La Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano ha recentemente registrato come marchio europeo la firma “Io Leonardo” di Leonardo da Vinci, rinvenuta in una pagina del Codice Atlantico da loro conservato (marchio prot. n. 018859105; cfr. Fig. 1).
L’eco di questa notizia ha raggiunto le pagine di diversi giornali, portando all’attenzione del pubblico la pratica di adottare opere d’arte come segni distintivi; spesso aventi ad oggetto l’eclettico genio toscano. Non è la prima volta infatti che Leonardo, o alcune sue opere, vengono adottati come segni distintivi e registrati come marchi. La Gioconda, ad esempio, è stata in passato il volto di un’omonima acqua (che, a detta del produttore, “libera il corpo, allieta lo spirito”, come riportato sull’etichetta; cfr. Fig. 2); più di recente, l’”Uomo Vitruviano” è stato registrato come marchio da un’azienda toscana per contraddistinguere i propri vini (marchio europeo prot. n. 018205078; cfr. Fig. 3); ma i casi sono tantissimi.
Tuttavia, sorge spontanea una domanda: è lecito adottare la firma o un’opera di Leonardo come marchio? La risposta, in un intricato connubio tra diritto dei beni culturali e normative sui marchi, sollecita una riflessione.
In quanto beni culturali – ovvero beni di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico – le opere di Leonardo da Vinci, che siano di titolarità pubblica o privata (sebbene a differenti condizioni), sono tutelate nel nostro ordinamento dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e succ. mod (il “Codice Beni Culturali”; di seguito, anche solo “CBC”), con la conseguenza che la riproduzione con finalità di lucro deve essere di norma autorizzata dal proprietario, dal possessore o dall’ente che ha in custodia il bene.
Per quanto riguarda poi la disciplina dei marchi, il decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 e succ. mod. (il “Codice Proprietà Industriale”; di seguito anche solo “CPI”) prevede che i segni notori usati in campo artistico possano essere registrati o usati come marchio solo dall’avente diritto o con il consenso di quest’ultimo (art. 8 co. 3 CPI) e che non possano costituire oggetto di registrazione come marchi italiani (tra gli altri) “i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi” (art. 14, co. 1, lett. c, CPI).
Similmente il Regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 giugno 2017 sul marchio dell’Unione europea (di seguito, “RMUE”) elenca tra i motivi di nullità relativa per la registrazione di un marchio europeo, la circostanza che la sua utilizzazione possa essere vietata in virtù di un altro diritto anteriore, in base al diritto interno che ne disciplina la protezione (art. 60, co. 2 RMUE). Sia l’ordinamento italiano che quello europeo prevedono però che l’adozione e l’uso in buona fede di un segno, continuato per più di cinque anni, non possa più essere contestato dal titolare dei diritti; si tratta del c.d. istituto della “convalida” o “convalidazione” del marchio.
Ciò significa che l’adozione e la eventuale registrazione come marchio di un’opera di Leonardo, spesso molto nota e comunque oggetto di diritti esclusivi quale bene culturale privato o pubblico, in mancanza di una causa “esimente” come la convalida (in quanto non contestato per più di cinque anni e sussistendone i presupposti), richiede il consenso del titolare dei diritti sull’opera in questione, come ad esempio l’ente che la custodisce. In caso contrario, l’avente diritto potrebbe contestare l’uso non autorizzato del segno distintivo e/o domandare la nullità della registrazione del marchio (oltre, ovviamente, il risarcimento del danno).
Pertanto, prima di scegliere Leonardo o una sua opera come emblema delle proprie attività, nonostante sia un indiscusso campione della creatività e del genio italiano per la sua grandezza artistica e intellettuale, è opportuno accertare con attenzione quali diritti insistano sull’opera prescelta e assicurarsi di aver ottenuto tutti i necessari consensi dall’avente diritto; a meno che l’ente che procede all’adozione come segno distintivo e alla eventuale registrazione come marchio non sia il titolare stesso di tali diritti, come per l’appunto nel caso della Veneranda Biblioteca Ambrosiana per la firma del maestro.