Antonio Manca, imprenditore sardo di Nuoro, instancabile viaggiatore cosmopolita, diventa collezionista per passione più di trentacinque anni fa, grazie al legame che instaura con i territori, le culture e le genti che ha modo di conoscere nel suo continuo peregrinare intorno al mondo; perché «il viaggio – sottolinea – è una delle forme più immediate per la comprensione del contemporaneo e per vivere esperienze ricche di contenuti qualificanti. Alcuni riportano souvenir, immagini, emozioni… Io ho sempre pensato che la mia collezione dovesse essere il mio cordone ombelicale con quei luoghi…». La collezione Manca segue una direzione molto personale, un’indagine sul contemporaneo con una forte interazione con il futuro e una spiccata vena multietnica e internazionale. Inizialmente composta di alcuni “pezzi” storici delle grandi personalità della fotografia in bianco e nero, come Robert Franck, Bill Owens, William Egglestone, si è poi arricchita di artisti contemporanei come Gregory Crewdson, Erwin Olaf, Andrés Serrano, Darren Almond, Oleg Kulik.
Particolare attenzione viene riservata alle opere di video-art, nelle quali spiccano i nomi di Bill Viola, Bruce Nauman e Vito Acconci. In qualità di collezionista, l’imprenditore sardo riconosce «il dovere di divulgare e condividere quello che ha». Un dovere da cui nasce il progetto pluriennale intitolato Sguardi sul mondo attuale, nato dalla partnership con il Consorzio Camù e curato da Simona Campus: un concentrato di artisti e opere, provenienti dalla sua raccolta, che affrontano e ridiscutono i cambiamenti politici, sociali e culturali degli ultimi decenni. In occasione dell’inaugurazione di #1 Eastern Eyes, prima mostra del progetto (visitabile fino al 28 agosto), lo abbiamo incontrato all’EXMA Exhibiting and Moving Arts di Cagliari e gli abbiamo chiesto di raccontare come è cominciato questo suo viaggio intorno al mondo.
Alessia Cuccu: Qual è stato il motivo principale che ha dato avvio a una vera e propria collezione d’arte contemporanea?
Antonio Manca: «Tutto è cominciato a Nuoro, il mio paese d’origine, un luogo dell’entroterra sardo intriso di arte, cultura e tradizione. All’inizio degli Anni Ottanta ho iniziato ad interessarmi all’arte del ‘900 italiano, tra i primi acquisti un Sironi; ricordo che è stato più un acquisto casuale e guidato da un legame visivo con l’opera stessa. Poco tempo dopo, uno dei primi viaggi di lavoro in Russia mi ha permesso di entrare in contatto con grandi artisti contemporanei tra cui Oleg Kulik e Yufit Evgeny solo per citarne alcuni. Nel corso degli anni, grazie al mio continuo “peregrinare” in giro per il mondo ho colto, con un occhio attento alle dinamiche del contemporaneo, gli aspetti più rappresentativi e interessanti sui quali gli artisti del mio tempo si stavano interrogando: cambiamenti politici, sociali e culturali. Straordinarie le performance di Kulik, artista profondamente radicale del panorama artistico russo, per il quale nutro una profonda stima e a cui sono legato da un’amicizia sincera e ventennale».
A.C.: Qual è la molla che fa scattare la ricerca di opere o di determinati artisti?
A.M.: «La ricerca delle opere è istintiva, ma va di pari passo con uno studio continuo di ciò che avviene a livello internazionale nel mondo dell’arte; riviste di settore, libri d’arte e continui dialoghi con art advisor, curatori, critici e storici dell’arte di tutto il mondo sono fondamentali per comprendere i cambiamenti e stare al passo con quella che è la velocità di evoluzione dell’arte contemporanea. Col tempo la mia rete di contatti si è diramata e arricchita di incontri grazie alla frequentazione di Fiere d’Arte e opening, permettendomi di conoscere e apprezzare il lavoro svolto da numerose gallerie italiane e internazionali alle quali mi rivolgo e di cui mi fido. Ma sono anche molto interessato ai giovani artisti e può capitare di perseguire la loro conoscenza anche quando non sono rappresentati da gallerie. Per questo motivo ritengo che in una collezione ragionata e strutturata il valore economico sia secondario rispetto al progetto che si persegue».
A.C.: Le opere presenti nella sua collezione sono legate da un fil rouge che le accomuna?
A.M.: «La mia collezione nasce dal viaggio, dalla curiosità di scoprire altri territori, altre situazioni culturali e sociali. Ogni opera è uno sguardo sul mondo e su ciò che avviene o è avvenuto, un insieme di prospettive derivanti da decine di artisti di nazionalità diverse che mi permettono di approfondire la realtà che vivo e mi circonda. Non escludo nessun medium artistico, perché tutti i linguaggi si integrano perfettamente tra loro, contribuendo a definire un lemma universale, la cui comprensione a mio avviso non è preclusa a nessuno. Per questo non disdegno mai le richieste di prestito per le opere in occasioni di mostre nazionali e internazionali, in quanto la condivisione è parte fondamentale del mio essere collezionista, così come reputo importante accompagnare la raccolta con libri e cataloghi d’arte che permettano di approfondire le tematiche o gli artisti; libri anch’essi da mettere a disposizione di istituzioni culturali che per mancanza di fondi non hanno l’opportunità di integrare e arricchire le proprie biblioteche».
A.C.: Negli ultimi anni il collezionismo privato ha assunto sempre di più una “dimensione pubblica”: pensa che in Italia l’arte contemporanea allo stato attuale e viste le politiche culturali possa essere sostenuta solo ed esclusivamente dai privati?
A.M.: «Il mio pensiero è che l’Arte sia di per sé democratica, di tutti e per tutti. Non è opportuno escludere l’intervento a livello culturale del privato, ma lo Stato deve iniziare a fare la sua parte, apportare modifiche all’eccessivo peso fiscale sulle opere d’arte, rivedere l’Art Bonus per le imprese così come per i privati, prevedere meno burocrazia per quanto concerne il ruolo dell’Arte Pubblica nel contesto urbano, quello che viviamo nel nostro quotidiano. Le istituzioni culturali hanno la necessità di essere guidate e gestite da professionisti del settore, che sappiamo non mancare in Italia. In conclusione: si all’intervento del privato e più presenza dello Stato nella creazione di politiche culturali, ma entrambi sostenuti da onestà intellettuale».
A.C.: Attualmente ricopre la carica di Presidente dell’Associazione “Arteprima”: di cosa si occupa e quali sono gli obiettivi prefissati per il futuro?
A.M: «Grazie ad Arteprima, un’associazione culturale la cui mission è di creare un dialogo e un’interazione tra arte e società attraverso le modalità, i linguaggi e le pratiche dell’arte contemporanea, ho la fortuna di collaborare con una squadra eccezionale di professionisti, tra cui Francesco Cascino attuale Vice Presidente, Stefano Anfossi, Michele Trimarchi, Fabio Castelli, Laura Cherubini e tanti altri. L’associazione si muove sul versante del no profit con attività tipicamente associative e inclusive, con esplorazioni di luoghi e contesti legati all’arte contemporanea; non manca la sfera del profit, di cui si occupa Cooltural Project, un network di progettazione culturale contemporanea a supporto di imprese, istituzioni e organizzazioni pubbliche e private. Il coinvolgimento di diversi attori in questo progetto, che pone al centro di tutto l’Arte, per me è coinvolgente e stimolante per sviluppare possibili aggregazioni e sinergie a sostegno di future idee».
A.C.: Come nasce il progetto “Sguardi sul mondo attuale” all’EXMA di Cagliari, che presenta un programma espositivo pluriennale dedicato alle opere che fanno parte della sua collezione privata?
A.M.: «Da tempo desideravo poter esporre le opere della mia collezione. Nel corso degli anni ho certamente avuto modo di presentarle in differenti esposizioni supportate da progetti curatoriali interessanti, come quelli di Ivo Serafino Fenu per la Pinacoteca di Oristano. Quanto distingue il progetto “Sguardi sul mondo attuale”, nato dalla partnership con il Consorzio Camù e dal concept curatoriale sviluppato dal Direttore artistico dell’EXMA Simona Campus, è l’obiettivo di restituire in maniera organica lo spirito che anima e sostiene la collezione, l’idea che l’arte sia e debba essere presidio di civiltà e democrazia. Abbiamo pensato fosse giunto il tempo di affrontare questo lungo “viaggio”, partendo da Est: i quindici artisti in esposizione permettono di fissare lo sguardo sulle geografie culturali e sulle ricerche sperimentali degli ultimi decenni, fino all’attualità, partendo dai paesi dell’Ex Unione Sovietica arrivando in Cina, Indonesia e Giappone. La mostra riunisce artisti affermati, già ampiamente riconosciuti nel panorama internazionale, e artisti il cui ruolo va progressivamente affermandosi nel sistema del contemporaneo: l’impegno radicale di Oleg Kulik per la salvaguardia dell’ambiente e delle specie animali, le provocazioni dei Blue Noses rivolte alla società e della cultura russa, il lavoro installativo di Peter Belyi, critico e utopico allo stesso tempo, per citarne solo alcuni, oltre a FX Harsono, tra i massimi protagonisti dell’arte contemporanea indonesiana, o ai maestri della fotografia nipponica».