Alla fine, quando esco dal polo fieristico bolognese, non so se è più la noia o la rabbia per il tempo perso a vincere nel mio animo. Dopo un’edizione 2017 che non mi aveva convinto, la 42° Arte Fiera, che apre oggi al grande pubblico, è qualcosa di molto vicino al disastro completo.
Negli ultimi cinque anni una preview così lenta nel partire non si era mai vista, con i corridoi che iniziano a riempirsi (poco) solo nel tardo pomeriggio. Tanto che i galleristi hanno fin troppo tempo per chiacchierare.
Gli stand sono quasi tutti deserti, con rare eccezioni, come quella di Anna Marra Contemporanea che a Bologna ha portato, tra le altre cose, alcuni lavori recenti di Perino & Vele, o della galleria L’Ariete, che in questa Arte Fiera 2018 focalizzata molto sull’arte italiana, è tra le realtà che porta la proposta giovane più interessante: da Paolo Migliazza, di cui vi ho parlato più volte, ad alcuni bellissimi lavori su carta di Nicola Samorì.
Per il resto tutto è lentissimo e non vi è traccia di quel fermento, di quell’aria frizzante tipica delle preview, quando si concludono gli affari più importanti. Certo, alcune delle gallerie principali ammettono che i loro collezionisti più grossi li hanno visti e che hanno anche “venducchiato”, ma dalle facce si capisce che l’obiettivo è ormai quello di andare in pari con le spese. E c’è anche chi, molto candidamente, dice che questa sarà la sua ultima presenza a Bologna, perché ormai è una fiera che non ha più una linea e non ha alcun senso esserci.
Gli autori di certe affermazioni non si citano, per ovvi motivi, ma non avrebbe neanche senso farlo, perché lo sfacelo è sotto gli occhi di tutti fin dall’ingresso, con quel bookshop “senza” libri e quel tocco di mercatino folkloristico con tanto di venditori di tappeti ai lati. Triste preambolo per due padiglioni con un allestimento che forse vorrebbe essere minimal, ma che risulta semplicemente freddo, respingente. Tanto da far quasi rimpiangere le seppioline dello scorso anno.
Per non parlare del caos organizzativo degli stessi padiglioni che sembrano non avere un disegno alla base, ma che siano stati semplicemente suddivisi a tavolino, come i colonialisti fecero con il continente africano. Tanto che le sezioni (Photo, Solo Show ecc.) risultano sparpagliate qua e là nei due padiglioni, in modo quasi spiazzante.
E anche sulla riduzione del numero delle gallerie ci sarebbe poi da dire molto. Nei comunicati per la stampa viene raccontato che è dovuta ad un tentativo di selezione per innalzare la qualità, ma basta guardarsi intorno per capire non è così.
Sarebbe ingiusto, però, dire che non ci sono anche cose belle. Oltre alle già citate gallerie, ad esempio, nel padiglione 26 Matteo Lampertico porta dei bellissimi lavori di Alfredo Chighine, mentre la Galleria dello Scudo tra i suoi tesori ha un paio di lavori di Nunzio da far girare la testa. Come eccellente è anche la proposta di 10 A.M. Art, ormai un punto di riferimento per chi segue l’arte cinetica e programmata e che quest’anno si presenta con una selezione di lavori di Franco Grignani di tutto rispetto.
Un elenco di soliti noti, verrebbe da dire, perché alla fine a salvar la partita qui a Bologna son sempre un po’ loro, assieme a Tornabuoni, che va molto sul classico con Fontana, Burri, Castellani e compagnia bella; Open Art e così via: quelle con gli stand in “grigio” per capirsi.
Ma molto belli, a mio avviso, sono anche i solo show dedicati a Maria Lai dalla Nuova Galleria Morone e a Giuseppe Chiari da Armanda Gori Arte.
Come degne di nota sono sicuramente le proposte di Ferrarinarte che porta alcuni lavori di Carlo Bernardini e Paolo Masi; de Il Ponte di Firenze con, tra gli altri, dei bei “gessi” di Paolo Icaro; o della galleria L’Elefante che qui a Bologna ha portato Ketty La Rocca, Gina Pane, Paolo Gioli e Giorgio Ciam
Sul fronte più contemporaneo della fiera, invece, punta d’eccellenza inarrivabile è la Montoro12 che, tra le altre opere, ha un monumentale lavoro di Faig Ahmed che da solo vale la visita ad Arte Fiera.
Per il resto, come già lo scorso anno, ad uscire vincitrice mi pare sia la fotografia, con Guidi & Shoen che porta Olivo Barbieri o la romana Spazio Nuovo che propone gli ultimi lavori di Marco Maria Zanin, giovane promessa della fotografia italiana che di anno in anno ci appare sempre più solido.
Quel che rimane, però, molto spesso è trascurabile, con il contemporaneo che sovente si fa “artefierizzare” nello stesso mondo in cui i rapper italici si fanno “sanremizzare” quando accedono all’immortale festival della canzone italiana.
E, così, quando si esce della fiera a tarda sera la domanda che ci gira in testa è solo una: c’è veramente spazio, in Italia, per quattro fiere di arte moderna e contemporanea di buon livello?
Probabilmente no. E con la prossima edizione di Miart che già si preannuncia sfavillante. ArtVerona che cresce a ritmo frenetico e Artissima che comunque tiene botta, quella messa peggio pare essere proprio la kermesse bolognese che ha perso quello che tutti hanno cercato di rafforzare: l’identità.
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