Mimmo Paladino, Senza titolo, 2015, carbone su muro e fusione in alluminio, schermo a cristalli liquidi e vetro resina, dimensioni ambientali. Courtesy Galleria Christian Stein. Fotografie di Peppe Avallone
Dall’Arte Povera alle ultime generazioni, passando dalla Transavanguardia alle grandi personalità artistiche del dopoguerra. L’Italia si presenta alla Biennale di Venezia con un gruppo di artisti accomunati dal pensare le proprie opere come luogo all’interno del quale si ritrovano a convivere il desiderio di innovare i linguaggi e il dialogo problematico con momenti salienti della storia dell’arte. Il tutto per un percorso espositivo che, come ha spiegato Vincenzo Trione, curatore del padiglione italiano alla Biennale, ha l’obiettivo «di delineare i contorni di quello che, al di là di tante oscillazioni, rimane il fondamento del nostro “codice genetico” stilistico».
Codice Italia: alla ricerca del DNA artistico italiano
Nell’era della globalizzazione ha ancora senso parlare di un’arte nazionale? Probabilmente no. I confini, negli ultimi venti anni si sono fatti evanescenti e l’artista è sempre di più “cittadino del mondo”. Questo però non vuol dire che la globalizzazione dei linguaggi e delle ricerche in campo artistico non conosca declinazioni nazionali che permettano di individuare una “linea” caratteristica all’interno di un determinato territorio. E questa linea è quella che Vincenzo Trione – professore ordinario di Arte e media presso l’Università IULM di Milano -, cerca di tracciare con Codice Italia, la mostra all’interno del padiglione italiano alla 56. Biennale di Venezia che aprirà al pubblico il prossimo 9 maggio.
Vincenzo Trione
«Pur seguendo strade differenti – illustra Trione -, molti artisti italiani del nostro tempo hanno proposto un’originale declinazione del concetto di avanguardia: per loro, essere d’avanguardia significa reinventare i media (per dirla con Rosalind Krauss) e, insieme, frequentare in maniera problematica materiali iconografici e culturali già esistenti». «Pur se in sintonia con gli esiti più audaci della ricerca artistica internazionale – prosegue il curatore -, essi non aderiscono al nuovo come valore da idolatrare, né inseguono provocazioni. Ad accomunarli è la necessità di sottrarsi alla dittatura del presente, che è simile a una lavagna sulla quale una mano invisibile cancella senza posa avvenimenti sempre diversi. Coltivano in maniera più o meno intenzionale precise discendenze: i loro gesti racchiudono segreti rimandi alla storia dell’arte (dall’archeologia allo sperimentalismo novecentesco). Scelgono, perciò, di passeggiare tra le stanze di un passato che si insinua nell’attualità. Come un archivio di frammenti. Che si vogliono convocare. Qui. Ora».
Un racconto in 15 tappe
Sono quindici gli artisti coinvolti nel progetto espositivo di Codice Italia per un racconto che ci permetterà di riflettere, ne siamo più che convinti, sul perché da sempre l’arte italiana sia così ammirata a livello internazionale e su quale sia la reale identità dell’arte prodotta nel nostro Paese: Alis/Filliol, Andrea Aquilanti, Francesco Barocco, Vanessa Beecroft, Antonio Biasiucci, Giuseppe Caccavale, Paolo Gioli, Jannis Kounellis, Nino Longobardi, Marzia Migliora, Luca Monterastelli, Mimmo Paladino, Claudio Parmiggiani, Nicola Samorì e Aldo Tambellini. Quindici artisti di diverse generazioni che con il loro lavoro propongono un’originale interpretazione del concetto di “avanguardia”, saldando sperimentazione linguistica e dialogo inquietocon quell’immenso giacimento che è la memoria.
Nino Longobardi, Senza titolo, 2014-2015, tecnica mista su tela montata su legno, 7 elementi 300x80x30 cm. Courtesy l’artista e Galería Fernando Latorre, Madrid. Fotografie di Peppe Avallone.
Tutti costantemente «In bilico tra rispetto e trasgressione – spiega Vincenzo Trione – gli artisti selezionati elaborano discorsi aperti a sconfinamenti e a interruzioni, suggerendo una sintassi dominata da echi poco evidenti. In filigrana, le loro opere – affidate a diversi media – lasciano intravedere una complessa e articolata genealogia di rinvii. Si consegnano a noi, potremmo dire con Benjamin, come luoghi ibridi, “in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’ora in una costellazione”».
Nicola Samorì, Lienzo, 2014, olio su tavolo, 70x200x73 cm. Courtesy Galleria Emilio Mazzoli, Modena. Fotografie di Rolando Paolo Guerzoni. Con il supporto di: Antonio Coppola; Farsettiarte; Francesco Faustini; Chiara Ianeselli; Emilio Mazzoli; Ian Rosenfeld.
Nel Padiglione Italia ciascuno di loro ha a sua disposizione una stanza monografica, all’interno della quale presentare un’opera-simbolo che abbia il valore di un manifesto della loro poetica. Un lavoro dovranno accompagnare con un personale “archivio della memoria” dando, così, vita ad una sorta di stanza delle meraviglie, ispirata al modello dell’Atlante allestito da Aby Warburg: un’installazione nella quale vengano raccolti frammenti dissonanti di echi impliciti sottesi alla loro ricerca. Un’occasione irripetibile per incontrare i momenti di una genealogia svelata. Il progetto espositivo pensato per il Padiglione Italia alla Biennale articola lo spazio, infatti, in maniera che i singoli interventi godano di una condizione di autonomia. Quella stessa autonomia che caratterizza da sempre la nostra arte.
I protagonisti
Protagonisti dell’Arte povera e della Transavanguardia (Kounellis, Paladino, Longobardi), grandi isolati (Parmiggiani e Gioli), eredi delle neoavanguardie del dopoguerra (Tambellini), personalità difficili da inscrivere dentro tendenze (Biasiucci, Caccavale, Aquilanti), voci tra le più originali dello scenario internazionale (Beecroft) e artisti dell’ultima generazione (Alis/Filliol, Barocco, Migliora, Monterastelli e Samorì). Sono loro gli attori principali di Codice Italia, ecco un loro breve profilo rigorosamente in ordine alfabetico. Cliccate sulle immagini per vedere lo slide-show e saperne di più sulla loro ricerca artistica.
ALIS/FILLIOL è un duo artistico, formato da Davide Gennarino (Pinerolo, 1979) e Andrea Respino (Mondovì, 1976), attivo a Torino dal 2007. Riflessione sulle regole interne alla scultura, reinterpretazione e, talvolta, tradimento delle tecniche tradizionali definiscono la cifra caratteristica della ricerca comune. La loro collaborazione muove da un’idea “espansa” della disciplina, che arriva a comprendere anche altri media, come la fotografia e il video. Un ruolo primario nel lavoro è attribuito alla componente processuale, tesa a far emergere la tensione tra stabilità e mutevolezza, tra forma chiusa, progettazione e imprevedibilità.
ANDREA AQUILANTI nasce a Roma nel 1960, dove vive e lavora. Avvalendosi di diversi mezzi espressivi – dal disegno alla fotografia, dalla pittura al video – l’artista procede sul confine tra realtà e rappresentazione, attingendo a un archivio di immagini continuamente sottoposto a processi di reinterpretazione. Trasparenze, riflessi, ombre sono elementi chiave della ricerca che contribuiscono a rendere le figure impalpabili ed evanescenti. Grazie alla compresenza e stratificazione di tecniche diverse, le sue opere suggeriscono uno strappo spazio-temporale che, a partire dalla memoria storica, si carica di segni e significati contemporanei.
FRANCESCO BAROCCO nasce a Susa (Torino) nel 1972, vive e lavora a Torino. Nella sua ricerca, la specificità delle tecniche e la riconoscibilità delle fonti, tratte prevalentemente dalla storia dell’arte, sono messe in crisi dando vita a un continuo slittamento tra passato e presente, tra memoria storica e immagine contemporanea. Elementi archetipici desunti da iconografie antiche sono reinterpretati alla luce della loro capacità di preservare una componente simbolica che, nelle opere di Barocco, si rinnova proprio nel confronto con il quotidiano.
VANESSA BEECROFT nasce a Genova nel 1969, vive e lavora a Los Angeles. A partire dagli anni novanta realizza le performance che l’hanno resa celebre sulla scena artistica internazionale: schiere di modelle seminude posano a creare degli algidi tableaux vivants, nei quali si intrecciano riferimenti al cinema e alla storia dell’arte. La composizione dei corpi nello spazio è studiata con sapienza registica e, allo stesso tempo, con un approccio pittorico che rende ancor più labile il confine tra realtà e apparenza. La ricercata perfezione non lascia spazio all’espressività delle perfomer, belle come statue classiche ma inanimate come manichini.
ANTONIO BIASIUCCI nasce a Dragoni (Caserta) nel 1961, vive e lavora a Napoli. Qui si trasferisce nel 1980 ed entra in contatto con il regista teatrale Antonio Neiwiller; incontro fondamentale per gli sviluppi della sua ricerca. I suoi lavori sono il risultato di un processo che esplora la materia attraverso il mezzo fotografico, trasformando i soggetti di partenza in immagini essenziali ed enigmatiche, che evocano forme archetipiche e primigenie. Dagli animali agli ex-voto, dai frammenti anatomici agli ingranaggi dell’Italsider di Bagnoli, caratteristico del suo lavoro è lo sfondo nero dal quale le figure si staccano grazie all’utilizzo della luce, suggerendo una nascita o metamorfosi in atto.
GIUSEPPE CACCAVALE nasce ad Afragola (Napoli) nel 1960, vive e lavora tra Parigi e Bari. Lasciata l’Italia dopo il percorso accademico, nel corso dei suoi vari spostamenti in Europa apprende e sperimenta tecniche diverse di origine antica, quali l’a resco, la miniatura, l’incisione su vetro, riportando nelle sue opere le suggestioni provenienti dall’incontro con culture diverse, dall’arte fiamminga agli a reschi bizantini. Elemento centrale della sua poetica è la forza del segno, che funziona da trait d’union tra le cosiddette arti “maggiori” e “minori” e permette la traduzione visiva di brani poetici, dando corpo e immagine alle parole.
PAOLO GIOLI, nato a Sarzano di Rovigo nel 1942, si forma a Venezia (Accademia di Belle Arti) e New York, dove conosce il New American Cinema, la Scuola di New York, ed entra in contatto con Leo Castelli e Martha Jackson. Nel 1970 si stabilisce a Roma, dove frequenta gli autori della Cooperativa Cinema Indipendente e il Filmstudio, iniziando a produrre i primi film. Nel ‘76 si trasferisce a Milano, dove si dedica con continuità alla fotografia: troverà nel “polaroid” un sorprendente mezzo per allargare ulteriormente la sua ricerca sulla fotografia istantanea, travasandone la materia su supporti diversi dalla pellicola, come la carta e la tela. Considerato uno dei fotografi e cineasti più importanti della sua generazione, Gioli ha alle spalle personali e retrospettive in importanti musei internazionali.
JANNIS KOUNELLIS nasce al Pireo, in Grecia, nel 1936. Nel 1956 si trasferisce a Roma, dove vive e lavora. Tra i protagonisti dell’Arte Povera, dalla metà degli anni sessanta definisce la sua grammatica visiva attraverso l’utilizzo di elementi naturali quali il carbone, il legno e il fuoco, spesso associati a metalli come ferro e piombo. Celebre è la mostra del 1969 alla galleria L’Attico di Roma dove espone dodici cavalli vivi. In anni più recenti Kounellis si avvale dell’utilizzo di grandi lastre di ferro, sulle quali vengono accumulati diversi elementi. Il processo di stratificazione rimanda al concetto di identità e di memoria, che trova ulteriore espressione nella rielaborazione di suggestioni provenienti dalla cultura classica.
NINO LONGOBARDI nasce nel 1953 a Napoli, dove vive e lavora. Qui instaura un importante sodalizio artistico con il gallerista Lucio Amelio. Dopo la partecipazione ad Aperto’80, il suo nome figura tra gli artisti della Transavanguardia e poi tra gli esponenti di Magico Primario. Privilegiando i linguaggi della pittura, della scultura e del disegno, la sua ricerca si concentra sulla fisicità umana, scarnificata, in equilibrio tra figurazione e astrazione. È un universo popolato di teschi e di scheletri, presenze familiari nella tradizione napoletana che dialogano con una composizione classica e misurata, scandita da segni ancestrali che si fanno espressione di un confronto intenso con la materia.
MARZIA MIGLIORA nasce ad Alessandria nel 1972, vive e lavora a Torino. Si forma come fotografa e ricorre a un’ampia gamma di linguaggi – dal video al suono, dal disegno alla performance – per esplorare la complessa relazione tra l’individuo e ciò che lo circonda. La riflessione sulla precarietà della condizione umana e sulla complessa instabilità della memoria assume una rilevanza centrale nel suo lavoro. Attraverso la narrazione indaga le zone d’ombra del desiderio, della so erenza, dell’identità. Il vissuto rappresentato nelle sue opere instaura un dialogo profondo con la sensorialità e l’emotività dello spettatore.
LUCA MONTERASTELLI nasce a Forlimpopoli (Forlì-Cesena) nel 1983, dove vive e lavora. La sua ricerca si presenta come una continua interrogazione nei confronti della scultura, spinta a parlare un linguaggio contemporaneo attraverso la mediazione dell’antico. Diversi sono i materiali che entrano in gioco nella sua produzione; tra questi: legno, metallo, plastilina, cemento e, in particolare, il gesso. Le sue opere includono allusioni ad elementi architettonici che si confrontano con oggetti della cultura urbana e popolare.
MIMMO PALADINO Mimmo Paladino nasce a Paduli (Benevento) nel 1948, vive e lavora tra la sua città natale, Roma e Milano. Fin dagli esordi la sua attività artistica è caratterizzata dalla sperimentazione di diversi media: pittura, scultura, incisione, scenografia, cinema. Dopo i primi lavori di ispirazione concettuale, sviluppa un’iconografia dal sapore arcaico che fonde elementi figurativi dell’arte egizia, etrusca e paleocristiana, riscoprendo l’aspetto sacrale dell’arte antica. Espone le sue opere nella sezione Aperto’80 della Biennale d’Arte di Venezia, che sancisce il riconoscimento della Transavanguardia. Tra le sue opere più emblematiche figura l’installazione Montagna di sale del 1990 a Gibellina.
CLAUDIO PARMIGGIANI nasce a Luzzara (Reggio Emilia) nel 1943, vive e lavora tra Bologna e Torrechiara (Parma). Fin dalla sua prima mostra, nel 1965, si confronta con la classicità, esponendo dei calchi in gesso di statue antiche, primo esempio nella vicenda artistica delle neoavanguardie. È del 1970 la prima delle sue Delocazioni: opere di polvere, ombre, fuoco, cenere. Raccolte di frammenti del mondo – farfalle, libri, campane, barche, carte geografiche – esprimono una consapevolezza tragica del tempo.
NICOLA SAMORÌ nasce a Forlì nel 1977, vive e lavora a Bagnacavallo (Ravenna). Esordisce come virtuoso pittore di temi classici. In seguito interviene nella materia del dipinto e strappa la superficie pittorica esponendola come pelle scorticata. È il tentativo di mettere in pericolo forme derivate dalla cultura occidentale, espressioni ripetitive che popolano il nostro immaginario. Elemento centrale della sua ricerca è il corpo, carico di valenze culturali e simboliche e indagato come espressione della condizione umana e della crisi del concetto di identità.
ALDO TAMBELLINI nato a Syracuse nel 1930 vive e lavora a Cambridge (MA). È riconosciuto tra i pionieri dell’Intermedia Art. Scultore e pittore formatosi a Lucca, nei primi anni sessanta inizia a dedicarsi alla multimedialità divenendo uno dei cineasti più influenti dell’Expanded Cinema. Annoverato tra i padri della video arte, nel 1966 fonda a New York il Black Gate Theatre con Otto Piene, primo teatro d’avanguardia Electromedia, mentre negli anni settanta e ottanta insegna al Center for Advanced Visual Studies del M.I.T. I suoi lavori, recentemente riscoperti da istituzioni come la Tate Modern di Londra, il Centre Pompidou di Parigi e il MoMA di New York, mirano a una fusione tra espressionismo astratto e arti elettroniche.
Giornalista professionista e storico della critica d'arte, Nicola Maggi (n. 1975) è l'ideatore e fondatore di Collezione da Tiffany il primo blog italiano dedicato al mercato e al collezionismo d’arte contemporanea. In passato ha collaborato con varie testate di settore per le quali si è occupato di mercato dell'arte e di economia della cultura. Nel 2019 e 2020 ha collaborato al Report “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione” di Deloitte Private. Autore di vari saggi su arte e critica in Italia tra Ottocento e Novecento, ha recentemente pubblicato la guida “Comprare arte” dedicata a chi vuole iniziare a collezionare.
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