A tutti i collezionisti sarà capitato almeno una volta nella vita di dover restaurare un’opera, vuoi per un problema conservativo dettato dal tempo, vuoi per un danno accidentale, magari per sistemare un’opera appena acquistata o prima di metterla in vendita.
Prima di procedere con il restauro è prassi comune chiedere al restauratore un progetto di intervento con il relativo preventivo di spesa. In questo caso, il collezionista potrebbe essersi trovato ad accertare con stupore che il preventivo dell’intervento di restauro abbia superato il valore dell’opera stessa. È possibile ciò e perché avviene? E cosa si può fare in questi casi?
Per rispondere alla prima domanda, è bene comprendere che i fattori che determinano il costo di un intervento di restauro sono molteplici: la gravità del danno, le sue dimensioni, la tecnica esecutiva, ecc. In base a questi elementi il restauratore valuta il tempo necessario per la progettazione, la sperimentazione e infine per l’intervento vero e proprio, aggiungendo naturalmente i costi fissi relativi, per esempio, al trasporto, all’assicurazione, all’attrezzatura e ai materiali.
Tutti questi ultimi elementi, tuttavia, incidono normalmente in minima parte sul costo finale di un restauro. Quello che peserà maggiormente, infatti, sarà il tempo che l’intervento richiede. Il restauro è, infatti, un lavoro di alta precisione: spesso se il restauratore sbaglia, è impossibile tornare indietro, e questo fa sì che le varie operazioni debbano essere ben ponderate ed eseguite prendendosi il giusto tempo. Inoltre, più è complessa la tecnica esecutiva maggiore sarà il tempo di studio e di sperimentazione da effettuare prima dell’intervento vero e proprio e anche questo potrebbe incidere notevolmente sui costi.
É quindi certamente possibile che un intervento di restauro superi il valore dell’opera, avendo esso natura tecnica e non essendo pertanto determinato sulla base del valore commerciale dell’opera d’arte, dal quale è invece quasi del tutto slegato (fa eccezione, ad esempio, il costo “accessorio” dell’assicurazione che è, naturalmente, commisurato al valore dell’opera).
Cosa fare dunque quando “il gioco non vale la candela”?
Una via di mezzo per abbattere i costi potrebbe essere quella di concordare un restauro svolto in più fasi. In questo modo, durante ciascuna di esse, il restauratore dovrà confrontarsi con la proprietà per decidere insieme se procedere o no con le fasi successive: per esempio le fasi di pulitura dell’opera possono essere graduali o l’invasività di un intervento decisa man mano così da potersi fermare qualora – agli occhi del collezionista – l’opera non “meritasse” ulteriori investimenti. La scelta di questa possibilità dovrà tuttavia tenere conto dei limiti dettati dal tipo d’intervento di restauro necessario (è chiaro, infatti, che se il danno da risolvere fosse uno squarcio in una tela non ci potranno essere vie di mezzo: o si interviene oppure non si fa nulla) e dovrà essere effettuata nella consapevolezza che tale strada non sarà mai del tutto soddisfacente: sarà sempre un lavoro, per così dire, fatto a metà.
In definitiva, dunque, l’unico fattore determinante nella scelta di restaurare o meno un’opera è il valore che decidete di dare all’opera stessa. A volte, infatti, il valore affettivo dell’opera potrebbe superare di gran lunga quello di mercato: in questo caso, qualsiasi cifra per valorizzarla varrà la spesa. Il mio consiglio è quindi di non ricorrere a tagli sul budget prediligendo restauri frettolosi o realizzati da professionisti poco competenti e, per questo, più economici. Un restauro svolto male rischia di rovinare l’opera più di prima. Piuttosto conservate l’opera in modo da non peggiorarne il danno, in attesa di operare il giusto investimento per farla restaurare al meglio.