Ha inaugurato ieri venerdì 15 ottobre la sedicesima edizione di Art Verona che, come tante altre fiere, ha saltato l’edizione del 2020 a causa della pandemia.
La proposta digitale della fiera veronese è stata ricca e ben orchestrata durante tutto l’anno, con programmi di talk e approfondimenti su diverse tematiche, prima fra tutte naturalmente quella del collezionismo.
L’attenzione e la cura verso l’universo del collezionismo, sia privato che d’azienda, è da anni il focus che contraddistingue questa fiera piccola ma con un’identità ormai forte, capace di catalizzare un pubblico attento e appassionato da tutta la penisola.
Dopo Miart e MIA Photo Fair in presenza, è dunque il turno di Art Verona, che accoglie i visitatori con un programma, sia in fiera che in città, denso di eventi e mostre. (Leggi -> ArtVerona 2021: occhi puntati sul collezionismo)
Una preview in sordina
La preview di ieri tuttavia è stata in sordina, con un afflusso di visitatori molto scarso rispetto alle precedenti edizioni. Il sospetto, di nuovo, è che la colpa sia da attribuire al concentramento di fiere che, in questo periodo, sta intasando il calendario autunnale.
Un fenomeno additato dalla maggior parte degli addetti ai lavori e appassionati come segno del fatto che il sistema dell’arte non sta ancora ripensando in modo sensato la struttura e la programmazione degli eventi post-pandemia.
Per il momento sembra prevalere la fretta di rimettersi in pista subito e a tutti i costi, con evidenti conseguenze a livello logistico.
Molte gallerie hanno sottolineato l’assenza di tanti collezionisti abituali – alcuni di essi in questi giorni sono a Frieze, o partiranno a breve per Fiac. Forse è comprensibile, dunque, che non ci siano tempo ed energie per inseguire ogni evento,seppur valido.
Un peccato, perchè ArtVerona quest’anno ha presentato un’edizione ben curata: la selezione di gallerie stupisce positivamente per le proposte fresche e aderenti alle tematiche cogenti e ai trend più attuali, come nella sezione “Evolution”, dedicata alle new media arts e ai linguaggi legati alla tecnologia.
Un passaggio di cui c’era davvero bisogno, in un anno che ha visto finalmente l’arte digitale conquistare il meritato spazio nel sistema e nel mercato dell’arte, grazie all’avvento degli NFTs.
La separazione tra arte tradizionale e arte digitale risulta ormai anacronistica, non ha più senso operare distinzioni e porre etichette in un contesto in cui gli artisti, e le gallerie, includono la tecnologia nella produzione artistica come qualsiasi altro codice del nostro tempo.
In questo contesto spicca quindi la proposta di Virginia Bianchi, giovanissima con un focus proprio sulla new media art, che propone uno stand colorato e dinamico con l’installazione “Supreme” del duo Marija Avramovic & Sam Twidale che invita a riflettere sulla nostra relazione con l’universo e l’ambiente: una simulazione in real-time, animata da un’intelligenza artificiale, ci fa entrare in un ecosistema onirico in cui esseri virtuali mutano e si riconfigurano in continuazione, in un rapporto simbiotico, generando una narrazione surreale, ma forse non troppo distante dalla nostra realtà.
Anche la galleria Bianconi ci invita al mondo dell’arte digitale e degli NFTs, proponendo il lavoro di Jonas Lund e di Mishka Henner. Jonas Lund, che già conosciamo grazie alla spinta di Johan Koenig, ha prodotto degli NFTs che obbligano il proprietario ad eseguire le istruzioni include nel lavoro (come ad esempio “andare in vacanza per due settimane”).
Attraverso gli NFTs l’universo digitale si intreccia con la vita reale nei modi più inaspettati, giocosi, sfidanti – ed è davvero un piacere registrare l’interesse dei visitatori verso questi nuovi codici della nostra contemporaneità.
Dalle nuove tecnologie si passa alla time-based art, e così allo stand di Mazzoli troviamo Donato Piccolo con “Oh, ho catturato una stella!”, una stella catturata sotto una teca di vetro che si agita e cerca di liberarsi, come quando da piccoli catturavamo le lucciole sotto a un bicchiere.
L’esplorazione dei fenomeni naturali e inafferrabili è anche al centro della ricerca di Felix Kiessling, ex allievo di Olafur Eliasson, che propone Zeitzechnung, un orologio che tenta di disegnare il tempo, e Erddurchstechung, fotodocumentazione dell’intervento pubblico con cui l’artista ha infilzato la Terra con un palo che attraversa idealmente il globo da una parte all’altra.
La pittura è comunque sempre protagonista tra gli stand di Art Verona e quest’anno la proposta è variegata e riesce a offrire uno spaccato della scena italiana e internazionale. Sempre Mazzoli propone il giovane Ariel Cabrera Montejo, che ci porta in un mondo onirico e acquatico tra scene di vita quotidiana e immaginaria nella sua Cuba.
Molte le gallerie presentano lavori di artisti stranieri, come ad esempio C+N Canepaneri, che allestisce uno stand elegante e al contempo vivace grazie alle tinte saturate del giovanissimo Patrick Bayly (New York) e MJ Torrecampo (Manila).
Giovanni Bonelli, come sempre, spinge i giovani italiani e troviamo un meraviglioso dipinto di Chiara Calore di grandi dimensioni, che ci proietta in una dimensione storica, o forse mitologica, con reminiscenze di arazzi, merletti e animali fantastici.
Pittura onirica e colori saturati anche per Giulio Malinverni, proposto da Marignana Arte, che accoglie i visitatori con una grande tela da cui è impossibile non rimanere ammaliati, tra sospensione surreale e calore delle tinte, nei lavori di Malinverni c’è sempre il dubbio di addentrarsi in un inferno dantesco o in un paesaggio di pace primordiale.
Una piacevolissima scoperta è la pittura di Ludovic Thieriz da Gare 82, una palette decisa e una pittura che abbraccia scene quotidiane ma sospese tra elementi surreali, come anche quella di Guido Sarti da Colossi Arte Contemporanea: le scene di vita domestica e cittadina a Vienna sono immerse in una luce talmente vivida, una palette talmente densa da trasmettere le vibrazioni della città nonostante le tele di piccolissimo formato.
Molti lavori sono datati 2020 e 2021, ma non ci sarebbe nemmeno bisogno delle etichette con le date: è evidente, nella figurazione e nei contenuti dei dipinti, che i lavori sono nati dal travaglio della pandemia, dalla chiusura, dalla solitudine, ma anche dalla voglia di riscatto.
Arte & Natura
Arte e natura dialogano sempre più e la ricerca artistica si mescola a quella scientifica in un approccio che ormai costituisce una tendenza forte nel sistema dell’arte.
Riscontriamo una particolare attenzione alle tematiche legate alla natura in molti stand, come ad esempio Gilda Lavia, che propone una presentazione tutta incentrata sul paesaggio, con i lavori di Leonardo Petrucci e Pamela Diamante, quest’ultima con delicatissimi lavori che mettono a confronto fotografie di paesaggi naturali con i disegni creati dalla natura stessa sulla pietra paesina (chiamata così proprio perché sembra presentare profili di paesaggi sulla sua superficie).
Da Cartavetra gallery troviamo uno stand ricco di suggestioni naturali, con i lavori di Pietro Desirò, Giorgio Distefano e Cristiano Rizzo. Da Michela Rizzo le forme della natura vengono amplificate dai lavori di Ivan Barlafante, le note pietre spaccate con precisione geometrica e la cui superficie è ricoperta da lamina di acciaio a specchio.
Con un’attenzione alla natura nel suo aspetto più poetico, Eduardo Secci presenta i lavori di Maurizio Donzelli, Alfredo Pirri e Andrea Galvani, quest’ultimo con un video, The end (Action #5): girato da un aereo militare che vola a velocità supersoniche opposte alla rotazione terrestre, il video sospende il sole che tramonta su un orizzonte oceanico. Il tempo è congelato, il sole è eterno.
In conclusione, non si può purtroppo dire che il primo giorno di Art Verona sia stato soddisfacente per i galleristi, che lamentavano un’atmosfera troppo calma, poche visite e poco entusiasmo.
La qualità delle proposte e il design della fiera tuttavia fanno però ben sperare, come anche le nuove sezioni che sicuramente attivano la curiosità dei visitatori.
Segnaliamo quindi “Introduction”, la sezione curata da Giacinto Di Pietrantonio (6 giovani gallerie segnalate da gallerie storiche), e “Lab1” dedicato alle residenze artistiche e alle realtà sperimentali no-profit attive in Italia per l’arte contemporanea.
In questo contesto colpisce lo stand di Brace Brace Milano con A Collection APS Venezia con l’installazione Francesco Pozzato “La tenda dei cento divani”.
In generale, anche se alcune gallerie sembrano non osare troppo e presentano lavori già visti in passato, c’è la tendenza a sbilanciarsi e presentare i nuovi artisti e le nuove ricerche che sono state evidentemente portate avanti nei mesi della pandemia – mesi in cui non era tutto fermo, evidentemente, ma si studiava, si cercava, si stava con le antenne alte.
Tanti galleristi si sono detti fieri di poter finalmente mostrare al pubblico le nuove acquisizioni delle loro scuderie. Si registra insomma la speranza e la voglia di esplorare i nuovi orizzonti che questa pandemia, nonostante tutto, ha aperto.