Prima italiana per Billy Childish, ex “ragazzo terribile” della scena artistica britannica, che fino al 10 aprile espone alla galleria Paolo Curti/Annamaria Gambuzzi & Co in via del Pontaccio 18 a Milano. In Cactus Garden, questo il titolo della mostra milanese, Childish ci propone un viaggio interiore tra gli affetti personali, i luoghi vissuti, la storia e i molti personaggi del passato a cui è legato, tra questi: Giovanni Segantini, a cui dedica alcuni ritratti e un grande paesaggio (cm 183 x 305) presente in mostra.
Da Segantini a Childish: il fascino dell’Engadina
E’ il 1899, quando Giovanni Segantini, uno dei massimi maestri del divisionismo e del simbolismo italiano, inizia a lavorare al Trittico della Natura (o delle Alpi). Un’opera, quella oggi conservata al Segantini Museum di St. Moritz, che rappresenta la summa di una vita artistica, l’apice del simbolismo panteista del pittore ed il testamento spirituale di un uomo nato in una valle alpina, vissuto fra le cime e morto sui monti. Sullo sfondo delle tre parti, che rappresentano la Natura, la Vita e la Morte, le montagne dell’Engadina, con quel cielo e quella luce così speciale che avevano stregato Segantini, che per questo vi trascorse gran parte della sua vita.
A distanza di quasi 120 anni, quelle stesse montagne tornano adesso in The great Cloud (after Segantini) di Billy Childish che rilegge con il suo stile impetuoso il terzo dei dipinti che compongono il trittico segantiniano: Morte, con la grande nuvola greve, simbolo del destino.
E il destino, la montagna e il blu del cielo, sono protagonisti anche nella grande opera: Abseiler in cui emerge, sospesa nel vuoto, la figura di Tony Kurtz, un famoso alpinista del ‘900, che perse la vita per sfinimento, mentre era appeso a una corda, in seguito ad una valanga sull’Eiger, in Svizzera.
Il riferimento agli avvenimenti storici è presente anche nell’opera esposta in mostra: 1895 dove Billy Childish reinterpreta ancora una volta il soggetto degli estuari del Tamigi e del Medway congelati durante gli inverni del 1895 e del 1947. L’ispirazione deriva da vecchie fotografie trovate dall’artista a bordo di un rompighiaccio durante la grande gelata del 1980.
L’idea del mondo bloccato dalla neve è per l’artista seduttiva fin da quando era bambino. L’artista è attratto dal potere della forza del gelo che riesce ad intrappolare le navi, a fermare il tempo. L’immagine è cristallizzata nella memoria di Childish, una visione a cui oggi riesce a dare nuova vita attraverso la sua pennellata densa e carica di espressionismo.
Billy Childish: un tradizionalista radicale
Come ha dichiarato recentemente al Guardian, Billy Childish si ritiene un “tradizionalista radicale” e apprezza le metodologie del passato. «La tradizione è la piattaforma per la libertà – ha dichiarato tranquillamente l’artista al quotidiano inglese -. E’ spesso vista come un schiavitù, ma in realtà è la strada da percorrere. Il problema con la roba basata sulla moda è che è… una specie di biancomangiare». Dichiarazione in cui si riflette tutta l’indole ribelle e anticonformista di questo artista che compirà 55 anni il prossimo 1° dicembre e che dipinge, ogni lunedì, nel suo studio, situato nei cantieri Chatham. Gli stessi dove, a 16 anni, aveva lavorato come apprendista scalpellino.
Un anticonformismo, quello di Childish (al secolo Steven John Hamper) rimasto coerente per tutto il corso della sua odissea artistica ed umana: dall’espulsione dalla londinese St. Martin School of Art – dove stringe amicizia con Peter Doig -, alla creazione, nel 2008, della “non organizzazione” The British Art Resistance, passando per la sua strenua difesa della pittura figurativa in opposizione all’arte concettuale e al movimento della ‘Young British Art’ che negli anni ’80 prendeva sempre più piede in Inghilterra. E che oggi lo vede snobbare una Londra un po’ troppo provinciale: «Non ho mai avuto bisogno di convalidare me stesso trasferendomi a Londra – ha raccontato una volta -. Nella mia mente, in realtà, Londra è un posto molto provinciale perché è pieno di gente che viene dalle province e che cerca di non sembrare provinciale. Ho sempre trovato tutto ciò molto limitante».
Poeta, pittore, scrittore e musicista della scena Indie britannica, Billy Childish, a causa di questa sua indole, è stato per lungo tempo ignorato dal mainstream del sistema dell’arte contemporanea e solo dal 2010 sono iniziati ad arrivare riconoscimenti a livello internazionale, con istituzioni come il White Columns di New York e l’Institute of Contemporary Art di Londra che gli hanno dedicato due importanti mostre personali. Un successo tardivo, ma frutto di una grande tenacia che oggi ne fa certamente uno degli ousider più interessanti del mondo dell’arte contemporanea che adesso anche il pubblico italiano può scoprire grazie alla personale in corso alla Galleria Paolo Curti/Annamaria Gambuzzi & Co.