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Gallerie: il fisco, il PNRR e il rilancio del mercato italiano

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Con il progressivo allentamento delle misure restrittive, in tutto il mondo le fiere d’arte sono tornate ad essere centri nevralgici del mercato, incrementando così la flessibilità del settore nel riuscire ad adattarsi al mutato contesto sociale e di mercato, soprattutto sul lato dell’offerta.

Operatori e professionisti del mercato dell’arte hanno, infatti, proseguito nella ricerca di nuove soluzioni per soddisfare le aspettative dei clienti, affidandosi alle piattaforme virtuali e consolidando la proposta di nuovi tipi di beni e modalità di vendita, tra cui NFT e criptovalute.

Tale strategia è stata la risposta ad una crescente presenza di giovani, in particolare Millennial, che si affacciano sempre più al mercato dei beni da collezione, portando di conseguenza nuove esigenze, nuove abitudini d’acquisto e rappresentando al contempo un nuovo potenziale target da fidelizzare.

Come abbiamo visto nell’intervista al nuovo presidente ANGAMC tutto ciò, nel nostro Paese, incontra qualche difficoltà di troppo, a partire da un ricambio generazionale in campo collezionistico estremamente lento; un modello fieristico da ripensare e un mercato dell’arte che ha perso di competitività, complice un sistema di norme che non sempre agevola il lavoro dei galleristi italiani oggi alle prese con una profonda trasformazione del proprio lavoro.

Con il presente contributo si intende, così, analizzare più in dettaglio alcune problematiche e opportunità di natura fiscale che rendono più o meno competitivo il mercato dell’arte italiano rispetto ai concorrenti europei e non solo.

L’obiettivo è quindi di porre l’accento su talune condizioni disparità ed evidenziare al contempo anche alcune opportunità per rilanciare e rendere più concorrenziale il comparto artistico e culturale del nostro paese.

La riduzione dell’aliquote IVA per le importazioni di opere d’arte

Le cessioni di oggetti d’arte e da collezione sono soggette ad IVA con aliquota ordinaria. Più in particolare, il n. 127-septiesdecies della Tabella A, Parte III, allegata al DPR 633/72 ha previsto l’applicazione dell’aliquota agevolata del 10% unicamente nei seguenti casi:

  • importazioni di oggetti d’arte, da collezione o di oggetti di antiquariato, indipendentemente dallo status dell’importatore (privato, rivenditore, casa d’asta, ecc.); in tal caso, l’aliquota agevolata è applicabile soltanto all’atto dell’importazione di detti beni, non anche alle successive rivendite interne, che sono invece soggette ad aliquota ordinaria;
  • cessioni interne di oggetti d’arte quando vengono effettuate direttamente dagli autori delle opere ovvero dai loro eredi o legatari.

Allargando i confini a livello europeo, emerge come ad esempio sia prevista un’aliquota del 5.5% in Francia e del 5% nel Regno Unito.

Tale differenziale costituisce un gap di natura tributaria, che non favorisce di certo la libera circolazione delle opere d’arte, settore già gravemente colpito dopo due anni di pandemia. Sul punto si auspica quindi un riallineamento dell’aliquota del nostro paese per potersi uniformare ad altri stati limitrofi.

L’innalzamento della soglia per l’esportazione

Per quanto concerne invece l’esportazione di opere d’arte non è più necessario ottenere un attestato di libera circolazione per l’uscita definitiva di opere (non reperti archeologici, parti di monumenti, manoscritti o incunaboli) realizzate da autori scomparsi da oltre 70 anni e con valore inferiore alla soglia di euro 13.500.

È sufficiente, infatti, la compilazione di un’autocertificazione secondo i Modelli E 1 (per i beni artistici) ed E2 (per i beni librari), allegati al Decreto 17 maggio 2018 n. 246. Tale modifica normativa è avvenuta con il decreto 31 luglio 2020 n. 367. Nonostante tale intervento normativo il nostro paese risulta non essere ancora competitivo.

Infatti, il primo gennaio 2021, giorno in cui il Regno Unito ha lasciato l’UE, la Francia ha innalzato i valori soglia ai quali sono richiesti i “passaporti” di esportazione a 300.000 euro per i dipinti di età superiore a 50 anni e a 100.000 euro per le sculture.

Anche in questo caso, in assenza di un intervento legislativo di maggiore impatto si rischia un ulteriore indebolimento del mercato a causa di una ristretta circolazione delle opere dovuta ai costi connessi.

I dazi doganali e le opportunità delle difficoltà del mercato UK

Nel nostro paese è bene ricordare come nel caso di acquisto definitivo di opera d’arte proveniente da un territorio extracomunitario ed introduzione permanente della stessa nell’Unione Europea sarà necessario procedere immediatamente ad un’importazione definitiva.

In questo caso le importazioni di un’opera d’arte sono soggette alle medesime formalità doganali previste per le normali merci: l’opera, quindi, dovrà essere presentata all’Autorità doganale e fatta oggetto di ordinaria dichiarazione, nella quale sarà precisato il regime cui vincolarla.

La presentazione della dichiarazione doganale si accompagna all’assolvimento degli oneri fiscali a ciò conseguenti, vale a dire il pagamento dell’Iva all’importazione e dei dazi doganali. Per quanto concerne i dazi doganali si noti che la Taric, ossia la Tariffa integrata, dispone l’integrale esenzione dai dazi doganali per tutte le opere d’arte, da collezione e le antichità come definite nel capitolo 97.

Allo stesso tempo, la Brexit ha generato l’insorgere di una complessità aggiuntiva per le merci provenienti dal Regno Unito, derivante dalla necessità di un numero EORI – ossia un codice univoco di registrazione e identificazione dell’operatore economico – che viene assegnato nell’ambito della Comunità economica europea per l’esportazione o l’importazione dei beni.

Tale adempimento ha certamente avuto un impatto sulla facilità di importazione nel Regno Unito e sulla circolazione delle opere con la conseguenza che alcune gallerie hanno scelto di smettere di importare merci nel Regno Unito; invece, ora stanno cercando di vendere direttamente da dove provengono le opere, come in Francia, Italia o Spagna.

Pertanto, per gli operatori italiani è assolutamente fondamentale evidenziare tale vantaggio in quanto permetterebbe di facilitare l’ingresso di opere d’arte nel territorio dello stato per la successiva rivendita.

L’ impiego delle risorse derivanti dal PNRR

Per concludere l’analisi sulle opportunità per il settore dell’arte, appare opportuno evidenziare l’impiego delle risorse del PNRR.

Sulla base dei dati comunicati dal Ministero della Cultura le risorse sono assegnate nelle seguenti aree:

  • Patrimonio culturale per la prossima generazione: in tale capitolo sono previsti investimenti per creare un patrimonio digitale della cultura: digitalizzazione del patrimonio culturale, favorendo la fruizione e lo sviluppo di servizi da parte del settore culturale/creativo, a cui si aggiungono interventi dedicati a migliorare l’accessibilità dei luoghi della cultura e la sostenibilità ambientale, in termini di efficientamento energetico;
  • Rigenerazione di piccoli siti culturali con l’obiettivo della valorizzazione del patrimonio di storia, arte, cultura e tradizioni presenti nei piccoli centri italiani e nelle zone rurali;
  • Industria culturale e creativa 4.0: la finalità è quella di supportare l’evoluzione degli operatori dell’industria culturale e creativa. Questo comporterà di intervenire sia sui processi del settore, rivedendo gli appalti pubblici per gli eventi culturali in logica di maggiore sostenibilità ambientale, sia sulle competenze, supportando il capability building degli operatori su temi green e digitali.

In conclusione, l’investimento di tali risorse rappresenta una grande opportunità per rilanciare il settore culturale.

Tuttavia, le politiche economiche devono essere, senza alcun dubbio, accompagnate anche da interventi di natura fiscale, tra le quali la riduzione dell’iva sulle importazioni e l’innalzamento delle soglie per l’esportazione, con l’unico fine di rendere più efficiente il mercato italiano dell’arte.

Andrea Savino
Andrea Savino
Andrea Savino (n.1991) è un dottore commercialista e revisore legale di Torino specializzato in diritto e fiscalità internazionale. Membro della commissione economia della cultura del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, già presidente della commissione cultura dell'Unione Nazionale Giovani Dottori commercialisti, nonché membro della Commissione Internazionalizzazione e Fiscalità Internazionale dell’UNGDCEC - Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti e ricercatore dell’Istituto Universitario di Studi Europei (IUSE).

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