Annunciata nel 2012 da Deloitte e ArtTactic, la nascente Art&Finance Industry sta prendendo sempre più corpo. Complice la crisi economica, infatti, cresce il numero degli investitori che guardano con interesse agli asset “concreti”, meno legati a risorse economiche tradizionali come i bond. In primo luogo all’arte e agli oggetti da collezione che, più di altri, sono visti dai grandi possessori di capitali come utili strumenti per la diversificazione e la protezione del proprio paniere di investimenti. Al di là di questo, però, sembra che l’aspetto emozionale sia sempre al primo posto nelle decisioni dei collezionisti e degli investitori. Questo quanto emerge nel secondo Art&Finance Report stilato da Deloitte e ArtTactic che sottolinea, infatti, la necessità di tener presente questo fattore nell’approccio all’arte da parte dei servizi di wealth management.
Le cifre parlano chiaro: la maggior parte dei professionisti del mondo dell’arte (61%) e dei collezionisti (59%) è convinta che nei prossimi due o tre anni l’arte sarà sempre più utilizzata, da chi la possiede, come garanzia reale per prestiti e come investimento. Già oggi, d’altronde, il 59% dei Paperoni mondiali investe in arte (Fonte: Knight Frank / Citibank). Partito in ritardo rispetto al Sistema dell’arte, il mondo del Private Banking internazionale sta correndo rapidamente ai ripari e, tra il 2011 e il 2012, è cresciuto del 10% il numero degli wealth manager che credono nel consolidarsi dell’Art&Finance Industry nell’arco dei prossimi 12 mesi. Di loro, il 43% è molto attento agli sviluppi dei questa nuova industria e rileva un crescente numero di iniziative di formazione legate proprio a questo fenomeno: seminari, conferenze, corsi universitari e pubblicazioni. E se ancora oggi il 63% dei servizi offerti dalle banche riguarda gli aspetti più “ludici” dell’arte, un crescente numero di istituti offre oggi servizi di art advisory (57%) e di valutazione delle opere (47%). Parallelamente cresce, da parte dei clienti, la richiesta di una maggior integrazione tra i servizi di wealth management e quelli più professionali, legati al mondo dell’arte e questo, assieme al crescente valore dell’arte, sta convincendo il mondo del private banking circa la necessità di dar vita a nuovi servizi bancari in grado di proteggere, sviluppare e monetizzare questo valore.
Dal secondo Art&Finance Report emerge comunque un dato che, sicuramente, rincuorerà gli amanti dell’arte e i puristi del collezionismo che difficilmente guardano con simpatia chi compra arte solo per investimento: l’83% dei buyer intervistati ha infatti ammesso che il valore emozionale rimane sempre l’elemento fondamentale dell’acquisto d’arte. E questo è un fattore che chi gestisce i grandi capitali deve assolutamente tener di conto, anche se il 44% dei buyer ha anche ammesso che la diversificazione del portfolio di investimenti è oggi una delle motivazioni principali che spinge verso l’acquisto d’arte. Un fattore, questo, rilevato anche dagli operatori del mondo dell’arte. Come se non bastasse, inoltre, il 41% dei collezionisti internazionali afferma che utilizzerà le proprie opere d’arte come garanzia per prestiti per investire in altre attività (36%), comprare altra arte (39%) o rifinanziare altri prestiti (18%). Usi alternativi al semplice collezionare per amore che sono sintomo di una società che cambia, non sempre in meglio, e che si sente più fragile, privata delle certezze “granitiche” del capitalismo occidentale.
Spinta da una crisi economico-finanziaria che non sembra conoscere fine, la nuova Art&Finance Industry sta dunque prendendo lentamente forma, tra nuovi servizi bancari, servizi educativi – fondamentali per darle solide fondamenta -, creazione di nuovi strumenti analitici e sviluppo del mercato dell’arte online (300 le piattaforme nate solo nell’ultimo anno). Unico impiccio: la mancanza di regole di mercato codificate come avviene in altri settori. Una carenza che, però, spaventa sempre meno chi viene dal mondo delle banche ma che, certamente, richiede un maggior dialogo tra wealth manager e operatori di mercato. Nel frattempo, nel terzo quadrimestre del 2014 sarà inaugurato il nuovo porto franco del Lussemburgo, specializzato proprio dell’immagazzinamento degli oggetti di valore, spostando così, ancor di più, nel piccolo paese del Nord Europa il deposito di opere d’arte e di beni da collezione. E per tenere sott’occhio lo stato di salute di questa nuova industria che vede a braccetto arte e alta finanza, nasce anche il Deloitte ArtTactic Art&Finance Confidence Indicator, un barometro annuale pensato per registrare la fiducia del gestori di grandi ricchezze nei confronti dell’arte come investimento e, in generale, dell’ambiente economico nei prossimi 12 mesi.
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