Chi sia avvicina all’arte per passione o per investimento o chi si trova nella condizione di gestire una collezione a seguito di una successione, spesso si chiede se i proventi derivanti dalla vendita di tali opere siano soggetti a tassazione oppure no. Come spesso accade in campo tributario, la risposta a tale tipo di quesito non è affatto semplice né tantomeno univoca per tutte le casistiche possibili.
Dimmi che collezionista sei e ti dirò che tasse pagare
Per cercare tuttavia di fornire un quadro abbastanza preciso è opportuno distinguere le varie “categorie” di collezionista. Avremo quindi un collezionista “in senso stretto” o “amatore”, da inquadrarsi come un mero appassionato, ovvero una persona che colleziona esclusivamente per passione e amore per l’arte in genere o per un determinato periodo artistico o per un particolare autore, e che non nutre, già a partire dal momento dell’acquisto, alcun intendimento speculativo di rivendita.
C’è poi la categoria dei collezionisti “mercanti” che collezionano, acquistano e rivendono le opere in modo occasionale, mirando tuttavia, già dal momento dell’acquisto dell’opera (intesa come mero investimento speculativo) alla sua rivendita per trarne un profitto.
Rimane infine la categoria dei collezionisti “professionali” ossia di coloro che con abitualità e professionalità compravendono le opere al fine di trarne un profitto, generando così un vero e proprio reddito d’impresa derivante dallo svolgimento di una attività commerciale.
I collezionisti appartenenti alla terza categoria sono quindi dei veri e propri imprenditori commerciali e come tali dovranno dotarsi di partita IVA e di tutti i necessari accorgimenti contabili ed amministrativi per svolgere l’attività. Ovviamente, come tali saranno tassati sia dal punto di vista Irpef o Ires che dal punto di vista IVA, nonché saranno soggetti a contribuzione previdenziale INPS. Per configurarsi una tale situazione è necessario, quindi, che il collezionista ponga in essere gli investimenti nelle opere con carattere di abitualità (ovvero con assidua frequenza e reiterazione) e con professionalità (organizzando cioè il proprio lavoro in modo professionale, servendosi di professionisti esterni, di una rete di vendita più o meno strutturata sia fisica che on-line, ecc.).
La categoria del collezionista “mercante” è invece una situazione che coinvolge (o che dovrebbe coinvolgere…) tendenzialmente molti collezionisti. Si tratta di tutti quei casi in cui il collezionista acquista delle opere con il mero scopo speculativo di rivenderle, anche dopo un lasso di tempo considerevole. Ma si tratta anche di quei casi in cui il collezionista vuole “riorganizzare” la propria collezione e mira a compravendere alcune opere per il riacquisto di altre più attinenti al suo gusto o al tema della propria collezione.
Tale attività, tuttavia, è svolta in modo meramente occasionale e non presenta quei requisiti di abitualità e professionalità visti in precedenza che lo farebbero ricadere nella categoria del collezionista “imprenditore”.
Il collezionista “mercante o speculatore” quindi rientra nella categoria dei cd. imprenditori occasionali, non è obbligato all’apertura di una posizione IVA e conseguentemente i redditi così conseguiti verranno trattati secondo le norme che disciplinano i redditi diversi (ex art. 67 TUIR).
Qualora invece il collezionista sia riconducibile nella categoria dei collezionisti “in senso stretto o amatori” l’acquisto delle opere deve essere stato posto in essere senza preordinate finalità speculative e quindi senza avere lo sguardo rivolto al mercato. Tale tipo di collezionista acquista le sue opere per ricevere il cd. dividendo artistico ovvero per beneficiare di quell’appagamento personale nel possedere quel bene derivante meramente dagli aspetti estetici o intriseci dello stesso.
In linea di principio, quindi, la dismissione di opere da parte del collezionista “amatore” non dovrebbe generare tassazione sui proventi derivanti dalla cessione.
Collezionista o mercante? Un confine molto labile
Tuttavia, la linea di demarcazione tra la figura del mercante d’arte, da considerare a tutti gli effetti un soggetto esercente attività d’impresa (ancorché occasionale), e la figura del collezionista di opere d’arte, da inquadrarsi quale “mero” appassionato, dal punto di vista fiscale è molto sottile.
E’ importante quindi costruirsi un corredo documentale congruo e giustificativo delle azioni poste in essere come collezionista, al fine di poter sostenere, in sede di eventuali e scongiurati controlli fiscali, una tesi ricalcante pienamente le azioni operate.
Infine, è utile segnalare come, nella maggior parte dei casi, le dismissioni di opere provenienti da successioni ereditarie siano considerabili come mere dismissioni patrimoniali e non passibili di tassazione. E’ tuttavia fondamentale anche in questi casi premunirsi della necessaria documentazione comprovante l’origine della collezione dismessa al fine di offrire la prova del corretto comportamento posto in essere in caso di cessione.
Si raccomanda, vista la delicatezza del tema e la numerosa giurisprudenza e prassi al riguardo, di farsi assistere da un soggetto esperto al fine di valutare, nel caso specifico, ogni singola situazione.