L’arte urbana da sempre rappresenta una componente innovativa e frizzante nel comparto artistico con la sua manifestazione in luoghi pubblici che normalmente non sono preposti alla realizzazione di opere, quali ad esempio muri, strade e piazze. Le prime opere della Street Art vengono fatte generalmente risalire agli anni Ottanta anche se non mancano esempi precedenti, e la corrente ha attraversato ormai diversi decenni assumendo importanza sempre maggiore e diversificandosi nelle tecniche.
Con questo articolo desideriamo approfondire il mondo dell’arte urbana con l’intervista a Sofia Bonacchi della Street Levels Gallery, un luogo in grado di indagare sui vari livelli di interazione dell’arte – tra strada, pubblico e spazio espositivo – interagendo con il tessuto urbano in un scambio reciproco e dinamico, in costante mutamento.
1) Per prima cosa grazie per il tempo dedicato a Collezione da Tiffany. Street Levels Gallery rappresenta una galleria dedicata alla Street Art. Quali sono i punti che vi caratterizzano?
Grazie a te per avermi ospitato sul vostro blog. Fin dalla sua apertura nel 2016, Street Levels Gallery ha rappresentato uno spazio dedicato alle diverse forme di espressione della creatività urbana. Questo aspetto va oltre il classico concetto espositivo di una galleria d’arte e si pone come un punto di informazione chiave su questo movimento artistico. Nel corso degli anni, abbiamo sempre cercato di esplorare i punti di convergenza e divergenza tra l’arte, lo spazio espositivo e lo spazio pubblico, svolgendo un ruolo di mediatore rispetto agli interessi delle comunità che serviamo.
2) Come siete riusciti a rendere “collezionabile” un mondo quello del Street Art che di solito è caratterizzato da uno spirito libero?
La Street Art, a nostro avviso, non può prescindere dal suo impulso spontaneo, poiché è proprio questa spontaneità che le ha dato vita. Tuttavia, è importante ricordare che gli artisti che utilizzano la strada come tela sono, innanzitutto, artisti. Ciò significa che lavorano anche in uno studio, creano opere d’arte che possono essere collezionabili, hanno un pubblico sempre più ampio e, soprattutto, come qualsiasi altro artista, hanno il diritto di vivere della propria arte. La Street Art non dovrebbe essere vista solamente come l’opera finale che vediamo sui muri. La strada è una destinazione, talvolta un mezzo, ma non dovrebbe mai rappresentare un limite. Altrimenti, si costringerebbero gli street artist a interagire con i muri solo per passione, invece che per scelta. Nel corso degli anni, la nostra galleria si è impegnata a tutelare questo movimento e i suoi artisti, elevandoli al ruolo di artisti a tutti gli effetti agli occhi delle istituzioni e del pubblico, facendo perno sulle contraddizioni sottese alle concezioni che riguardano il loro movimento di appartenenza.
3) Come giudichi l’impatto degli NFT e dell’intelligenza artificiale sul vostro mercato di riferimento?
Credo che sia ancora presto per fare una valutazione precisa, specialmente qui in Italia, dove il mercato dell’arte tradizionale è profondamente radicato e spesso si basa su modelli di economia c.d. brick and mortar, come le gallerie fisiche e le case d’asta tradizionali. Stiamo ancora vivendo una fase di transizione affascinante tra il passato e il futuro, tra l’abbandono di una tecnologia e l’adozione di un’altra. Ciò che è indiscutibile è l’entità dell’impatto generato dalla transizione guidata dall’IA e dagli NFT, la quale sta profondamente rivoluzionando il nostro settore in modi che erano impensabili.
4) Passiamo invece al tuo percorso professionale ed artistico. Raccontaci come ti sei avvicinata a questo mondo?
Il mio percorso è piuttosto singolare, nel senso che nulla nella mia precedente carriera professionale avrebbe mai suggerito che avrei diretto una galleria d’arte urbana. Tuttavia, ora che lo faccio, mi rendo conto di quanto fossi destinata a questa professione. Credo che il mio punto di partenza sia stato il contesto professionale della mia famiglia, dove la maggior parte dei membri lavora come organizzatori in settori molto diversi. Il resto è stato una serie di coincidenze (anche se non credo molto nelle coincidenze) che mi hanno portato, durante i miei studi universitari a Firenze, a scoprire questa realtà, a condividere i suoi principi e a farmene promotrice attiva.
5) Dal tuo punto di vista di operatrice e gallerista, quali sono i suggerimenti per avvicinare sempre più persone al mondo dell’arte?
Dal mio punto di vista, è essenziale che le istituzioni espositive e gli operatori culturali contribuiscano a demistificare i processi artistici, rendendoli più accessibili e comprensibili al pubblico. Le gallerie d’arte spesso appaiono intimidatorie per chi non è del settore, e questo rappresenta di per sé un problema, poiché può alienare la percezione di chi può essere un artista, una galleria o un curatore. Credo fermamente che per coinvolgere il pubblico sia necessaria una comunicazione chiara, costante, inclusiva ed esaustiva. Altrimenti, il discorso sull’arte rimarrà confinato a coloro che conoscono il suo linguaggio.