In molti di loro hanno animato la scena culturale ed artistica italiana e internazionale della seconda metà del Novecento. Hanno rivoluzionato la scenografia teatrale, sono diventati validissimi docenti, architetti, pittori e scultori o critici d’arte di rango. Sono i borsisti del Collegio Venturoli, istituzione bolognese che da quasi due secoli sostiene i giovani artisti perché possano studiare e portare avanti la loro ricerca. Adesso, nel 190° anniversario della fondazione del Collegio artistico bolognese, una grande mostra suddivisa in 4 sedi e curata da Alberto Rodella li celebra, raccogliendo 150 opere di 21 artisti, tra dipinti, sculture, installazioni, disegni e fotografie, tra cui molti inediti conservati negli archivi del Collegio e per la prima volta esposti al pubblico.
Angelo Venturoli. Tra l’opera, il collegio e la sua eredità: la mostra
Suddivisa tra Bologna (Collegio Artistico Venturoli) e Crespellano (Galleria Artifigurative, Municipio e Palazzo Garagnani), la mostra Angelo Venturoli. Tra l’opera, il collegio e la sua eredità propone un vero e proprio mosaico inedito dell’arte italiana del secondo Novecento che, dal 24 settembre al 25 ottobre, offrirà agli appassionati d’arte l’opportunità di scoprire quanti artisti noti si siano formati grazie al Collegio bolognese. E non mancheranno chicche come, ad esempio, dei lavori del noto docente e critico d’arte Renato Barilli, che in gioventù aveva ambizioni d’artista. O le prime prove artistiche del padre e inventore della scenografia moderna del XX secolo: Luciano Damiani, il primo in Italia a rivendicare l’autorità artistica del decoratore-scenografo e che, con il suo lavoro, rinnovò radicalmente la scenografia italiana segnando il passaggio dalla tradizionale scenografia bidimensionale della tela dipinta, a quella tridimensionale costruita, caratterizzata da superfici materiche.
Al suo fianco, Gustavo Bonora che esordì al Piccolo Teatro come aiutante di Damiani e che è stato, negli anni Settanta, uno degli artisti più significativi della scena artistica milanese, operando una rilettura dell’Informale che si sviluppa attraverso l’applicazione della gestualità della pittura d’azione e della scrittura automatica a una ricerca artistica in cui l’immagine naturale, filtrata attraverso la memoria, diviene, come ha scritto il critico Renzo Beltrame, «un fatto psichico complesso» dove «altre immagini dell’ambiente originario, il ricordo di emozioni, di certi stati d’animo prevalenti in quei luoghi, ne corrodono le particolarità e vi si amalgamano sino a togliere ogni determinazione del luogo e del momento di prelievo». Di Bonora, recentemente scomparso, saranno esposte una decina di opere provenienti da importanti collezioni private. (Leggi -> Gustavo Bonora, un intellettuale al servizio dell’arte)
E sempre all’informale italiano è legata un’altra delle figure presenti in mostra: Vittorio Mascalchi che già nel 1957, con la partecipazione alla mostra 14+2 curata da Franco Lodoli, si fece notare per le sue aperture verso il concettuale.
Ma in mostra si incontrano lavori di Mario Martinelli che da sempre unisce, all’attività critica e didattica, una ricerca artistica in cui opera un vero e proprio “scacco alla superficie”, intesa come una pura convenzione, filo conduttore che unisce per cicli tutto il suo lavoro, dagli ‘stessuti’ degli anni ’70 e ’80 alle seguenti ‘traspareti’, teatri di luce e d’ombra sulla tela e sui muri degli edifici.
Non mancano, poi, opere dello scultore Adriano Avanzolini, del fotografo Bruno Stefani o di Giorgio Zucchini che, come ha scritto Valerio Deho, interpreta una tradizione pittorica che non ha mai avuto esitazioni a lasciare indefinita la scelta tra astrazione e figurazione, nel nome di un’ idea di pittura libera da schemi e formalismi. Per non parlare di una figura centrale dell’arte figurativa italiana della seconda metà del Novecento come quella di Alfonso Frasnedi, o di artisti di fama internazionale come Leonardo Cremonini che, invece, già nel 1948 opera una prima rottura con la figurazione tradizionale divenendo uno tra i maggiori pittori e incisori contemporanei, riconosciuto e onorato a livello internazionale fin dagli anni Cinquanta.
Completano il quadro degli artisti in mostra: Renato Pasqui, Arrigo Armieri, Giuseppe Corazza, Giorgio Azzaroni, Francesco Trabisondi, Raffaello Vallara, Sonia Foschi, Dante Mazza, Giorgio Burnelli, Andrea Armieri e Loretta Cavicchi.
Collegio Venturoli: da due secoli a sostegno dell’arte
La mostra che inaugura il 24 settembre prossimo, prende in esame e approfondisce l’attività del Collegio Venturoli a favore dell’arte a partire dal 1930, quando la funzione didattica fu abbandonata e i ragazzi non vivevano più all’interno del Collegio. Da allora gli artisti usufruiscono dell’aiuto della borsa di studio, che prevede un mensile e l’utilizzo di spazi gratuiti (studi) dove i ragazzi possono compiere la propria ricerca artistica, la provenienza si è allargata e l’età di ammissione elevata. E poi, finalmente, l’apertura al mondo femminile: dal 1955 anche le ragazze possono accedere a questo privilegio. In quasi due secoli di storia sono stati oltre 170 nel Collegio bolognese, l’unico, in Italia, rimasto ancora aperto con le funzioni per cui nacque nel 1825. Fondato all’inizio dell’Ottocento dall’omonimo architetto Angelo, grazie ad un corposo lascito testamentario, ha lo scopo di ospitare e formare giovani artisti di talento. Si tratta di una istituzione privata che sorge nel cuore della città felsinea, in un vecchio convento, che possiede una propria biblioteca, pinacoteca, gipsoteca, che conserva l’archivio di Angelo Venturoli ed una sua particolarissima collezione di tasselli in marmo, che l’architetto utilizzava per lo studio delle decorazioni interne. Nel 2012, una prima mostra aveva preso in esame il periodo che va dal 1825, anno di apertura del Collegio, fino al 1930.