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Artefiera 2025

del

La fiera che parla italiano torna alla pittura

Una volta si amava dire “la dotta, la rossa, la ghiotta”, per descrivere la città di Bologna. Oggi la definizione è forse un po’ passata di moda, per raccontare la città delle due torri: la ristorazione stessa è mutata, dalle piastre del gas siamo arrivati al piano ad induzione (mantenendo un piede nella tradizione ma certamente abbracciando tendenze contemporanee specialmente nella fascia alta), la lotta politica stessa ha cambiato pelle, tra proteste per i limiti a trenta all’ora e intolleranze verso i troppi airbnb e il problema dell’over tourism. 

In realtà il capoluogo bolognese resta punto di riferimento per molti poli industriali, dall’automobilistico (Ducati, Lamborghini) al farmaceutico, e poi l’ingegneria meccanica, con aziende specializzate in macchinari industriali, robotica e automazione, infine trasformazione dei materiali e delle tecnologie di packaging, che hanno saputo evolversi mantenendo elevati standard qualitativi.

Il polo fieristico mantiene alto di conseguenza l’interesse di pubblico e mercato, ospitando importanti manifestazioni leader nel Paese come il Cosmoprof o la fiera di libri per bambini. 

Anche il calcio ultimamente non va male, in questo esatto momento il Bologna sta a 37 punti, ben due sopra il Milan, al settimo posto in classifica. 

L’ex terzino del Milan Mauro Tassotti, collezionista

Ebbene, in mezzo a queste valide eccellenze resiste con orgoglio anche la nostra Artefiera, storico evento destinato alle arti visive fondato nel lontano 1974, che lo scorso anno ha festeggiato il mezzo secolo.

Per chi lo visita da tempo come il sottoscritto è un po’ l’evento che sancisce la ripresa dei lavori nazionali dopo la pausa natalizia, anche se quest’anno cade tardi, cioè a febbraio. 

Mi preme ricordare, prima di tutto, l’assenza di due grandi personaggi che visitavano sempre la fiera e che l’hanno popolata di idee negli anni, due amici che abbiamo perso proprio da pochi giorni: il critico e curatore Luca Beatrice e il pittore giornalista Paolo Manazza. Mancherete tanto. 

Venendo a noi, le gallerie in fiera sono 176, praticamente tutte italiane per un’offerta che tende a rivolgersi al pubblico domestico. Questo, va ammesso, è dovuto molto alla poca lungimiranza di politiche antiche che continuano a essere stranamente popolari in Italia, come tenere l’iva al 22% sulle opere d’arte (a differenza di Paesi come Francia e Germania che l’hanno abbassata volendo considerare l’arte bene culturale e non di lusso). 

Giuseppe Chiari, 1974, in mostra al Mambo

I nomi di standing come Galleria Continua, Tornabuoni, Mazzoleni o Lia Rumma, fortunatamente non mancano. Hanno scelto, a differenza di altri colleghi, di continuare a presidiare l’avamposto per non lasciare scoperto l’interesse in Italia (altrimenti in mano ai soli MiArt e Artissima). Resta da capire per quanti anni ancora questo potrà avere senso. Il mercato è cambiato e si è assottigliato, è diventato selettivo e piramidale. 

Se nei primi duemila una galleria poteva anche vendere tutto lo stand nella giornata inaugurale, oggi esitare due opere entro la fine della manifestazione può già considerarsi un successo. E francamente lo ripetiamo su queste pagine da tempo ormai, non è soltanto questione di fiera e fiera, è proprio una situazione, italiana, abbastanza generalizzata. Lo tengano presente bene in testa gli aspiranti partecipanti. Sono i collezionisti che oggi, per le opere medie e basse, hanno il coltello dalla parte del manico. 

Per il terzo e ultimo anno la governance di Arte Fiera vede al timone Simone Menegoi nel ruolo di Direttore Artistico ed Enea Righi in quello di Direttore Operativo. Ci sono anche cinque curatori che si occupano delle varie sezioni (cito Alberto Salvadori e Bruna Roccasalva), diversi premi e una nutrita schiera di eventi in città per chi ama soggiornare qualche giorno in più. 

Per la visita una giornata intera potrebbe essere anche sufficiente, i padiglioni (uno più storico, l’altro più contemporaneo a stretto giro) sono affiancati e logisticamente, una volta raggiunti, è tutto abbastanza comodo. 

Dell’edizione 2025 ha convinto forse più la sezione contemporanea, che ha offerto una presenza prepotente di pittura, mossa cautelativa obbligata da parte di molte gallerie. 

Terry Rodgers da Wizard Gallery

Da Giampaolo Abbondio abbiamo visto una carta (esemplare unico) di Pino Pascali molto rara del 1960, orizzontale, una mappa cianografica di armi e coltelli, in vendita a 100.000 euro. Da Wizard (Luger) un gigantesco Terry Rodgers, una sorta di ultima cena hippy, in vendita a 110.000 euro. 

Da Raffaella Cortese bella una tela di Edi Hila, il maestro 81enne di Anri Sala e Adrian Paci, offerta a 40.000 euro. Da Primo Marella molto interessante la suite di He Wei, pittore cinese oggi 37enne, con prezzi sotto i 20.000 euro. 

Nella sezione moderna poche le opere indimenticabili, ma molte blue chip tra Accardi, Fontana, De Chirico, Castellani (a prezzi molto ribassati rispetto dieci anni fa), e ancora Turcato, Afro, Tancredi, Dorazio, Boetti (interessante un arazzo da Cavaciuti)… 

Di offerta c’è in generale molto materiale, resta comunque la sensazione che i capolavori vengano celati per lidi migliori, come il Tefaf di Maastricht in arrivo a marzo, per chi è stato ammesso. 

Tra i migliori stand del padiglione moderno segnaliamo Tornabuoni, Mazzoleni e Invernizzi. 

Per il contemporaneo molto bene Raffaella Cortese, Pinksummer, Galleria Continua e Galleria Poggiali.

Il clima generale dopo la giornata inaugurale non è particolarmente frizzante. Si percepisce un mood cautelativo, sia da parte di chi è in fiera per acquistare ma anche come detto nell’offerta. Artefiera resta forse più un’occasione per le gallerie di incontrare e salutare collezionisti che poi diventano operativi durante l’anno, meno un mercato attivo dove si incartano i quadri al momento. 

Tra le mostre da non perdere in città sbanca tutto il Mambo di Lorenzo Balbi con “Facile Ironia”. Esposte oltre settanta artisti dagli Anni ’50 a oggi: da Munari a De Dominicis, da Cattelan a Manzoni fino ai giovani talenti, fino al 7 settembre 2025. Questa, veramente l’esposizione del momento. Vedere per credere!

Giacomo Nicolella Maschietti
Giacomo Nicolella Maschietti
Giacomo Nicolella Maschietti è giornalista professionista specializzato in arte e mercato. Dal 2008 è autore e conduttore di "Top Lot", prima trasmissione televisiva dedicata al mercato dell'arte in onda su Class CNBC (SKY 507). Scrive per Patrimoni, Milano Finanza, Private, Artslife. Insegna al Master in Art Market dell'Istituto Marangoni di Firenze ed è responsabile comunicazione di Cinello, azienda specializzata nella tutela del patrimonio artistico italiano attraverso la digitalizzazione. Suona la chitarra nei New Martini. Ha un bimbo di sei anni che si chiama Filippo.

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