Classe 1961, Francesco Casoli è dal 1990 presidente di Elica, leader mondiale nel settore delle cappe da aspirazione per cucina. Una corporation che nel 2017 ha realizzato ricavi pari a 479,3 milioni di euro, in aumento del 9,1% rispetto al 2016, confermando la solidità di quella che oggi è una vera e propria multinazionale che conta sette stabilimenti nel mondo tra Italia, Polonia, Messico, India e Cina; 3.600 dipendenti e una produzione annua di oltre 19 milioni di pezzi tra cappe e motori. Ma soprattutto Elica, oltre ad essere una bellissima storia italiana di successo, è stata una delle prime imprese del nostro Paese a capire il grande potenziale dell’arte contemporanea in azienda. E quella che vi raccontiamo oggi insieme a Francesco Casoli è proprio la storia di questa intuizione e di come l’arte sia stata uno degli ingredienti di un successo globale.
Nicola Maggi: Come è entrata l’arte nella storia di Elica?
Francesco Casoli: «Elica viene fondata da mio padre, Ermanno Casoli, nel 1970. Quando lui, nel 1978, muore, l’azienda era ancora all’inizio della sua storia. Avevamo da poco presentato a Parigi il primo aspiratore d’aria (1972, ndr). Mio padre era un uomo eclettico, dinamico, con un grande spirito d’iniziativa. Amava profondamente la cultura e la creatività tanto da dedicarsi egli stesso alla pittura, circondandosi di artisti e intellettuali che potevano aggiornarlo sulle novità in ambito internazionale. E questo è lo stesso spirito che ha contraddistinto la cultura dell’azienda fin dalle sue origini, trasformandola in quella che è oggi. Ritengo che questa sia la più grande eredità lasciata da mio padre che nel 1997 ho voluto ricordare dando vita al Premio d’Arte Contemporanea Ermanno Casoli, un momento concreto di sostegno all’arte e alla cultura contemporanea. Negli anni, poi, la cosa si è evoluta con la creazione della Fondazione Ermanno Casoli nel 2007, e la nomina di Marcello Smarrelli a direttore artistico».
N.M.: Un’evoluzione che, a livello italiano, rappresenta anche una tappa importante per quello che è il rapporto arte e azienda…
F.C.: «La FEC – Fondazione Ermanno Casoli nasceva con due scopi. In primo luogo, come già era avvenuto col Premio, quello di mantenere viva la memoria di mio padre. Contemporaneamente, però, siamo stati anche un po’ i precursori nel portare gli artisti a lavorare in azienda. Siamo partiti con Elica e, insieme a Smarrelli, abbiamo iniziato a lavorare con artisti già molto affermati sulla scena internazionale. Sono nati così i primi progetti di formazione con i nostri dipendenti che iniziavano a confrontarsi con persone che non c’entravano niente con l’azienda. Tutto partiva dalla consapevolezza che nell’arte c’è tanto lavoro come nell’impresa c’è tanta voglia e necessità di creatività. Quello che volevamo fare con questi primi esperimenti di interazione tra arte e azienda, era di far capire ai nostri dipendenti, dai dirigenti agli operai, che la creatività ci può aiutare in ogni cosa che facciamo e che l’approccio creativo di un artista non è poi così diverso da quello che ci vuole, ogni giorno, in un’azienda per mantenere la competitività».
N.M.: Ecco, che influenza ha avuto l’arte contemporanea sul clima aziendale di Elica e sui processi di creazione e produzione aziendali?
F.C.: «Inizialmente è stata accolta con molto scetticismo, anche perché l’arte contemporanea, nel 2007, non era molto nelle corde dei nostri dipendenti. Era vissuta come molto distante e le opere che vediamo nei musei d’arte contemporanea o nelle grandi manifestazioni come la Biennale di Venezia, erano giudicate atti di distruzione o quantomeno di provocazione. Noi, però, siamo risusciti ad azzeccare gli artisti giusti per far passare il concetto che stava alla base di questo progetto. Questa è stata forse la parte più complessa della storia. Ma adesso questo ostacolo è stato superato e questa iniziativa è cresciuta. Monitorare il risultato concreto di queste attività non è facile, ma da quando esiste la Fondazione abbiamo avuto diversi benefici come ad esempio l’aumento nei brevetti del 270%. Mi piace pensare che il cammino intrapreso abbia instillato nei nostri dipendenti un seme di ragionamento che ci ha permesso di cambiare: collaborare con artisti che si mettono in gioco ogni giorno ha fatto capire loro che ci possono essere molti modi con cui pensare e guardare ad un “problema”. E questo è certamente il principale valore aggiunto di questa iniziativa. Tant’è che alcune aziende vicine al nostro spirito, come la Angelini, hanno iniziato a seguirci e hanno richiesto progetti di formazione alla nostra Fondazione. Si può dire che è nato una sorta di metodo FEC che porta a risultati importanti, sia in termini di miglioramento del clima aziendale e di produzione, sia di comunicazione. Uno dei risultati di cui vado più fiero è che oggi i nostri dipendenti si sono appassionati e vogliono vedere e vivere in prima persona l’esperienza dell’arte contemporanea. E mi è capitato di incontrarli anche all’ultima Biennale di Venezia, mentre ero lì in visita con la mia famiglia».
N.M.: Prima diceva che avete avuto la “fortuna” di “azzeccare” gli artisti giusti. Come li selezionate?
F.C.: «Questo è il valore aggiunto che porta il nostro direttore artistico Marcello Smarrelli, affiancato da un comitato scientifico che segue molto da vicino il mondo dell’arte contemporanea e poi una rete di conoscenze fatta di artisti italiani e internazionali. Lavorando ai progetti di formazione della FEC gli artisti hanno capito che questa contaminazione può essere molto utile anche per loro, può far crescere e dare prospettive nuove alla loro ricerca e alla loro poetica. Ci piace coinvolgere sempre di più gli artisti e far capire loro che anche l’industria è una forma di creatività e che vogliamo farli parlare con i ragionieri, con gli ingegneri…».
N.M.: Peraltro è da questa attività che nasce, la Elica Corporate Collection le cui opere sono tutte frutto proprio dell’interazione tra dipendenti e artisti di fama internazionale…
F.C.: «E’ una collezione che rispecchia a pieno lo spirito di quello che facciamo. Invitiamo gli artisti e li facciamo entrare in fabbrica, in ufficio, nelle nostre sedi in giro per il mondo. E, alla fine, insieme agli operai e agli impiegati creano un’opera che entra a far parte della nostra collezione oggi “itinerante”, con pezzi in tutti i nostri plant nel mondo. E’ una cosa che è venuta naturale, una collezione di cui siamo molto orgogliosi e che nel 2015 è stata inserita nel volume Global Corporate Collection come una tra le 100 più belle collezioni d’arte aziendale nel mondo».
N.M.: Come si sostiene l’attività della Fondazione Ermanno Casoli?
F.C.: «La Fondazione è una diretta emanazione della famiglia, più che di Elica, e oggi si finanzia attraverso le attività di formazione dirette e quelle realizzate attraverso formatori collegati a noi e con cui progettiamo dei corsi o degli workshop che portiamo in giro per l’Italia. Come quelli fatti con il Sole24Ore, Angelini o Jungheinrich, tanto per citarne qualcuno. La famiglia aiuta moltissimo nel rendere sostenibile questo progetto che, necessariamente, deve confrontarsi con il mercato e proporre un “prodotto” che abbia anche un suo valore economico. Il fatto che qualcun altro, oltre a Elica, sia disposto a investire in questo tipo di attività è una delle cose di cui andiamo particolarmente orgogliosi».
N.M.: Per il prossimo futuro a cosa state pensando?
F.C.: «Stiamo lavorando ad un libro, edito da Egea, che racconta i primi 10 anni di attività della Fondazione Ermanno Casoli e di come abbiamo interpretato il rapporto arte-impresa. E poi delle iniziative rivolte al nostro territorio, alla zona di Fabriano dove Elica è nata e a cui siamo legatissimi. Vorremmo coinvolgere grandi artisti e farli lavorare assieme ai cittadini, vorremmo lavorare di più con i nostri plant nel mondo oltre a portare avanti progetti con altre aziende, come abbiamo sempre fatto. A tale proposito stiamo anche lavorando per metterci “in rete” con le altre imprese italiane che hanno fondazioni d’arte o corporate collection, così da creare una rete funzionale, più coordinata e strutturata. Stiamo pensando inoltre di organizzare qualche mostra da affiancare alle aperture al pubblico che, normalmente, facciamo in azienda per far vedere la nostra collezione. Ma ancora è presto per fare annunci».