Oggi l’Arte Programmata e Ottico-Cinetica sta vivendo un momento di grande attenzione, ma alla fine degli anni Novanta le cose erano molto diverse e la maggior parte dei protagonisti di quella stagione artistica erano stati ingiustamente confinati dal tempo in una sorta di cono d’ombra. Tra le prime gallerie ad attivarsi per cambiare il corso di questa storia, il Valmore studio d’arte, fondato a Vicenza nel 1995 da Valmore Zordan, animata da un grandissimo interesse per l’arte contemporanea della seconda metà del XX secolo e, in particolare, per quei movimenti che hanno contribuito a cambiare radicalmente il concetto di manufatto artistico. «Abbiamo iniziato a occuparci di Arte Ottico-Cinetica nel 1999 con una personale di Alberto Biasi – mi racconta la direttrice dello studio d’arte vicentino -. A seguire vennero poi le mostre personali di Julio Le Parc, Horacio Garcia Rossi, François Morellet, una collettiva sul GRAV, il Gruppo T (Miriorama 15), una personale di Bruno Munari e una di Joël Stein…».
Nicola Maggi: Di Stein, peraltro, gestite anche l’Archivio Ufficiale…
Valmore Zordan: «Sì, Joël Stein ci ha affidato la cura del suo archivio ufficiale nel 2008 e da allora lo gestiamo con cura e serietà, con l’obiettivo di farlo essere un punto di continuità tra l’artista e il pubblico, incoraggiando iniziative culturali tese a valorizzarne l’eredità artistica e occupandosi della catalogazione ed archiviazione delle opere di quello che è stato uno dei maggiori protagonisti dell’arte cinetica e programmata, cofondatore del G.R.A.V. di Parigi negli anni Sessanta. A tal proposito, ad esempio, abbiamo curato una sua mostra itinerante iniziata nel 2010 da Caen (Abbaye aux Dames e Abbaye aux Hommes, Normandia) e che poi ha toccato il Museo di Acri – MACA (CS), Senigallia (Palazzo del Duca) e Vicenza (Basilica Palladiana). Proprio in questa occasione abbiamo editato una esauriente monografia di Stein».
N.M.: L’arte Ottico-Cinetica, però, non è stato il vostro primo interesse…
V.Z.: «Precedentemente all’Arte Ottico-Cinetica e Programmata, a metà degli anni ’90, ci siamo occupati dello Spazialismo collaborando in seguito anche con Luca Massimo Barbero per un’importante mostra in Basilica Palladiana. Sempre in quegli anni ci siamo occupati di Poesia Visiva e Scrittura Visuale con due mostre in galleria. Nei primi anni 2000, invece, la nostra attenzione si è rivolta all’Arte Elettronica con mostre personali di Peter Vogel e Ale Guzzetti. Attualmente il nostro interesse si allargato anche all’Arte Robotica: stiamo curando una mostra che si inaugurerà al MACA alla fine di Giugno 2017 sull’Arte Interattiva e Robotica, dai precursori fino al contemporaneo».
N.M.: Negli stessi anni avete allargato la vostra sfera d’azione anche alla Pittura Analitica…
V.Z.: «La scelta della Pittura Analitica è nata come proseguimento logico dell’Arte Ottico-Cinetica e Programmata, seguendo le indicazioni dello storico Filiberto Menna che riteneva che la linea analitica dell’arte si svolgesse in più direzioni: da una parte l’Arte Programmata e le sue declinazioni cinetico-visuali e, da un’altra, la Pittura Analitica. Infatti entrambe si spostano dal piano espressivo o rappresentativo ad un piano riflessivo, spesso rapportandosi alla ricerca scientifica».
N.M.: In entrambi i casi si è trattato di un grosso lavoro di riscoperta che adesso inizia a dare i suoi frutti, almeno sul fronte dell’arte Ottico-Cinetica…
V.Z.: «Il lavoro che abbiamo svolto per imporre al mercato l’Arte Ottico-Cinetica e Programmata è durato più a lungo ed è stato un lavoro molto difficile. Forse perché il mercato della fine degli anni ’90, quando abbiamo cominciato, era ancora molto orientato sul Primo Novecento. I colleghi galleristi erano molto critici e scettici nei confronti delle nostre scelte, per cui eravamo gli unici che, con caparbietà, portavamo avanti l’Arte Ottico Cinetica. Ecco perché, nonostante questa avesse una individualità definita e riconosciuta, il lavoro è stato più lungo e difficile. La Pittura Analitica, invece, non è stata un movimento vero e proprio, ma una tendenza diffusa nei primi anni ’70, dovuta all’idea che la pittura dovesse essere rinnovata secondo una ricerca razionale e non emotiva. E quindi essere sottoposta ad analisi e risolta secondo la personalità di ciascuno. Gli artisti italiani ed europei oggi riconosciuti analitici non si sono mai associati in gruppi. A Documenta 6 di Kassel nel 1977, ad esempio, erano presenti Cacciola, Morales e Zappettini assieme a molti altri importanti artisti dell’epoca, ma non inquadrati come Pittura Analitica. Da un punto di vista storico, quindi, questo poteva penalizzare il loro mercato, cosa che per molti anni è avvenuta. Il Valmore studio d’arte ha cominciato a frequentarli e a capire le loro potenzialità nel 2011, dopo che a Senigallia, nel 2010, erano state organizzate al Musinf (Palazzo del Duca) una serie di mostre collettive e personali di artisti analitici. La nostra prima mostra in galleria con Cotani, Marchegiani, Guarneri, Verna e Zappettini è del 2013 e poi ne è arrivata una seconda con Cacciola, Griffa e Morales. In seguito sono state organizzate alcune mostre collettive in spazi museali sotto l’etichetta Pittura Analitica. Tutto questo ha risvegliato il mercato e molte altre gallerie si sono occupate di Pittura Analitica, ma è stato il lavoro della critica che li ha via via definiti tali, analitici»
N.M.: C’è poi un capitolo molto particolare tra i vostri ambiti di lavoro: quello della Poesia Visiva. Dimenticata per molto tempo, dallo scorso anno sempre essere oggetto di un nuovo interesse…
V.Z.: «In realtà già negli anni ’90 ci eravamo occupati di Poesia Visiva e Scrittura Visuale con due mostre in galleria. La ripresa recente di questa corrente è iniziata nel gennaio 2014 con una mostra al Palazzo delle Prigioni di Venezia a cura di Giosuè Allegrini dove era esposta la nostra collezione e, di seguito, al Castello Visconteo di Pavia, dove la mostra è stata ampliata ospitando altre collezioni. Nell’occasione è stato pubblicato un importante catalogo dal titolo “Visual Poetry, l’avanguardia delle neoavanguardie” a cura di Giosuè Allegrini e Lara – Vinca Masini edito da SKIRA».
N.M.: Tornando all’arte ottico-cinetica, fino al 26 maggio prossimo è in corso, al Four Partners di Milano, la mostra Dinamica Economica…
V.Z.: «Al Four Partners di Milano ci sono in mostra opere di artisti che fin dalla fine degli anni ’50 del Novecento si sono dedicati all’Arte Ottica e Cinetica, molti dei quali presenti alla storica mostra Responsive Eye del 1965 al MOMA di New York. In tutto si tratta di 33 lavori a firma di: Davide Boriani (esponente del Gruppo T) la cui opera presentata da il nome alla mostra, esponenti del Gruppo N (Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Edoardo Landi, Manfredo Massironi), esponenti del GRAV (Horacio Garcia Rossi, François Morellet, Francisco Sobrino, Joël Stein e Yvaral) e del CRAV di Parigi (Hugo Demarco), opere del MID, di Marcello Morandini, oltre che di Dario Perez Flores ed Enrique Careaga, che hanno fatto parte degli artisti trattati dalla Galleria Denise Renè di Parigi»