Un mercato ok, resiliente ma non più entusiasmante: questo è quello che sembra emergere dal report annuale di Art Basel e UBS sullo status del mercato dell’arte firmato come ogni anno dalla dottoressa Clare McAndrew e la sua Arts Economics.
Dopo 2 anni di crescita, nel 2023 le vendite del mercato dell’arte hanno subito un rallentamento, con un calo del 4% rispetto all’anno precedente per un valore stimato di 65 miliardi di dollari.
Le cause sono ormai note: i tassi di interesse in rialzo, l’ inflazione e l’instabilità politica a livello globale. E uno smorzarsi della frenesia ed entusiasmo d’acquisto dei collezionisti nelle varie regioni, che aveva caratterizzato il periodo pandemico.
A risentirne, ad oggi, è soprattutto la fascia più alta del mercato, sia per quanto riguarda le gallerie che le case d’asta. Queste ultime però sono quelle che hanno registrato un calo maggiore, del 7%, rispetto quello dei galleristi del 3%.
Sebbene diminuiti rispetto all’anno precedente, i valori sono comunque rimasti al di sopra del livello pre-pandemia (2019) per un totale di 64,4 miliardi di dollari, nonostante il prezzo massimo in asta pubblica pagato quest’anno sia sceso del 16% rispetto all’anno precedente.
Questo rallentamento del mercato si sta sentendo soprattutto in US che, sebbene rimanga il mercato principale (42% del valore delle vendite globali) ha visto quest’anno una contrazione del 10%, che lo ha riportato ai livelli del 2019.
La Cina, comprese la Cina continentale e Hong Kong, è diventata invece il secondo mercato globale dell’arte, con una quota ad oggi del 19% per un totale di $12.2 miliardi. Tuttavia, il relativo aumento che l’ha portata al secondo posto potrebbe essere stato il risultato di un insieme unico ed irreplicabile di fattori legati alla riapertura dopo le severe e prolungate chiusure per pandemia, che hanno comportato un accumulo di materiale sul mercato per tre anni.
Anche qui però si è infatti vista una contrazione nella seconda metà del 2023, anche a causa del crollo del mercato immobiliare continentale e delle tensioni politiche, che ha avuto un impatto evidente sulle aste di novembre a Hong Kong. Sebbene alcuni indicatori stiano migliorando quest’anno, l’umore non è ancora migliorato in modo significativo – soprattutto dopo la notizia delle ultime settimane dell’approvazione dell’articolo 23 che minaccia di restringere ulteriormente le libertà di Hong Kong.
Invece, il Regno Unito è sceso ormai al terzo posto, rappresentando il 17% degli scambi a livello globale. La Francia è rimasta stabile al quarto posto, con una quota del 7% equivalente a 5 miliardi di dollari, nonostante la minaccia delle nuove legislazioni che potrebbero ostacolare ulteriori crescita del mercato. In particolare, con l’entrata in vigore del regolamento dell’Unione Europea (2019/880) approvato nel 2019, si impongono nuovi requisiti “irragionevoli e sproporzionati” per l’importazione di opere d’arte, antichità e oggetti archeologici provenienti da paesi al di fuori dell’UE.
Il rallentamento del mercato si è tradotto, nella maggior parte dei casi, in un accentramento dal punto di vista qualitativo, con un’attenuazione degli acquisti speculativi più frenetici e una maggiore attenzione al valore e alla qualità da parte dei collezionisti. Questo ha portato a una concentrazione delle vendite intorno agli artisti di punta – diverse gallerie hanno riportato che un terzo delle loro vendite nel 2023 proveniva dal singolo artista che aveva registrato il maggior numero di vendite. Ciò ha generato una tendenza al “giocare sicuro” da parte dei collezionisti e, di conseguenza, anche da parte dei galleristi, come evidenziato dall’appiattimento generale dei programmi e dalla predominanza della pittura nei principali centri artistici e nelle ultime fiere.
Al centro del mercato delle aste rimane comunque Post War & Contemporary , per un totale nel 2023 del $6.5 billion, pari al 53% del valore globale delle vendite, e 55% per volume. La pittura in asta è sempre più fresca: nel 2023, quasi 36.000 opere vendute all’asta sono state create negli ultimi 20 anni e rappresentano il 30% del totale.
Nel mentre, proprio per questa tendenza alla qualità e al “play safe”, l’arte impressionista in asta ha registrato una delle più forti riprese, con un aumento del 160% in due anni fino a 2,6 miliardi di dollari nel 2022, il livello più alto mai registrato. Tuttavia, le vendite sono rallentate nel 2023, con un calo del 35% a 1,7 miliardi di dollari.
Per quanto riguarda invece gli old masters, grazie soprattutto alla Cina, il loro mercato in asta ha visto anche qui un relativo aumento, con un + 15% dei valori a 1,1 miliardi di dollari.
Tuttavia, grazie alla gestione sempre più strategica delle aste tra garanzie e accordi pre asta, il tasso di vendita si è assestato attorno a un 71% nelle varie categorie, non lontano dall’anno precedente.
La parte online del business è ormai dalla pandemia andato a integrarsi completamente con le pratiche di gestione del mercato di gallerie e case d’asta, continuando così a crescere per un 7% rispetto all’anno precedente, nonostante la flessione del mercato, raggiungendo una cifra stimata di 11,8 miliardi di dollari.
Pare invece ormai del tutto finita la corsa per gli NFT, il cui mercato è dimezzato quest’anno (-51%) passando dal picco dei 2,9 miliardi di dollari nel 2021 a 1,2 miliardi di dollari oggi, anche per le continue oscillazioni di valore delle criptovalute che hanno fatto perdere l’entusiasmo per quella attività perlopiù speculativa che aveva inizialmente animato queste piattaforme.
In questo scenario di generale rallentamento del mercato, ma non del sistema dell’arte, che ha ripreso pienamente il suo ritmo dopo la pandemia, con un calendario sempre più denso di fiere alle quali le gallerie non possono sottrarsi, si osserva un inevitabile crollo della profittabilità di tali attività (-40%). Nel frattempo, queste imprese si trovano anche ad affrontare un aumento dei costi degli immobili in tutti i principali centri artistici.
E se le fiere sono fondamentali per il posizionamento, in realtà anche qui le gallerie hanno visto un calo delle vendite pari al 6%, che per molte si traduce oggi in un rischio di compromettere drasticamente la propria insostenibilità finanziaria se una fiera non porta i risultati sperati. I costi di viaggio e di partecipazione alle fiere d’arte sono stati classificati come la terza sfida più importante per i mercanti nel 2023 e nel 2024.
Permane però l’ottimismo, con un 39% delle gallerie che ha previsto un aumento delle vendite delle fiere d’arte nel 2024. Anche nel settore delle aste l’ottimismo per un anno migliore nel 2024 è relativamente alto, con il 38% delle aziende di fascia media che prevede un miglioramento delle vendite.
Cosa preoccupa di più le gallerie oggi? Sicuramente la volatilità politica ed economica e gli effetti che questa sta avendo sulla domanda, mentre i costi di gestione dell’attività continuano ad aumentare. Questo metterà sicuramente alla dura prova molte attività, con il risultato che alcune chiuderanno durante quest’anno, soprattutto negli Stati Uniti, come stiamo già assistendo, soprattutto per le gallerie attive nella fascia medio-bassa. Nel frattempo, si accentra sempre più il potere commerciale e finanziario attorno ai grandi colossi, come del resto è già accaduto anche in altre industrie creative come la moda o il design.
Prioritario rimane quindi il mantenimento dei rapporti con i collezionisti esistenti, ma ancor più importante quest’anno per le gallerie intervistate è ampliare la portata geografica in termini di nuovi acquirenti e trovare nuove strategie per sinergie e collaborazioni che permettano di condividere i costi e gli sforzi, così da poter competere in qualche modo con le ormai ampie e solide organizzazioni di cui sono dotati i grandi nomi.