il suo fare artistico è nuovamente cambiato e le opere che espone, ancora una volta alla Galleria del Naviglio, sono un vero “corpo a corpo” dell’artista con i linguaggi della contemporaneità. Da quello dei fumetti a quello televisivo. Quasi Pop, potremmo dire, se non sapessimo che questo termine non è mai stato molto amato da Adami.
Appartiene proprio a questi anni la sua “scelta di semplificare l’immagine delineando ampie campiture entro contorni sempre più marcati” che segna il passaggio verso quei tratti che renderanno uniche e inconfondibili le sue opere e porteranno ad un consolidamento delle posizioni di mercato di Adami.
“Tutto ciò non è sfuggito al mercato – spiega il direttore della Dep Art Gallery, Antonio Addamiano – che ha saputo sempre premiare le qualità dell’artista: seppure gli ultimi anni abbiano visto un forte interesse per l’arte informale, la figurazione di cui Adami si fa protagonista ha sempre riscosso successi, testimoniando il forte legame tra il maestro e i collezionisti italiani e stranieri. Fin dagli esordi, infatti, Adami è stato presente nelle migliori gallerie internazionali: Galerie Maeght, Galerie Lelong, Galleria Marconi, Galleria Schwartz, Guy Pieters Gallery, Marlborough Gallery, Galerie Haas e Galerie Daniel Templon. Questo ha fatto sì che dipinti, disegni, acquarelli e opere grafiche siano da sempre inseriti nel mercato delle aste mondiali, conosciuto come uno degli artisti italiani più importanti”.
Giusto per farsi un’idea, nel 1964 i prezzi in galleria per i suoi lavori andavano dalle 125.000 lire per una tela 62×82 cm alle 300.000 lire per una 100×130. E questo in un’Italia dove lo stipendio medio si aggirava attorno alle 60.000 lire al mese…
Oggi, che i suoi lavori si trovano in alcune delle più importanti collezioni private e pubbliche – Centre Georges Pompidou, Parigi; Nouveau Musée National de Monaco (Montecarlo); Museum of Art, Tel Aviv; Museo d’Arte Moderna, Roma; Museo del 900, Milano; MoMA di New York – i prezzi di listino in galleria variano dai 24.000 (73×69 cm) a 110.000 euro (198×263 cm) per le opere recenti; dai 13.000 ai 15.000 euro per gli acquarelli (di misura 57×77 cm) e dai 17.000 ai 19.000 euro per i mosaici (di misura 61×86 cm circa). Mentre per le opere degli anni Settanta, periodo di riferimento per tantissime collezioni museali, con un investimento di circa 60.000 euro si può acquisire un’opera di medio formato (65×81 cm).
Per quanto riguarda, invece, il mercato delle aste, come emerge dai dati artprice.com, 100 euro investiti in una sua opera del 2000 oggi ne valgono ben 156 (+56%) e i suoi prezzi nel 2021 hanno fatto registrare una rivalutazione del +4.7%. Segno della solidità del suo mercato che si mantiene constante nel tempo con periodici acuti, come il record d’asta stabilito nel 2014 con la vendita dell’opera Le Vasche Da Bagno (1966), per 255.000 euro (buyer’s premium escluso). E se le sue opere più vendute in asta sono, principalmente stampe e multipli (49%) e dipinti (32%), i mercati che lo amano maggiormente sono Francia (39%), Italia (39%) e Belgio (6%).
Cifre che ci raccontano di un artista sempre sulla breccia e il cui mercato non potrà che beneficiare dalla nascita, recentissima, dell’Archivio Valerio Adami (info@archiviovalerioadami.it), presieduto dall’artista e dalla moglie Camilla Adami, che hanno iniziato la registrazione delle sue opere su carta e su tela, passaggio necessario per tracciare la carriera dell’artista e produrre in futuro una catalogazione completa delle sue opere.