L’Ateneo Veneto, la più antica istituzione culturale veneziana, nata nel XV secolo come Scuola Grande di San Fantin, era dedicata a confortare attraverso i suoi confratelli, i condannati alla pena capitale per impiccagione; soppressa da Napoleone nei primi dell’Ottocento, la Scuola Grande fu trasformata nel 1812 in Ateneo Veneto di Scienze Lettere ed Arti: oggi ancora attivo e propositivo nei suoi programmi e convegni di cultura.
Al suo interno si possono ascoltare conferenze nell’Aula Magna, perdendosi con lo sguardo sotto i turbinosi corpi del Purgatorio dipinto da Palma il Giovane, o ammirando la Cena a casa del Fariseo di Francesco Fontebasso nella Sala Tommaseo, da dove partì l’insurrezione risorgimentale di Daniele Manin al dominio austriaco e dove si è tenuto l’incontro conclusivo del ciclo Arte & Diritto.
E’ abituale, quasi istintivo, a Venezia muoversi in mezzo alla cultura, spiega Patrizia Chiampan Presidentessa della Camera Arbitrale; è stato inevitabile dunque ospitare tutti i 7 appuntamenti ogni volta in luoghi straordinari.
Il progetto, che si è solo temporaneamente concluso venerdì scorso, ma che già ha in gestazione nuovi incontri a partire dalla prossima primavera, intende elevare Venezia a polo di riferimento per le controversie legali inerenti all’arte, proponendo di risolverle attraverso l’Arbitrato. Si tratta di un procedimento più rapido – 180 giorni a fronte dell’incognita della tempistica in tribunale –, che si caratterizza per la riservatezza e garantisce costi contenuti e predeterminati. Prevede, inoltr,e che le questioni vengano risolte da arbitri, specialisti nei rispettivi settori di competenza, riconosciuti a livello internazionale, costituiti in una commissione di riferimento.
Collezionismo e buone pratiche: il caso della Germania
L’ultimo appuntamento del ciclo oraganizzato dalla Camera Arbitrale di Venezia è stato dedicato al confronto tra gli ordinamenti stranieri con quello italiano, grazie all’approfondito contributo di relatori che hanno parlato del collezionismo in Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti; si è potuto così comprendere come l’approccio al mondo dell’arte si articoli in modi differenti nei rispettivi paesi.
In Germania, ha spiegato Paola Nardini, Console Onorario della repubblica Federale di Germania per Veneto e Friuli Venezia Giulia, membro del CBA Studio Legale e Tributario, gli investimenti in arte sono definiti da regole ferree. A partire dagli anni ’80 il mercato si è aperto all’arte per contrastare i nuovi players cinesi, indiani e del Qatar, tanto che sono state definite sostanzialmente 7 buone pratiche per muoversi in questo campo, bilanciando l’aspetto emozionale e quello economico.
L’investimento non va finalizzato esclusivamente al guadagno, ma anche al collezionismo. Ci si deve muovere per passione senza aspettarsi una rendita, poiché sono diversi i parametri per misurare il guadagno, rispetto all’azionario. Fondamentale è la conoscenza dei mercati, attraverso gli esiti delle aste, i prezzi sia del venduto e dell’invenduto. Centrale la figura dell’esperto, un perito con conoscenze internazionali proveniente dal mondo delle gallerie o case d’asta che si offre come consulente assicurato (la polizza lo tutela, così come garantisce il cliente da eventuali suoi errori di valutazione) con il compito di evidenziare sotto o sopravvalutazioni.
Definita è la fascia d’età degli acquirenti, compresa tra i 25 e i 40 anni che hanno un approccio all’investimento mirato ad una collezione, più o meno ampia. Inoltre, poiché la tassazione in Germania è molto alta, si tende ad esportare piuttosto che commercializzare all’interno. La scelta su cosa investire verte tra blue chips che costituiscono acquisti solidi dal valore acclarato, o avanguardie: opere di giovani che prevedono un esborso tra i 2/3000 €.
Dal punto di vista fiscale è considerato investimento sopra i 50/60000 €, mentre per cifre inferiori si valuta caso per caso. Importante è l’arte del vendere; la capacità di restare anonimi, di offrire un minimo di guadagno garantito e, nel caso di invenduto, aspettare del tempo prima di rimettere l’opera sul mercato.
Ultimo aspetto, i neofiti presenti nel mercato spesso richiedono, per avviare la collezione, assistenza ad esperti. Molto diffuse in Germania le Stiftungen, fondazioni che investono parte del loro capitale in arte: tra queste le più autorevoli sono Bosch, Siemens, Volkswagen, Allianz.
Pratica frequente, seppur non obbligatoria, la stipula di un contratto nel quale sono evidenziati gli obblighi reciproci; prevede accettazione delle proposte e non richiede una forma specifica. Generalmente è composto di expertise (garanzia per chi compra ma che tutela lo stesso venditore); descrizione dettagliata, provenienza, dove l’opera è stata custodita con caratteristiche ambientali, stato di conservazione e materiali; eventuali vizi, errori e qualità, presenti in sede contrattuale.
Se queste aspettative vengono disattese è previsto un risarcimento klein inteso come compensazione, o gross che prevede il reso o restituzione della somma. Nel caso di vizi collaterali, l’annullamento per errori sul contenuto. A differenza che in Italia però i tempi della giustizia sono veloci quindi è poco richiesto l’Arbitrato.
Dal punto di vista fiscale è prevista riduzione nel caso di artisti non famosi che, se sconosciuti, vengono equiparati a beni ammortizzabili. Per essere considerati start-up non devono avere mai esposto, mai essere stati premiati, essere completamente sconosciuti ai periti, mai stati venduti a musei interregionali e le opere avere un prezzo inferiore ai 5000 €. Addirittura è previsto un rimborso in 3 o 4 settimane, se pagato in eccedenza 2 settimane. Iva al 7% mentre al 19% se venduto tramite galleria.
Diritto Morale e Mecenatismo: la parola alla Francia
L’intervento di Sophie Nardon, avvocato al Barreau di Parigi, ha preso in esame due tematiche: il Diritto morale e il Mecenatismo. Il primo consente all’artista di vedere rispettato il proprio nome, l’integrità dell’opera e la possibilità di ritirarla dal mercato. Alla sua morte può essere assegnato a soggetti terzi (Fondazioni) e in caso di controversie tutto risulta molto più semplice.
Il Mecenatismo, termine di origine italiana, in Francia viene inteso in senso ampio non solo come filantropia. Consente di usufruire di deduzioni per chi – società, privati, eredi – acquista opere di interesse nazionale, se società nel caso di restauro, ad esempio servizio in cambio di sponsorizzazione laddove lo stato non avesse i soldi per farlo, oppure con la formula delle dazioni in pagamento. Esempio concreto, alla morte di Picasso nel 1973 gli eredi, mogli e figli, schiacciati da tasse di successione enormi, dopo 10 anni di contenzioso, si sono accordati con lo Stato che ha ottenuto, in cambio delle tasse, la collezione del maestro che è andata a formare il museo di Parigi.
Pertanto archivi, lettere, opere, ogni bene può essere proposto; lo Stato attraverso una apposita commissione esamina il materiale e decide. Così è avvenuto anche per il Museo di Marcel Proust. Altra tematica affrontata quella delle esportazioni in particolare extra UE dove la situazione è in parte simile all’Italia, con la differenza che viene richiesto un certificato per opere oltre i 50 anni (da noi c’è un cuscinetto tra i 50 e i 70 a discrezione degli uffici delle rispettive soprintendenze), o valore sopra i 150.000 €, mentre per i beni archeologici il certificato è richiesto comunque.
Si sono verificati casi di blocco delle esportazioni ad esempio nel 2014 di fronte ad un Caravaggio di attribuzione dubbia rinvenuto a Tolosa in un solaio che, se confermato, poteva interessare lo Stato quindi bloccato come di interesse nazionale; poiché però la Francia non può attualmente permettersi la spesa, ha deciso di rinunciare alla prelazione così la Giuditta e Oloferne verrà messo all’asta per 120 milioni di euro.
Altra situazione da verificare prima di chiedere autorizzazione all’esportazione: la provenienza, che, se illecita, può comportare il blocco. E’ stato così per l’altare della Cattedrale di Chartres sottratto durante la Rivoluzione, il cui caso è ancora al vaglio della Corte Costituzionale. Anche in Francia l’Arbitrato è uno strumento molto utilizzato.
Regole a confronto: Italia Vs U.S.A.
L’intervento di Massimo Sterpi esperto di pratiche legali legate all’arte, dal titolo “Passione comune, regole differenti” si è incentrato sulla situazione italiana a confronto con quella americana, partendo dal presupposto provocatorio che da noi nel campo dell’arte qualsiasi cosa è vietata.
Nel mondo esiste un giro d’affari di 60 miliardi di $ nel mercato dell’arte, di cui circa il 42% riguarda gli Stati Uniti mentre, a fronte del sostanziale dominio italiano del patrimonio mondiale, soltanto l’1% (pari a circa 600 milioni di $) riguarda lItalia. Da noi risulta moralmente inaccettabile che il patrimonio sia privato, quindi eccesso di notifiche che paralizzano il mercato dell’arte. Negli USA c’è un mosaico di leggi federali e statali in tema di mercato dell’arte.
Nel caso si voglia acquistare lo si può fare dove è più conveniente la tassazione. Negli Stati Uniti non c’è V.A.T. ma la sales tax è normalmente all’8% e non è previsto diritto di seguito. Quindi, usufruendo di tassazioni differenti è possibile comprare negli USA e poi importare a Londra, con un dazio di importazione del 5% (mentre se si importa direttamente in Italia il dazio è del 10%).
Riguardo invece alle tasse di successione, esse sono molto elevate in USA quindi per evitarle sono frequenti le donazioni ai musei o la costituzione di Trust. Mentre la legge americana prevede l’immunità dal sequestro per opere estere prestate a musei negli USA, la pratica italiana consiste nell’emissione di letter of confort, che garantiscono però il prestatore estero solo nei confronti dell’autorità di governo ma non di quella giudiziaria, quindi ha un valore relativo. Mentre non esistono vincoli all’esportazione in USA, essi posso essere previsti al momento della richiesta di esportazione dall’Italia (cod notifica), senza alcun indennizzo. Il capital gain sulla vendita di opere d’arte da parte di un collezionista in America è tassabile, in Italia normalmente no, se il collezionista è privato od occasionale, compra per passione e non per speculazione. Le donazioni ai musei sono detraibili in USA, non in Italia tranne che per donazioni a favore di Onlus.
Il Regno Unito e il mercato dell’arte
Pierre Valentin ha intitolato la sua prolusione “Il mercato dell’arte britannico non è regolamentato”. Questo perché ci sono regole, ma non un corpus specifico. 167 norme: alcune inglesi, altre comunitarie, altre internazionali. E’ un paese liberale, non ci sono regole ad hoc, poche licenze richieste. Nel Regno Unito si può esercitare liberamente. Non c’è un regolatore del mercato, ora però sono maturati i tempi per regolamentare un controllo sulla base di norme già esistenti.
Comunque nel complesso l’accesso alla giustizia è limitato e molto costoso: doppi avvocati, è prevista una procedura in cui le parti devono presentare l’onere della prova, vale il principio della soccombenza che prevede esposizioni enormi. Scotland Yard ha una sola sezione dedicata a Arte e Antiquariato che si occupa anche di antitrust e privacy, personale limitato e poco pagato. Difficile si muovano. Nelle aste pubbliche londinesi è prevista manipolazione dei prezzi e poca tutela del consumatore. Quindi, ammette Valentin, non nuove regole, ma basterebbe l’applicazione delle esistenti.
La Fondazione Giacometti e la questione delle “autentiche”
D’attualità scottante anche l’intervento di Emilie Bouchet Le Mappian, responsabile ufficio legale della Fondazione Giacometti di Parigi, in merito alle pratiche di autenticazione, argomento sempre sentito e delicato. La Fondazione è responsabile della certificazione dell’opera di Giacometti attraverso un Comitato scientifico nominato su espressa volontà degli eredi. L’autenticazione è a pagamento e la cifra varia a seconda che si tratti di carte, tele o sculture, dai 1000 ai 5000 € per coprire i costi di tempo, logistica e personale del Comitato scientifico.
Dal 2014 poi è crescente l’interesse a perseguire la contraffazione. Ad esempio è capitato un caso di un proprietario che, pur avendo un gesso originale, da quello ha tratto 18 riproduzioni in bronzo non autorizzate. La Fondazione può inoltre avvalersi di un Archivio completo che certifica tutte le opere.
Esistono comunque opere postume a New York, al Guggenheim di Venezia, al Pompidou, però sono considerate originali perché realizzate prima del 2001 secondo l’iter di fusione e la procedura dettata dall’artista. Ne è una dimostrazione il museo Louisiana in Danimarca, dove in una stessa sala sono affiancate una fusione in vita e una postuma.
Appuntamento dunque a primavera, per approfondire tematiche scottanti e, come si è visto ed ascoltato durante tutti questi incontri di altissimo livello, sempre legatissime a questioni attuali ad ampio spettro.