Perché ogni collezionista dovrebbe leggere entrambi i volumi di How to Not Fuck Up Your Art-World Happiness
Christoph Noe, art advisor e co-fondatore di Larry’s List, ci consegna con i suoi due volumi di How to Not Fuck Up Your Art-World Happiness un vero e proprio kit di sopravvivenza estetico-esistenziale per chi vive (o aspira a vivere) nel sistema dell’arte.
Non si tratta di semplici “manuali”. Questi testi sono specchi, confessionali, provocazioni. E per chi colleziona arte – a qualsiasi livello – sono strumenti utili per formarsi un gusto libero, una narrazione personale e soprattutto una relazione sana con un mondo tanto affascinante quanto complesso e spesso pericoloso.
Il Volume I: Una guida (involontaria) per sé e per gli altri
Noe racconta che l’idea del primo libro nasce nell’estate del 2022, come risposta personale alla domanda che ogni professionista dell’arte si pone e si ripropone più volte nella vita: “Perché continuo a fare questo?” Le riflessioni maturate, in quindici anni di lavoro, diventano un insieme di consigli che parlano a tutta la filiera — artisti, galleristi, collezionisti, assistenti, curatori — senza gerarchie, retoriche né soverchi imbarazzi.
Uno dei suggerimenti più potenti è il #35: “Collect works that lose value” — cioè: Colleziona opere che perdono valore. Noe racconta il caso del collezionista Wiyu Wahono, fiero di acquistare opere con elementi vivi (come pesci in sacchetti o colture di funghi) che diventano invendibili quasi subito. Il punto? Quando si accetta l’assenza di un ritorno economico, si conquista la libertà estetica. L’opera non è più un asset ma un’esperienza. È un manifesto anti-speculativo e un invito radicale a collezionare con coraggio.
Il Volume II: Più onesto, più profondo, più urgente
Il secondo volume è una sorta di “parte due” per chi ha risposto al consiglio #60 del primo libro (“Accept throwing in the towel”) con un sonoro “No, resto qui”. Noe descrive un’arte sempre più intrappolata tra hype, liste d’accesso, NFT e logiche finanziarie. La sua preoccupazione è chiara: molte delle “innovazioni” recenti non rendono il mondo dell’arte più umano ma solo più commerciale.
Anche qui, troviamo una perla: “Take out the monetary aspect of art as much as, and wherever, possible”. È un’esortazione a rimettere al centro l’esperienza, l’idea, il significato. In un momento storico in cui opere e artisti sembrano valere solo quanto il loro prezzo, Noe ci ricorda che la concreta rilevanza dell’opera d’arte è un’altra cosa – e che la felicità che si cerca nel profitto sarà sempre effimera, sconfinando spesso nella delusione.
Il primo volume è una navigazione; contiene una raccolta di 60 consigli da consultare all’occorrenza, come breviario. Leggero nel tono e incisivo nel contenuto.
Il secondo contiene spunti di riflessione; spinge a porsi domande nuove e ad affrontare la complessità senza paura. Essi, formano insieme un percorso di consapevolezza che aiuta il collezionista a non perdersi nel flagore del mercato e a riscoprire la bellezza del rischio, della curiosità e della visione soggettiva.

Giuseppe Simone Modeo: Nel consiglio #35 inviti a collezionare opere che perdono valore: è un gesto quasi rivoluzionario. In che modo questo approccio può cambiare il mercato dell’arte, se adottato su larga scala?
Christoph Noe: Per me è un concetto bellissimo — l’arte ha molte funzioni. In questo momento, viviamo in un’epoca in cui l’investimento nell’arte domina e spesso condiziona non solo il mercato ma anche gli stessi sviluppi artistici. Ti faccio un esempio: ho incontrato un artista a Londra che si è laureato da poco. Lavora con tele enormi, non montate su telaio, alcune lunghe anche quattro metri o più. Le opere sono incredibilmente impressionanti.
Ora, dal punto di vista di un consulente o esperto del mercato dell’arte, potresti dirgli di realizzare opere di dimensioni 180 x 150 cm, qualcosa che si adatti bene a uno stand fieristico e facilmente a casa di un collezionista. Potrebbe essere un consiglio pratico, ma rischia di soffocare la creatività e la libertà artistica se tutto viene fatto solo per soddisfare le richieste del mercato. L’arte deve rompere confini, sorprenderci — deve restare rilevante e indipendente.
Per tornare alla tua domanda: come collezionista, se non ti interessa il valore di rivendita, è molto più facile costruire una collezione con una forte narrazione. Basta guardare 30 anni fa o più — la gente comprava opere contemporanee selvagge. Immagino che il 90% di quei collezionisti non pensasse affatto all’investimento.
G.S.M.: Il secondo volume è più personale, quasi confessionale. C’è un consiglio che oggi, con il senno di poi, riscriveresti o approfondiresti ulteriormente?
C.N.: Certo, ogni pubblicazione riflette il tempo e il contesto in cui è stata creata, e le nostre prospettive naturalmente evolvono nel tempo. Detto ciò, trovo che molte delle intuizioni condivise nel Vol. 1, pubblicato tre anni fa, restino ancora molto rilevanti oggi. Pur cambiando i dettagli in base alle circostanze, i principi di fondo rimangono solidi.
Alla base, molti dei consigli parlano di come contribuire a un ambiente più umano e riflessivo — uno in cui le persone possono non solo impegnarsi in modo significativo, ma anche mantenere il proprio benessere mentale ed emotivo. Soprattutto in un mondo frenetico e spesso opprimente, questi richiami all’equilibrio, all’intenzione e alla connessione sono ancora attuali e fondamentali.
Quindi, in realtà, non si tratta solo della nostra vita nel mondo dell’arte, ma della vita in generale.
G.S.M.: In un momento in cui il collezionismo è spesso guidato da status, algoritmi e tendenze, come può un collezionista neofita costruirsi una visione autonoma e significativa?
C.N.: Il mio background è in economia. Sono affascinato dai dati, dalle analisi e dai mercati. Ma non ho mai trovato un algoritmo che possa guidare un collezionista a costruire qualcosa di veramente significativo. Anzi, direi che questo è uno degli aspetti più eccitanti del collezionismo: scoprire opere che parlano a te e risuonano a un livello personale — qualcosa che non sempre si può mettere in parole. Certo, costruire una collezione richiede una ricerca approfondita (e forse gli algoritmi possono aiutare in questa parte), che, tra l’altro, considero uno degli elementi più piacevoli del processo.
Quanto allo status: sì, alcune collezioni sono impressionanti, spesso modellate dalle personalità interessanti che le sostengono. Tuttavia, non credo che le collezioni più affascinanti vengano costruite principalmente con l’obiettivo di elevare il proprio status.
G.S.M.: In un mondo dell’arte sempre più guidato dai dati, dalle liste e dagli algoritmi, come si può coltivare un collezionismo autentico e non reattivo?
C.N.: È proprio quello che è successo: algoritmi e classifiche “ci hanno detto” quali artisti erano in voga. Tutti si sono precipitati a collezionare gli stessi nomi e i prezzi sono schizzati alle stelle. Ora, due o tre anni dopo quella fase di picco, basta guardare le recenti aste (online): i “collezionisti” stanno svendendo quelle opere. Vediamo offerte di partenza di 1.000 € per pezzi che prima vendevano oltre i 100.000 €. Questo succede quando si colleziona basandosi sulle tendenze di mercato piuttosto che sul valore artistico e l’interesse reale per l’arte.
È un momento molto interessante — ora abbiamo accesso a artisti di tutto il mondo, soprattutto attraverso i social media. Invito i collezionisti a sfruttare questa opportunità, a fare ricerche ampie, imparare, scoprire e poi collezionare. Se inizi ad apprezzare qualcosa solo quando lo fa tutto il mondo, lo trovo terribilmente noioso.
G.S.M.: Hai scritto che “la felicità spesso non arriva automaticamente, bisogna lavorarci su”: qual è il consiglio che hai scritto pensando anche a te stesso?
C.N.: Penso che la maggior parte dei consigli che ho scritto fossero rivolti a me stesso. Ma quello che hai citato è particolarmente importante per me — è un promemoria costante. Ovviamente, non si tratta solo della felicità legata all’arte, ma della vita in generale. Spesso tendiamo a essere troppo passivi e a lamentarci di molte cose. Invece, dovremmo essere attivi e lavorare su di esse. Credo nel creare opportunità.
G.S.M.: Nei tuoi libri parli spesso di “collaborazioni” come chiave del successo nel sistema dell’arte. Come può un collezionista non solo acquistare ma partecipare attivamente alla scena artistica?
C.N.: L’acquisto è solo una delle tante opportunità che un collezionista ha: organizzare residenze per artisti, sostenere pubblicazioni, prestare opere ai musei e, molto semplicemente, condividere informazioni sull’arte e gli artisti con amici e un pubblico più ampio.