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Banksy e “Il Lanciatore di Fiori”: la controversia sul marchio UE e le strategie di registrazione.

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Il 21 dicembre 2023 l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) è tornato a pronunciarsi su una delle opere più iconiche del misterioso street artist inglese Banksy, “Il lanciatore di fiori” (“Flower Thrower”), originariamente dipinta sul muro di un garage di Betlemme. 

La disputa ha visto contrapposte Pest Control Office Ltd. (di seguito, “Pest Control”), società istituita per autenticare le opere di Banksy e con l’obiettivo di tutelare i prodotti artistici a maggior rischio di falsificazione, e Full Colour Black, un’azienda inglese produttrice di biglietti d’auguri ispirati all’arte urbana. La questione? La ripetuta registrazione del marchio raffigurante l’iconica opera, da parte di Pest Control, per prodotti identici o simili (ad eccezioni di pochi nuovi) a quelli già coperti da una registrazione precedente europea (domanda n. 01275155) cancellata per mancanza di uso (decisione no. 33843 C del 14 settembre 2020). 

Più nel merito, in data 30 novembre 2020, Full Colour Black ha depositato un’istanza di dichiarazione di nullità del marchio UE figurativo n. 18118853, depositato il 30 agosto 2019 e registrato il 22 maggio 2020 (come riprodotti di seguito):

contro tutti i prodotti e i servizi coperti dallo stesso (dalle vernici all’abbigliamento, e nello specifico quelli compresi nelle classi merceologiche 2, 9, 16, 18, 19, 24, 25, 27, 28, 41 e 42 della Classificazione di Nizza), invocando l’articolo 59, paragrafo 1, lettera a) del Regolamento sull’Unione Europea dei Marchi (RMUE), in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c)., RMUE nonché l’articolo 59, paragrafo 1, lettera b), RMUE. L’accusa? Malafede nel deposito per evitare l’obbligo di dimostrare l’uso effettivo del marchio. Del resto il marchio impugnato era stato depositato il 30/08/2019 il quale corrispondeva alla scadenza del periodo di grazia del MUE n. 12 575 155 (il primo marchio) che è stato registrato il 29/08/2014.

Nonostante Banksy abbia sempre incoraggiato la diffusione libera delle sue opere, offrendo persino versioni ad alta risoluzione sul suo sito web per il download e la produzione di oggetti personalizzati, sembrerebbe che l’artista (consapevole della loro massiccia diffusione) stia ora cercando, tramite Pest Control, di assicurarsi un controllo esclusivo delle sue creazioni, una mossa che peraltro  contrasta con le sue precedenti dichiarazioni provocatorie sul copyright (come il famoso “il copyright è per i perdenti“, tratto dal suo libro “Wall and Piece”). 

Pest Control è stata infatti accusata di sfruttare il marchio come strumento per monopolizzare le immagini a tempo indeterminato, senza alcuna intenzione di utilizzarle commercialmente. 

Ma è davvero così? 

Full Colour Black ha sostenuto che il marchio contestato è un nuovo capitolo della saga, un nuovo deposito del marchio precedente mirato ad evitare sanzioni per mancanza di prova d’uso. La prova di questa affermazione? Secondo la ricorrente risiede nella coincidenza cronologica: il marchio impugnato è stato depositato il 30/08/2019, coincidendo con la scadenza del periodo di grazia del primo marchio, registrato il 29/08/2014. Banksy, infatti, non avrebbe mai fatto uso del marchio, in quanto le sue attività lo precludono e avrebbe sempre e solo riprodotto “Il lanciatore di fiori” come opera d’arte. 

Pest Control ha difeso con forza la propria posizione, affermando che il deposito del marchio è avvenuto in buona fede e che, al momento del deposito della domanda di registrazione, c’era chiara intenzione di utilizzarlo, un proposito che si è poi effettivamente concretizzato. Contrariamente alle accuse ricevute, il titolare ha sottolineato che la registrazione mirava a proteggere un segno che stava per essere utilizzato, e non ad evitare l’obbligo di provare l’uso effettivo. Ha evidenziato inoltre che esistevano differenze nelle specifiche dei prodotti e servizi tra il marchio contestato e quello precedente, cosicché la registrazione non poteva essere considerata una domanda ripetuta. 

Il 21 dicembre 2023, la Divisione di Annullamento dell’EUIPO, con la decisione N. 47 807 C, ha accolto parzialmente il ricorso di Full Colour Black: il marchio UE n. 18 118 853 è stato quindi dichiarato nullo per alcuni dei prodotti e servizi contestati (quelli inclusi nelle classi merceologiche 2, 9, 16, 18, 19, 24, 25, 27, 28, 41 e 42 della Classificazione di Nizza), e mantenuto registrato solo per altri, indicati come “nuovi” rispetto alla domanda precedente. 

Una decisione che ha sollevato considerazioni sulla malafede, indicando che un comportamento ripetitivo, quando mirato a evitare sanzioni per mancanza di prova d’uso, può rilevarsi indicativo della stessa. Si tratta di una strategia che sembra essere stata efficacemente contrastata dall’occhio attento degli esaminatori dell’EUIPO.

Gli esaminatori hanno tenuto a precisare con chiarezza (richiamandosi anche a precedenti decisioni emesse) che, sebbene la pratica dei depositi ripetuti di un marchio non sia di per sé vietata, resta il fatto che, se tale procedura viene adottata con l’esplicito scopo di eludere le conseguenze derivanti dal mancato uso dei marchi anteriori, ciò può costituire un elemento idoneo a dimostrare la malafede da parte del richiedente. Il periodo di grazia di 5 anni concede al titolare un periodo di tempo ragionevole durante il quale preparare e poi lanciare una gamma di prodotti o servizi con un marchio specifico senza doversi preoccupare, durante tale periodo, se i criteri per l’uso effettivo stabiliti nel RMUE sono stati soddisfatti. Tuttavia, detenere una registrazione, non usarla, abbandonarla dopo cinque anni e poi presentare una nuova domanda con l’obiettivo di ottenere un nuovo periodo di cinque anni, prolunga artificialmente il periodo di grazia, in definitiva all’infinito, poiché questo schema potrebbe essere ripetuto con una frequenza illimitata.

L’articolo 59, paragrafo 1, lettera b), RMUE prevede la nullità di un marchio UE se il richiedente ha agito in malafede durante la presentazione della domanda di marchio. 

Nel caso di Banksy, l’EUIPO ha considerato sospetto il deposito della domanda relativa al marchio contestato, soprattutto per i prodotti e servizi coperti dalla registrazione precedente, valutando la cronologia degli eventi. L’azione è stata ritenuta priva di una logica commerciale, indicando la malafede nella strategia di deposito adottata da Pest Control, che avrebbe creato artificialmente una situazione in cui non sarebbe stata tenuta a dimostrare l’uso effettivo del suo marchio.

Non è la prima volta che l’artista ed i suoi marchi sono al centro dell’attenzione dell’EUIPO, come evidenziato dall’autore Gilberto Cavagna nel suo articolo Il copyright non farà per Banksy, ma (per il momento) i marchi registrati sì – Collezione da Tiffany. La continua controversia attorno a Banksy sollecita una riflessione critica sull’intenzione di proteggere le opere d’arte in un contesto in cui la loro diffusione globale è incoraggiata dall’artista stesso. La questione non riguarda solo il diritto, ma anche l’etica e l’intenzione dietro la registrazione dei marchi. Il caso potrebbe aprire la strada a ulteriori sviluppi normativi e stimolare dibattiti che definiranno il futuro della tutela della proprietà intellettuale nell’ambito dell’arte urbana e delle espressioni creative contemporanee.

(Contributo redatto in collaborazione con Maria Giulia Contatore)

Gilberto Cavagna di Gualdana
Gilberto Cavagna di Gualdanahttps://www.bipartlaw.com/
Gilberto Cavagna di Gualdana è avvocato cassazionista specializzato in diritto della proprietà industriale e intellettuale, con particolare attenzione al diritto dell’arte e dei beni culturali.

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