Ci sono libri che sono dei veri e propri inviti al viaggio e che assomigliano molto a speciali cartoline spedite da entusiasti viaggiatori che non vedono l’ora di condividere, con più persone possibile, tutto quello che hanno visto e provato.
È la sensazione che si prova quando si sfoglia e si legge il libro “Carlo Scarpa oltre la materia” pubblicato da Rizzoli qualche settimana fa. Undici lavori scarpiani raccontati come fossero un unico grande romanzo, un capitolo per ogni luogo, narrati con le parole ispirate di Patrizia Piccinini e gli scatti di Lorenzo Pennati.
Tutte le architetture scelte dagli autori sono aperte al pubblico e visitabili, perché l’augurio è che un giorno, presto si spera, si potrà tornare a viaggiare liberamente e farsi emozionare dai lavori del grande architetto che Peggy Guggenheim, dopo averlo scelto per il suo padiglione alla Biennale del 1948, nella sua autobiografia, definì “il più moderno di Venezia”.
Carlo Scarpa per gli amanti dell’arte, infatti, non è solo il nome di un grande architetto e designer, ma rappresenta un vero spartiacque sia per gli allestimenti espositivi che per i percorsi museali, “forse, è l’architetto che ha saputo capire più di tutti i misteri dell’arte” scrive Patrizia Piccinini.
Dai Giardini della Biennale alla Gipsoteca Canoviana di Possagno e con il Museo di Castelvecchio di Verona, il professor Carlo Scarpa rinnova, di progetto in progetto, il suo amore per l’arte concentrandosi sempre sull’obiettivo di ripensare luoghi o immaginarli ex novo per trasformarli in vere e proprie esperienze indimenticabili.
Per riuscire in questo il suo agire non è mai scontato, egli arriva sempre a sorprendere in maniera originale e imprevista chiunque viva momentaneamente i suoi luoghi.
Quando è possibile riesce nella magia di inglobare i paesaggi, che circondano le strutture che sta trasformando, annullando i confini dello spazio e del tempo.
Il verde, il cielo, i raggi del sole entrano a far parte degli interni dando vita a nuovi scorci visivi. Carlo Scarpa non lascia nulla al caso anzi si prende tutto il tempo che egli reputa necessario per portare a termine i suoi lavori, che in realtà non sono mai veramente conclusi. In fondo, parafrasando quello che scrive l’autrice che cosa è il tempo quando si vuole creare un’opera d’arte?
Sfogliando il libro ci si potrà immergere nella genesi e negli sviluppi dei molti progetti firmati da Scarpa o cui il professore ha collaborato. Si va dalla Chiesa di Nostra Signora del Cadore, nel villaggio Mattei, al Negozio Olivetti in Piazza San Marco a Venezia. Si potrà approfondire l’impegno profuso da Scarpa per la Fondazione Querini Stampalia e studiare le soluzioni immaginate per il Negozio Gavina a Bologna.
Il penultimo capitolo di questo speciale romanzo dell’architettura è dedicato alla Tomba Brion, un progetto considerato alla stregua del testamento artistico di Carlo Scarpa. Duemilaquattrocento metri quadrati di terreno, quasi dieci anni di lavoro documentati da tremila disegni per erigere un monumento funebre che vorrebbe parlare ai vivi.
Non potendo descrivere in poche parole un luogo che è stato pensato come fosse una poesia, che idealmente accoglie la fine del viaggio terreno del fondatore della Brionvega e di sua moglie, il cui simbolo sono due anelli intrecciati che sembrano rimandare al simbolo dell’infinito, non potendo parlarne l’unica cosa che si può fare è cercare di prendere il libro e leggere le parole dell’autrice che conclude la sua visita al mausoleo di Brion scrivendo che Scarpa “è riuscito a costruire un luogo dove i defunti sono affidati alla terra, al sole, all’aria e i vivi ai propri pensieri”.
Non è questo che in molti cerchiamo nell’arte e nell’architettura? La possibilità di andare oltre quello che si vede, trascendere la materia, smuovere l’anima, in altre parole emozionarci? Lo aveva scritto anche Carlo Scarpa proprio a proposito della sua passione “ho una grande passione per l’opera d’arte. Mi sono sempre curato di conoscere, di sapere, capire […]. Non saprei scrivere, non potrei fare un articolo critico, ma sento vivamente questi valori. E allora mi emozionano”. La stessa cosa che può succedere a noi leggendo questo libro.