Forte crescita dell’arte italiana a Londra: le Italian Sale “battute” da Sotheby’s e Christie’s sono passate da un totale di £5 milioni nel 1999 ai £43 milioni del 2015. Le opere italiane, in particolare quelle degli anni ’60 e ’70, sono un investimento sempre più redditizio, oltre che bene di rifugio in un periodo di alta volatilità, che necessitano però di una gestione oculata attraverso consulenti esperti che si occupino di gestire e valorizzare le collezioni d’arte. Un tema, quello dell’arte come investimento, di grande attualità e affrontato, il 16 marzo scorso, dal convegno Le Opere d’arte in Italia – Opportunità di investimento e strumenti di tutela, organizzato a Milano da CBA Studio Legale e Tributario e che ha visto la partecipazione di prestigiosi esperti del settore. In primo luogo Laura Garbarino, Senior Specialist del Dipartimento di Post-War and Contemporary Art di Christie’s Italia, che ha ricordato come il sempre maggior interesse per l’arte italiana a livello internazionale sia dovuto proprio alla nascita e alla continuità delle Italian Sale che, dal 1999 ad oggi, hanno riportato all’attenzione del collezionismo internazionale l’arte italiana, in particolare quella degli anni Sessanta e Settanta, il cui punto di forza – anche in termini di investimento è «la qualità della produzione e il fatto che sia stata notevolmente sottovalutata in passato». (Leggi -> 16 anni di Italian Sales: il racconto)
Ma se l’arte italiana è oggi vista come un buon investimento, è anche vero che, «l’arte in generale, soprattutto l’arte moderna, contemporanea e l’artainment (un nuovo settore che mira a mettere in relazione arte e entertainment) – come ha sottolineato Giorgio Orlandini, Senior Associate di CBA, nel suo intervento -, è sempre più spesso considerata un bene rifugio rispetto alle forme classiche di investimento che oggi devono fare i conti con tassi di interesse negativi e andamenti borsistici altalenanti». «Il numero dei collezionisti privati nel mondo e il valore dell’arte nei portafogli dei gestori di patrimoni famigliari è cresciuto in modo esponenziale – ha proseguito Orlandini -. E oggi l’arte muove ingenti flussi finanziari sia domestici che internazionali, alimentando sia lo specifico settore che i risparmiatori. Sarebbe, pertanto auspicabile un intervento normativo che, sulla scia dell’art bonus (resa agevolazione permanente con la Legge di Stabilità 2016), agevolasse o, quanto meno non penalizzasse sotto un punto di vista tributario (perlopiù legato all’imposizione indiretta, IVA e dazi doganali) le importazioni e gli investimenti in arte». «A tal proposito – a concluso il Senior Associate di CBA – sono sempre più frequenti i rumors sull’innalzamento delle imposte di successioni e donazioni in Italia che dovrebbero portare la tassazione, oggi favorevole, ai livelli europei. In quest’ottica l’investimento in arte nel medio/lungo periodo, che si connatura sulla passione per investire in arte, presuppone la corretta valutazione del tema del passaggio generazionale per garantire il passaggio delle opere, e quindi del proprio investimento, agli eredi. L’utilizzo del trust garantisce una protezione del patrimonio dell’investimento e consente anche una gestione efficiente dal punto di vista fiscale». (Leggi -> Collezionismo e tasse: compravendite, donazioni e successioni)
Investire in arte non è però cosa semplice e se il mercato dell’arte offre oggi grandi opportunità, non sono pochi i rischi in agguato. Per questo, Domenico Filipponi, responsabile del settore di Art Advisory di UniCredit, parlando di collezionismo tra passione e investimento, ci ha tenuto a precisare che, se l’interesse per la diversificazione dei propri investimenti è certamente un punto di partenza del rapporto tra l’advisor di una Banca e chi richiede una consulenza legata al collezionismo come investimento, la passione del cliente rimane sempre una parte fondamentale. «Il ruolo della Banca – ha sottolineato Filipponi – esula dalle istanze del tutto personali del Cliente, ma valuta la bontà dell’investimento finale con questioni che sono afferenti ad una valutazione (due diligence) dell’opera, verifica la lecita provenienza, l’autenticità, la possibilità di commercio all’estero, ecc. Tutti fattori che incidono sul valore economico dell’opera». «La Banca – ha aggiunto – è una figura “intermedia” nel mercato, e non intermediaria, come partner e consulente del Cliente per investimenti importanti al fine di avere una lettura il più possibile oggettiva dell’investimento». (Leggi -> Investire in Arte: il punto della situazione)
Oltre a quelli di art advisory messi a disposizione dal Sistema Bancario, esistono poi altri servizi per il cosiddetto collection management, che aiutano il collezionista a tutelare la propria collezione e il suo valore. Tema questo affrontato da Alessandro Guerrini, Responsabile del settore Sviluppo di Open Care che, in Italia, rappresenta una vera e propria eccellenza in questo campo. «Il punto di vista di Open Care – ha dichiarato Guerrini – è quello di chi gestisce, conserva e valorizza le opere e le collezioni d’arte. Open Care affianca il collezionista o il soggetto che a diverso titolo detiene un patrimonio artistico nelle fasi di acquisto, vendita, deposito, movimentazione e restauro dell’opera nonché nella fase di due diligence propedeutica all’acquisto di un’opera d’arte. L’intervento rappresenterà la complessità di tutte queste attività sottolineando come la gestione di questi aspetti debba avvenire necessariamente avvalendosi di competenze e professionalità specialistiche».